CUPELLO – Un fascio di luce che, perpendicolare, colpisce e illumina un libro che diventa centro immaginario ma reale di un cerchio fatto di persone, anime, storie. Un cerchio, circolo, che, in un pomeriggio di fine maggio, ha dato vita a un’intima e sentita riflessione su un tema che in questi giorni più che mai è purtroppo tornato a farsi sentire, prepotentemente.
Selvaggiamente e crudelmente. Esattamente come le coltellate che hanno infierito sull’ennesimo corpo innocente, linfa vitale per un altro corpicino che tra due mesi avrebbe scoperto la vita.
Parliamo del secondo Caffe Letterario Emily che si è tenuto sabato 27 maggio nella sala multimediale “E. Mattei” del Comune di Cupello.
«Organizzato – spiega Marianna Forgione – dal comitato direttivo dell’omonimo Premio letterario – giunto ormai alle fasi finali, quelle che condurranno alla proclamazione dei semifinalisti e poi dei tre finalisti della prima edizione – in una dimensione più intima e contenuta rispetto al primo Caffè tenutosi nella biblioteca comunale, ha ugualmente riservato ai presenti tante emozioni, ancora vive a distanza di circa una settimana. Per tutti coloro che hanno preso parte all’evento, il piacere di conoscere il giovane scrittore emiliano Andrea Fabbri e dialogare con lui».
Dopo i saluti di Teresa Di Santo, presidente di Emily Abruzzo nonché coordinatrice di Unione nazionale vittime (UNaVi) per l’Abruzzo, del Sindaco del Comune di Cupello, Graziana Di Florio, dell’assessore alle Politiche sociali, Angela Antenucci, il direttore artistico, Virginio Di Pierro, ha presentato l’autore ospite che, per poco meno di due mesi, non ha potuto partecipare al concorso letterario con il suo primo volume, edito nel 2019, “Il grido del silenzio contro il bullismo”.
«Quel grido di cui ci ha parlato, – prosegue Forgione – conducendoci in punta di piedi attraverso le sue esperienze personali e le sue emozioni, le stesse che gli hanno permesso di dare vita a pagine che, tra narrativa e poesia, riescono a toccare e far vibrare le corde più nascoste del cuore».
«Credo che l’arte in tutte le sue forme vada di pari passo con le emozioni che, per provarle, bisogna viverle – ha affermato Fabbri – parlando di come è nato il volume. Ho iniziato a scrivere questo libro una notte e solo sei, sette anni dopo l’ho terminato perché io riesco a scrivere solo di cose che vivo sulla mia pelle. Ho iniziato così a scrivere del mio disturbo ossessivo compulsivo, di quello che provavo e di come i miei genitori e le persone che mi sono state accanto mi abbiano aiutato. Spero che chiunque sia caduto possa, come me, trovare speranza e risollevarsi».
Un’ennesima conferma, questa, del valore del potere della scrittura e del libro come strumenti comunicativi di speranza, da riscoprire in un’era in cui prevale il digitale, pensiero cardine del premio. È della stessa opinione Fabbri che nel corso della sua “confessione” a cuore aperto ha inoltre dichiarato: «Io sentivo il bisogno di scrivere e la scrittura mi ha aiutato. Perché credo che scrivere vuole dire esorcizzare quello che si ha dentro. E la scrittura è un modo meraviglioso di tirare fuori l’anima. La bellezza è quando riesci a far emozionare qualcun altro».
In uno scambio reciproco di parole e pensieri, il tempo passa veloce negli spazi racchiusi dalle mura degli ex granai di Palazzo Marchione.
«Non solo ossessioni, paure, salute mentale e modi e consigli per superare tutto chiedendo aiuto – sottolinea Marianna Forgione – ma anche bullismo, amicizia, amore, femminicidio, violenza di genere, social media sono stati i temi attorno ai quali si sono intessuti discorsi che, a partire dalla voce di un umile ragazzo di 27 anni, hanno man mano coinvolto tutti, nella comune consapevolezza e quasi in un unico, comune, condiviso “silenzioso grido” portatore di rinascita. Proprio quel grido di cui ha argomentato il giovane scrittore che, squarciando quella “calma piatta” presente nella vittima di violenza e che arriva a “far male”, gli ha permesso di tornare a nuova vita. Gli ha permesso di rinascere».
Non a caso Fabbri ha definito con queste parole la sua opera: «Questo libro è una rinascita. È una conseguenza e vuole spronare le persone a non arrendersi e a cercare di trarre il bene dal male. Perché è importante parlare senza paura e combattere, chiedere aiuto e non farsi mangiare dalle paranoie ma farsi aiutare, prendendo in mano la situazione e sperando sempre di potercela fare».
«Immancabili gli scatti del fotografo Antonino Vicoli a cogliere i tanti attimi di emozione e un angolo di ristoro dove poter continuare a parlare e conoscere Andrea, con l’augurio di rivederlo presto a Cupello e, soprattutto, in gara con il suo nuovo libro, per la prossima edizione del Premio Letterario Emily», conclude Forgione.