LANCIANO – Lanciano, così come tutti paesi dell’Abruzzo, è pronta a vivere la giornata all’insegna della tradizione. Se da una parte, la stessa è stata protagonista dei riti liturgici della Settimana Santa, nella giornata di Pasqua ogni casa in Abruzzo si adopera per rispettarla anche a tavola.
C’è da precisare che nei giorni addietro devozione vuole non si siano consumati piatti di carne, o addirittura, sia osservato un rispettoso digiuno a partire dal giovedì Santo fino proprio alla mattina di Pasqua. A questo punto, bisogna correre ai ripari, le tavole abruzzesi strabordano di leccornie e gustosità.
Avviciniamoci a questi momenti vissuti secondo la tradizione lancianese.
Nel pranzo pasquale tipico non possono assolutamente mancare i ”rindroceli”. Pasta fatta in casa di più umile preparazione che si concretizza in uno dei piatti più succulenti la cucina del posto vanti. Farina, bianco dell’uovo e sale, poi il via alla preparazione, e per questa sì, un po’ di fatica ci vuole! Le mani delle signore del posto mostrano tutta l’esperienza in campo. I movimenti devono essere sicuri e decisi, ”ammassare” è una vera e propria arte! La pasta deve essere poi lasciata ”riposare”, poi ripresa, poi lasciata riposare un’altra volta. La signora Natalina Fantini spiega a Zonalocale, tutta la dedizione che impiega nel curarla. Successivamente si passa all’attacco con i vari ”mattarelli”, strumenti impiegati per distendere gli impasti solidi. ”Per dare la forma – precisa Natalina – o hai una bella chitarra a corde larghe, oppure usi il matterello di legno a posta, così le strisce vengono belle doppie, perché così devono essere, doppie e cicciotte”.

Altra peculiarità fondamentale è il sugo, ”A questa pasta ci vuole un sugo buono buono, non un sugo qualsiasi – continua l’anziana nonnina alla soglia dei 90 anni – deve cuocere almeno almeno per un’ora. Quattro tagli di carne con le ossa, non il semplice macinato”.
Altri primi che non possono mancare sulle tavole lancianesi a Pasqua sono la lasagna, rigorasamente rossa e con tanto condimento, e il brodo. ”Devi andare dal macellaio e farti dare le stecche di carne per farlo – dice Natalina – e ci metti mezza gallina, deve essere mista la carne e deve cuocere per due, tre ore. Poi filtri il brodo, ci sfili la carne cotta e ci fai cuocere i tortellini, sempre fatti in casa”.
Il secondo ha due capisaldi, agnello e tacchino, ”Ma l’agnello deve essere impanato per attenersi proprio alla tradizione – ci racconta il signor Benigno Lafarciola – Poi il tacchino in padella, a fette, semplice e super buono. I contorni non possono mancare, e si sa, le patate al forno sono sempre le migliori”.
Il dessert è rappresentato rigorosamente dalla ”pupa” e il ”cavallo”. Pasta nera di mandorle e cacao con cioccolato fuso che, come tradizione vuole, le nonne preparino alle nipotine e i nipotini. Stesso procedimento ma forma diversa poi per i ”cuori”, altro dolce a dir poco tipico della cucina abruzzese i cui dettagli variano di paese in paese. A Lanciano ad esempio, è vuoto, semplice, mentre in altre zone dell’Abruzzo, lo stesso dolce viene arricchito da un ripieno glassato.

Natalina Fantini ci spiega però che molto tempo fa il dolce della tradizione era un altro: ‘’Prima non c’era tutta la ricchezza che c’è oggi, le cose da mangiare erano poche, ci si accontentava e si stava meglio di adesso. Il dolce pasquale che faceva mia mamma era la pasta del pane, a forma di colomba, con un uovo lesso sopra. Genuino, senza troppi fronzoli. Lo insegno sempre ai miei nipoti, le cose semplici sono le più buone’’.