SANTA MARIA IMBARO – «Abbiamo partecipato all’iniziativa del Polo di Innovazione Automotive dell’Abruzzo dove è stato presentato un interessante studio sullo stato del settore in Abruzzo. Come FIOM continuiamo a ritenere che l’Italia e la nostra Regione sono territori a forte vocazione manifatturiere e senza l’industria si rischierebbe un serio impoverimento della nostra economia. Nonostante questo, i governi italiani hanno smesso di fare politiche industriali dalla fine degli anni ’70 e di conseguenza le Regioni, compreso la Regione Abruzzo, non hanno mai posto la dovuta attenzione a questa ricchezza territoriale». Sono le prime parole di Alfredo Fegatelli, segretario generale Fiom Abruzzo Molise.
«Un patrimonio di competenze – prosegue Fegatelli – lasciato in balia del libero mercato senza interventi strutturali per rilanciare le imprese e creare occupazione. Abbiamo appreso che bisogna essere ottimisti, nonostante qualche problema, e che se si è realisti, passi per essere un avvoltoio o un pessimista cosmico. In realtà il realismo è l’unico pensiero che può meglio interpretare la realtà e lavorare per suggerire come intervenire per risolvere i problemi. Lo studio evidenzia come dal 2019 al 2023, – sottolinea – pur mantenendo un tasso di industrializzazione del 27%, assistiamo ad una perdita occupazionale passando da 25mila a 23mila addetti, da un fatturato di 8 miliardi a 7,5 miliardi, dal 55% dell’export abruzzese al 48 per cento e rispetto al PIL regionale, il settore passa dal 15% al 13%. Probabilmente, rimanendo moderatamente ottimisti, qualche domanda dovrebbe sorgere spontanea».
Secondo la Fiom interregionale «allo studio emerge ancora, come da sempre, una forte dipendenza dalla Sevel con una differenza sostanziale rispetto agli anni scorsi. Infatti, nel passato la Sevel – spiega Fegatelli – rivestiva un ruolo centrale – e direi – quasi unico per la produzione di furgoni. Oggi ha perso la sua centralità ed è alle dipendenze di una nuova società che ha una politica industriale completamente diversa dal passato e con la testa in Francia. Abbiamo sentito interventi dei maggiori player abruzzesi dell’automotive, ma nessuno di loro ha parlato di investimenti. Pensiamo veramente che se le imprese non decidono di investire possano creare futuro? Soprattutto quali sono le condizioni che un territorio come la Regione Abruzzo mette a disposizione per facilitare gli investimenti? Nessuna risposta a queste riflessioni».
«Purtroppo, la realtà che vivono migliaia di lavoratrici e lavoratori non è la stessa che viene decantata in convegni, – continua la nota -. Denso sta vivendo un periodo critico che ha visto la perdita occupazionale di circa 200 lavoratori e altri 160 sono in cassa integrazione. Rispetto all’elettrico non è stato detto che in Ungheria ci sono 4mila lavoratori e che si sta allestendo un’area dello stabilimento per le produzioni di componenti per l’auto elettrica. Gli unici investimenti che si stanno facendo a San Salvo sono per incentivare le uscite pensionistiche, invece di pensare a chi deve rimanere a lavorare. Honda, al contrario, vede un incremento dei volumi produttivi ma nonostante bilanci in positivo ancora non conosciamo quali saranno gli investimenti corposi che la casa madre vorrà fare nel nostro territorio. Sevel, o come oggi viene chiamata FCA Italy plant di Atessa, oltre ai problemi congiunturali, ormai vede un piano industriale che farà attestare la produzione dei furgoni a circa 950 al giorno invece dei potenziali 1260 raggiunti nel passato».
