di Fabrizio Scampoli
VASTO – È una moda passeggera o un trend in crescita destinato a non fermarsi mai? Lo sharenting (da sharing e parenting), orripilante neologismo che indica la tendenza di molti genitori di diffondere le fotografie dei figli sui social, è sbarcato anche in Italia e sta diventando un fenomeno preoccupante.
In Francia, dove si sono accorti ben prima di noi della deriva della situazione, stanno cercando in questi giorni di porvi un freno con un’apposita legge. E in Italia qual è la situazione? Purtroppo anche da noi impazza questa malsana voglia di condividere online le immagini e i dati personali di minori: si va dalle tradizionali foto in vacanza al mare o in montagna alle pagelle con i voti scolastici, e perfino si realizzano video su Tik Tok o su Facebook dove gli inconsapevoli attori sono bambini della scuola dell’infanzia.
Oltralpe hanno già studiato il fenomeno dal punto di vista sociologico: si ritiene che un bambino appaia mediamente in 1300 foto sui social entro i 13 anni sui profili dei vari familiari e ciò comporta una serie di rischi dei quali probabilmente non ci si rende conto. In primo luogo, a causa dello sharenting, molte fotografie innocenti finiscono per alimentare siti pedopornografici con tutte le conseguenze preoccupanti del caso. E poi, al di là di questo aspetto estremo, emerge la questione della privacy dei nostri figli, protagonisti loro malgrado di video, foto, storie e racconti.
Nessuno ha mai chiesto loro il permesso ma si ritrovano sotto gli occhi di tutti a loro insaputa, visti e seguiti da un pubblico che può essere anche male intenzionato. Spesso e volentieri pure il bullismo scolastico viene alimentato da foto pubblicate dai genitori sui social e almeno questo dovrebbe farci riflettere prima di esporre un minore alla gogna mediatica. Alcuni dati provenienti dalla Francia fanno davvero riflettere: qui il 53 % dei genitori ha già condiviso contenuti riguardanti i propri bambini. Addirittura il 43% ha pubblicato foto fin dalla nascita del figlio e il 91% condivide immagini tra lo 0 e i 5 anni.
Occorre urgentemente porre un freno a questa tendenza, sensibilizzando maggiormente i giovani genitori inconsapevoli, magari anche attraverso una nuova legge ad hoc, come in Francia. Qui, ad esempio, stanno discutendo della possibilità, nei casi estremi, che il giudice possa togliere ai genitori il diritto all’immagine dei figli affidando la tutela (delle foto) a un’altra persona. Occorrerebbe poi analizzare i nostri comportamenti sociali e chiedersi perché sentiamo il bisogno di rendere pubblico ciò che è sempre stato e dovrebbe rimanere privato: ma questo è un altro problema e non basterà nemmeno una legge a risolverlo.