di Nicola D’Adamo
VASTO – Fra un paio di giorni sarà il 25 aprile ed è doveroso fare una riflessione sulla Festa della Liberazione.
Negli anni scorsi abbiamo parlato del ruolo fondamentale avuto nella Resistenza da Giuseppe Spataro (vastese, padre fondatore della DC, più volte ministro) e in altre volte occasioni del ruolo avuto dagli antifascisti che erano ospiti del campo di internamento di “Istonio” Marina, arruolatisi poi, in buona parte, nelle formazioni partigiane.
Quest’anno, a ottanta anni di distanza vogliamo raccontare le tristi giornate del 1943, che somigliano moltissimo alle dolorose vicende ucraine di questi giorni.
Le immagini e i racconti che le tv quotidianamente diffondono ci riportano automaticamente alle battaglie sul Sangro e negli altri centri del Chietino, in particolare alla distruzione di Ortona, ridotta ad un cumulo di macerie dopo i cruenti combattimenti casa per casa tra i tedeschi e i canadesi dell’esercito Alleato.
È il caso di ricordare che in poche settimane tra l’estate e l’autunno del 1943 cambiò tutto. Niente di quello che prima era parso definitivo e immutabile rimase com’era: un personaggio importante come Mussolini fu costretto alle dimissioni, arrestato e tenuto prigioniero a Campo Imperatore (poi liberato dai tedeschi); e soprattutto sottolineare il fatto che i tedeschi, che erano amici dell’Italia, con l’armistizio dell’8 settembre, divennero i nemici da combattere e scacciare dal Paese con l’aiuto dell’Esercito Alleato che stava risalendo lo Stivale. In quei giorni il popolo italiano dovette anche assistere alla fuga del re Vittorio Emanuele III, che per paura della cattura da parte dei tedeschi, si diresse prima verso l’Abruzzo e dopo una sosta a Crecchio si imbarcò a Ortona per Brindisi, nonostante vi fosse Roma da difendere, un esercito allo sbando totale e un paese avviato al completo disfacimento.
In quegli stessi giorni gli abruzzesi cominciarono a fare la loro esperienza della guerra, della sua cieca ferocia e del sacrificio di tante vite umane.
Nel lungo inverno 1943-1944 il fronte si arrestò sulla linea Gustav. Le battaglie sul Sangro e sul Moro furono veramente sanguinose e ci furono numerose vittime tra i civili e tra i militari di ambedue gli eserciti. Gli storici riferiscono che nella sola battaglia di Ortona (20-28 dicembre ’43), una delle più cruente della seconda guerra mondiale, «il bilancio finale fu di 800 morti tra i tedeschi, 1400 tra i canadesi e oltre 1300 civili che non vollero abbandonare le loro case».
Gli Alleati furono costretti a creare due cimiteri: uno a Ortona il “Moro River Canadian War Cemetery” dove furono seppelliti 1.615 giovani militari canadesi; e l’altro a Torino di Sangro il “Sangro River War Cemetery” dove riposano 2.617 militari inglesi e degli altri Paesi del Commonwealth.
In occasione della Festa della Liberazione 2023, ricorrenza dell’80° di quel brutto inverno del ‘43, potrebbe essere un bel gesto recarsi in visita nei due cimiteri e in silenzio rivolgere un deferente omaggio alle 4.232 vittime innocenti (totale dei due cimiteri) che persero la vita per “liberare” la nostra zona. Di loro spesso ce ne dimentichiamo e questo non va bene.
Il video che segue, è una raccolta di immagini a seguìto della battaglia di Ortona