VASTO – Dopo sette anni di militanza in Serie D, la Vastese sprofonda in Eccellenza. Un finale amaro, amarissimo, che lascia spazio a tante riflessioni.
Che questa squadra avesse problemi di personalità, era aspetto assai noto. Ma che non avesse un briciolo di orgoglio neanche davanti ad un Aragona gremito, meno.
In una stagione nella quale sono stati cambiati tre allenatori, annunciate figure dirigenziali scomparse nel nulla, proclamati obiettivi puntualmente disattesi, il finale non sarebbe potuto essere diverso.
Un fiume di criticità che abbiamo palesato da inizio anno. Per questo sarebbe meglio focalizzarci su altro.
Chi paga, adesso? I tifosi, certo. Ma pagano soprattutto gli sportivi locali.
Perché, se qualcuno non è rimasto dispiaciuto, c’è un problema di fondo. Vasto, Cupello e San Salvo annoverano centinaia e centinaia di tesserati. Cosa offre, in cambio, il territorio? Due squadre in Eccellenza (Vastese e Casalbordino) e tre in Promozione.
Quali sono gli obiettivi dei vari settori giovanili? Questa retrocessione, o meglio, questo fallimento sportivo, sia di monito alle varie realtà calcistiche. La Vastese è patrimonio della città e del comprensorio. E questo triste fratricidio rallenta la crescita del movimento.
Altro aspetto. Dopo il triplice fischio sarebbe stato opportuno che qualcuno, a partire da chi ha allestito l’organico, chiedesse scusa ai tifosi. Ma nulla. Il solo assessore allo Sport, Carlo Della Penna ha provato a discutere con i tifosi.
Toccato il fondo non si può che risalire. Ma tutti insieme. Dalla stessa parte. Nel 2015 si ripartì grazie al sostegno di varie forze imprenditoriali. Le stesse forze potrebbero, con una ventata d’aria nuova, tornare in auge. Non ci resta che sperare in tempi migliori. Vasto merita di più.