di Nicola D’Adamo
VASTO – Da oggi fino al 23 giugno Vasto ospita a Palazzo d’Avalos 120 studiosi di astrofisica provenienti da tutto il mondo, per una conferenza internazionale. In programma anche un momento riservato al pubblico locale nella giornata di mercoledì in cui si parlerà di “Una nuova esplorazione dell’universo: l’astronomia multi-messaggera”.
Una bella iniziativa che dà l’opportunità di capire di cosa si parla nel mondo e del livello raggiunto dalla ricerca a livello globale. Ricerca, si badi bene, a cui molti giovani italiani che lavorano all’estero danno quotidianamente il loro valido contributo.
Il ragionamento ci porta pari pari alla “fuga dei cervelli” italiani verso l’estero e soprattutto all’amara constatazione che la vera emergenza non riguarda gli sbarchi degli stranieri in Italia, ma gli imbarchi degli italiani verso altri Paesi, problema di cui non si occupa proprio nessuno!
Questo è il nocciolo della questione.
Secondo gli ultimi dati, sono 5.800.000 italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero), di cui oltre un terzo al di sotto di 34 anni.
Il dato di Vasto è allineato con quello nazionale: iscritti all’AIRE sono oggi 5.388 unità, di cui più o meno un terzo (1.800 circa) al di sotto di 34 anni.
Il fenomeno è in costante crescita. Come “” ce ne occupammo nel 2013 e il dato era di 4.293 vastesi residenti all’estero. All’epoca facemmo anche una serie di interviste ad una ventina di loro e venne fuori un inaspettato affresco di brillanti giovani in carriera con tanto di laurea e dottorato di ricerca in tasca conseguiti in Italia. Molti di loro si occupavano a livello accademico di biotecnologie, chimica quantistica, fisica, chirurgia, oncologia, farmacia, agronomia, veterinaria, professioni mediche; altri avevano posti di responsabilità in aziende nei settori di Financial Control, marketing, gestione clienti, relazioni internazionali; altri ancora si occupavano di turismo, trasporto aereo e gastronomia. Se provassimo oggi a rifare lo stesso giro di interviste, il risultato sarebbe ancor più sorprendente.
Diciamo subito che con la globalizzazione la gente si muove di più e che fare un’esperienza all’estero durante gli studi o nel primo lavoro è una buona opportunità per un giovane e quasi una necessità per arricchire il suo curriculum professionale. Ma se dopo gli studi, l’estero rappresenta la sola via di fuga, quella obbligata, questo non va bene e rappresenta un fallimento per il nostro Paese.
Stiamo parlando di numeri abbastanza alti, perché sono migliaia i laureati e dottori di ricerca ogni anno lasciano l’Italia! Di cui buona parte dal centro-sud dove i posti sono pochi e di livello professionale non adeguato.
In questo modo le nostre regioni si impoveriscono e la crescita risulta estremamente lenta. Su questo argomento in questi anni si sono moltiplicati gli studi. Esiste addirittura una correlazione tra emigrazione italiana verso l’estero e la mancata nascita di nuove imprese. In una recente ricerca accademica si legge che “Se pensiamo che ogni anno sono partiti 317 mila connazionali, si tratta di quasi 12 mila aziende in meno. Numero da moltiplicare per sette anni: cioè oltre 80 mila imprese mancate”.
Dati che fanno impressione e su cui la politica nazionale dovrebbe seriamente riflettere.
A livello locale poco possiamo fare, se non cercare di capire chi sono i 5.388 vastesi che vivono all’estero, magari conoscerli nell’ambito delle famose “Feste del Ritorno”; oppure chiedersi se in una qualche maniera possono dare un contributo allo sviluppo della nostra città.
Non dimentichiamo che a livello regionale c’è il CRAM (Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo) che mantiene i rapporti con le comunità estere; a livello nazionale, il COMITES (Comitato Italiani all’Estero), ma ambedue hanno il compito di assistere i connazionali in tutto il mondo, non certamente quello di promuovere iniziative per rallentare la “fuga dei cervelli”.
Questo è compito del Governo centrale che dovrebbe predisporre un piano integrato con diverse misure per trattenere laureati e giovani in Italia, onde evitare il depauperamento dei nostri territori.