LARINO – Quasi centotrenta carri, dalla foggia trionfale o dal formato a capanna, buona parte di cui trainati da buoi, artisticamente addobbati e ricoperti di fiori, offrono dal 25 al 27 maggio nella città frentana uno spettacolo indimenticabile.
La festa di San Pardo ha origine antichissima. Per lo storico Alberto Magliano, l’attuale svolgimento della festa larinese è da datare al 1872. Egli, infatti, afferma, “che la processione della sera del 25 e quella del mattino del 27 maggio rimontano” a quell’anno, mentre lascia supporre che la sfilata del 26 avveniva da tempo immemorabile. Anche il celebre scrittore francese Alexandre Dumas (padre) nel suo famoso romanzo “La Sanfelice” (forse più noto come “Un Regno insanguinato”), scritto negli anni Sessanta del XIX secolo, si interessa della particolare manifestazione informandoci che “al 26 maggio […] si festeggia a Larino San Pardo, patrono della città”, aggiungendo, poi, che “in quel giorno (ha) luogo una grande processione; i contadini orna[…]no i loro carri di ghirlande e di fiori, di drappi e banderuole di tutti i colori; essi vi attacca[…]no dei buoi dalle corna dorate e li barda[…]no con nastri variopinti. Questi carri seguono la processione che porta in giro per la città il busto del Santo protettore, accompagnato da tutta la popolazione di Larino e dei villaggi vicini, che canta inni di lode al Santo”.
L’attuale celebrazione della festa consiste in tre grandi cortei. Dopo il tramonto del primo giorno i carri si avviano lentamente dal centro storico medioevale verso la parte alta dell’antico capoluogo frentano, sito dove, sotto Diocleziano, furono martirizzati tre cittadini Larinati: Primiano, Firmiano e Casto. In questa località, accanto ai resti di una basilica paleocristiana, sorge un piccolo tempio dedicato al primo dei tre Martiri, San Primiano, il cui simulacro viene prelevato e deposto sull’ultimo dei carri, quello più antico. E’ ormai notte fonda ed è anche il momento culminante dell’affascinante processione. I carri, in una fantasmagoria indescrivibile di luci alimentate da piccole lampade multicolori situate a centinaia su ognuno di essi, e dalle migliaia di fiaccole poste ai due lati dell’interminabile corteo, ritornano nella Piazza del Duomo per collocare nella monumentale cattedrale, dove nel tardo pomeriggio erano state sistemate, lungo le due navate laterali, altre artistiche statue di santi venerate nei vari edifici sacri della città, l’ultima effigie che ancora mancava per la imponente processione del giorno dopo, quella del Martire, Compatrono di Larino e diocesi.
È il giorno seguente quello più importante perché ricorda l’arrivo in città delle spoglie mortali di San Pardo, avvenuto, secondo la tradizione, il 26 maggio dell’anno 842. Di fatti il 26 maggio è il vero e proprio giorno festivo per la città, in cui scuole e uffici sono chiusi.
Il vescovo storico mons. Tria riferisce che “distrutta Larino dagli Agareni (Saraceni) nell’anno del Signore 842 in quei tempi, che la pietà de’ Fedeli era tutta in voglia verso le Sacre Reliquie, e Corpi de’ Santi, gli Abitatori della Città di Lesina, de’ quali gran parte erano Cittadini di Lucera, udendo i prodigi, e i miracoli, che si opravano in Larino per li meriti, e ad intercessione de’ Santi Martiri (Primiano, Firmiano e Casto), e sapendo, che senza contrasto avrebbero potuto involare que’ Sacri Corpi, perché que’ pochi Larinati, che vi erano rimasti dalla barbarie degli Agareni, si ritrovavano dispersi per le campagne, si condussero colà; e come avevano pensato, così appunto gli riuscì, e rubatone il Corpo di S. Primiano, e di S. Firmiano, come religiosi tesori gli trasferirono nella loro Città”. Quei larinesi scampati dalla strage, sentirono che la più grande sventura era caduta sulla loro città, quando trovarono vuoti i venerati sepolcri dei Santi Martiri, motivo per cui decisero subito di ricercarli. Nei pressi di Lucera (antica città della Daunia), però, scoprirono la tomba di S. Pardo e se ne impadronirono. Venne, quindi, approntato un rozzo carro trainato da buoi, su cui sistemarono il sacro deposito che, tra preghiere, inni e canti, portarono a Larino.
Di San Pardo si hanno due biografie: una di autore anonimo del X secolo e l’altra di Radoino, levìta della Chiesa di Larino, scritta tra il XII ed il XIII secolo (potrebbe trattarsi di due “vite” redatte da una sola persona non prima del X e non oltre gli albori del XIII secolo). Esse, però, non permettono di acquisire dati storici certi. L’unico elemento sicuro scaturito da studi recenti, riguarda un Pardo, primo vescovo pugliese (della Daunia) storicamente certo, che partecipò al Concilio di Arles nel 314. Non è da escludere, quindi, che il San Pardo venerato a Larino e quello recatosi ad Arles in rappresentanza della comunità cristiana di Salpi o Salapia, antica città dauna situata nei pressi dell’attuale Trinitapoli (secondo qualche storico potrebbe trattarsi di Arpi, altra città dauna un tempo posta nei pressi dell’attuale Foggia), siano la stessa persona.
Proprio in ricordo di questo trasporto si celebra la solenne manifestazione di fede, seppure modificata più volte, come già accennato, nel corso dei secoli.
Tornando brevemente alla descrizione dell’attuale festa, c’è da segnalare che nella parte centrale del secondo giorno la sfilata dei carri si snoda da un capo all’altro del quartiere medioevale, percorrendone le vie tortuose e, per oltre tre ore, è possibile ammirare uno scenario meraviglioso.
La fase conclusiva del terzo giorno consiste nel riaccompagnare il simulacro di San Primiano nella sua abituale dimora. I carri partono dal centro storico medioevale intorno a mezzogiorno per ritornarne nel tardo pomeriggio, regalando ancora una volta una straordinaria visione che non stanca mai.