«Nel convegno – afferma il segretario Fiom – non si è parlato che l’azienda sta pensando di internalizzare alcune attività spostando il problema occupazionale all’esterno, oppure che il mercato del Messico è a serio rischio. La Sevel, come preferiamo chiamarla, ha visto un’importante riduzione di personale e se la strategia che sta portando avanti sarà quella di attestarsi a questi nuovi volumi, sarà chiaro anche l’effetto occupazionale. Inoltre, non si parla che Stellantis sta facendo una politica di forte riduzione dei costi, non solo dei servizi, ma anche verso i fornitori che, di conseguenza, stanno facendo delle valutazioni rispetto al loro futuro. Il caso della Purem di Castellalto (Teramo) è un esempio che non va sottovalutato. L’azienda decide di delocalizzare per mantenere basso il costo a scapito dell’occupazione di decine di lavoratori. Questa decisione secondo voi vede Stellantis preoccupata? In questo contesto la Regione Abruzzo cosa sta mettendo in atto per fermare questa delocalizzazione? La Regione Abruzzo pensa che il problema riguarderà solo l’azienda teramana o questo processo è entrato nella mente di molte altre aziende dell’indotto? Come Fiom sappiamo che alcune aziende dell’indotto hanno iniziato ad investire in Polonia e alcune stanno ragionando di delocalizzare per contenere i costi».
«Questo processo non sarà tra qualche anno, ma è già in atto in questo momento, – puntualizza Fegatelli -. Come abbiamo visto dallo studio presentato, se è vero che tra i primi tre clienti per fatturato dell’indotto automotive Stellantis pesa per l’87%, una riflessione deve essere aperta. Non è evidente la forte dipendenza dal gruppo francese? Oggi l’indotto non sta subendo forti contraccolpi dal punto di vista dei volumi, ma la situazione dovrebbe essere meglio analizzata. Il battente produttivo oggi viene colmato con la fornitura non solo verso lo stabilimento di Atessa, ma anche verso la Polonia e verso il Messico. Cosa accadrà, a breve, quando la Polonia si doterà di un sistema di fornitura e quando il Messico si produrrà da solo i componenti? Sarebbe opportuno un po’ di sano realismo e chiederci cosa sta mettendo in campo la Regione Abruzzo per fronteggiare quella che potrebbe manifestarsi come una problematica seria, soprattutto sulla competizione che le imprese dell’indotto e i nostri lavoratori saranno costretti a subire dai Paesi dell’Est Europa. Già oggi abbiamo alcuni segnali preoccupanti, la Purem come abbiamo detto, ma anche Marelli di Sulmona che vede un contratto di fornitura verso Sevel in scadenza nel 2025. Pensiamo che sia solo un problema di logistica o facciamo finta di non sapere che gran parte dei macchinari delle aziende dell’automotive risalgono agli anni 2000 e che forse è necessario fare degli investimenti per ammodernare il parco macchine? Pensiamo che questa forte dipendenza verso Stellantis non sia un problema? Non sarebbe opportuno iniziare a pensare sia ad una diversificazione dei clienti sia dei prodotti lavorando anche sulla transizione energetica?»
«La Regione Abruzzo sembra ragionare allontanando il calice amaro rispetto alla decisione inevitabile di produrre auto elettriche da parte del mercato mondiale. Oggi, invece di sperare in improbabili ripensamenti dell’Europa, le forze politiche che compongono la maggioranza del governo, sia nazionale che regionale, essendo cultori del libero mercato, dovrebbero sapere che questo tsunami dell’elettrico ci travolgerà a prescindere. Quindi, non è più opportuno pensare a come rendere questo patrimonio industriale fatto da decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori competitivo con le nuove tecnologie? Non significa essere pessimisti o gufi, significa fare un bagno di realtà e lavorare per preservare la più grande ricchezza della nostra Regione. La tecnologia e il mercato vanno molto più veloci del pensiero dei politici e degli amministratori. Pensare che abbiamo tempo per intervenire è un errore strategico. Chi ha tempo non aspetti tempo», conclude il segretario Fiom Abruzzo-Molise.