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Marketing relazionale: andare oltre l’acquisizione del cliente

Complesso di attività, processi e strumenti, finalizzato a consolidare relazioni durature grazie all'ascolto attivo e in grado di accrescere il valore generato

La pressione competitiva sempre più forte per i motivi che tutti conosciamo sta concentrando gli sforzi delle aziende verso la cura e lo sviluppo della propria clientela in misura maggiore rispetto al passato.

Negli ultimi anni il Marketing relazionale è entrato a far parte in modo consistente della strategia di impresa e gli investimenti in questa direzione sono sensibilmente aumentati. Si tratta di un’ulteriore evoluzione nell’approccio al mercato da parte delle organizzazioni, di qualsiasi dimensione.

La definizione di Marketing relazionale che dà l’Ama (American marketing association) è la seguente: “Quel complesso di attività, processi e strumenti di Marketing, finalizzato a creare, consolidare e sviluppare relazioni durature e profittevoli con i clienti e gli altri partners, in grado di accrescere il valore singolarmente e complessivamente generato”.

All’interno di questa definizione ci sono molti concetti importanti per la direzione aziendale, sia a livello strategico sia operativo. Quello centrale riguarda la relazione. Cioè creare e trasferire Valore (l’essenza del Marketing) attraverso relazioni durature e profittevoli.

“Obiettivo dell’azienda è acquisire e mantenere clientela” diceva Peter Drucker nel lontano 1954. La frase suona ovvia e quasi banale, ma proprio sul quel “mantenere” si gioca oggi gran parte delle sfide aziendali perché sappiamo che le alternative per i clienti sono tante, gli stimoli della concorrenza continui, le novità vengono fuori ogni giorno, i processi di acquisto sono cambiati e, aspetto tutt’altro che secondario, i clienti oggi sono molto informati.

È scomparsa quell’asimmetria informativa a favore delle aziende, che prima avevano un maggiore potere di influenzare il processo decisionale del proprio target. I clienti, infatti, si informano sul web, sui social, sui gruppi o all’interno di comunità create intorno a temi specifici in cui si scambiano esperienze, valutazioni e raccontano il loro vissuto e le loro aspettative verso le aziende. I mercati sono conversazioni, riportava il visionario “Cluetrain Manifesto” nel 1999, e le aziende oggi ne sono sempre più consapevoli. Ecco, quindi, la necessità di considerare il cliente non un codice attribuito dal sistema gestionale, ma un soggetto unico (fisico o giuridico a seconda del settore) che ha le sue peculiari necessità ed esigenze.

La strada per mantenere il cliente è quella di consolidare prima e sviluppare poi una relazione. Non è sufficiente crearla e pensare che si alimenti da sola. Il rapporto va visto in maniera dinamica e sostenuto costantemente perché le priorità e le situazioni possono variare nel tempo. Per fare questo occorre praticare un ascolto attivo e mettere in pista sistemi di analisi e di raccolta dati coerenti.

In quest’ottica, la crescita delle imprese che utilizzano CRM dedicati, o anche Social CRM, dimostra l’aumentata sensibilità verso questo tema. Ben vengano pertanto sistemi informativi che raccolgono e raccontano la storia del cliente a diversi livelli aiutando la direzione a comprenderne e ad anticiparne le necessità.

Anche l’analisi del portafoglio clienti, grazie a data base sempre più sofisticati, si è evoluta. Infatti, oltre a considerazioni di origine quantitativa (l’analisi basica ABC ad esempio o delle marginalità) vengono ora fatte analisi di natura più qualitativa e predittiva incrociando più dati di origine diversa, da diversi settori aziendali, che aiutano a costruire un quadro di riferimento specifico del cliente permettendo di simulare i suoi comportamenti futuri.
Le analisi incrociate del portafoglio permettono, inoltre, di creare strategie mirate sulla clientela in base ai risultati ottenuti. Così possono essere definite azioni selezionate su target ben individuati, come ad esempio iniziative commerciali di cross selling, promozioni, co-marketing, partnership, test di nuovi prodotti, sviluppo di nuovi prodotti, programmi di focus group e quanto altro necessario per migliorare le vendite, i margini, l’innovazione, l’immagine, il valore condiviso.

Riguardo all’ascolto, non dimentichiamo l’importanza del personale stesso. Soprattutto chi è in contatto con il cliente ha la possibilità di comprendere anche quei segnali deboli che si manifestano prima ancora che nei numeri, che sono il risultato di un periodo passato. Segnali dietro ai quali possono nascondersi sia rischi sia opportunità di sviluppo.

Quindi va bene destinare risorse alla ricerca del cliente, ma una volta acquisito, la crescita del rapporto non può essere lasciata al caso, ma deve essere curata e basarsi sulla pratica dell’ascolto attivo costante.

Un altro concetto da evidenziare è che il Marketing relazionale è un processo e quindi occorre ragionare in termini di un insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi in entrata in elementi in uscita.
È perciò un approccio ampio e orizzontale prima che verticale e specifico sulle singole azioni o sui singoli strumenti da utilizzare. Avere questa consapevolezza è importante per predisporre in modo complessivo e articolato i flussi, destinare risorse, definire le interfacce e impostare un sistema di monitoraggio e di miglioramento della relazione con il cliente e del valore trasferito e ricevuto. L’utilizzo corretto della Balanced Scorecard aiuta molto a questo fine. Tradurre obiettivi strategici di ampio respiro relativi al rapporto con il cliente in obiettivi ed indicatori mirati che monitorano il livello di performance dei processi e delle attività del Marketing relazionale è basilare per la gestione dell’impresa e per definire le specifiche responsabilità di ciascuna persona all’interno dell’organizzazione.

Vedere il Marketing relazionale come processo supporta quindi una visione complessiva in cui tutti in azienda si sentono protagonisti della soddisfazione e fedeltà del cliente, perché questo punto non riguarda solo l’area commerciale. Ognuno, infatti, a prescindere dal contenuto della mansione, ha un impatto sul Valore trasferito e ricevuto ed è giusto che ne sia consapevole e che abbia il cliente come punto di riferimento nello svolgimento della propria attività.

Anche la formazione su questo tema deve coinvolgere tutti i collaboratori aziendali, indipendentemente dalla posizione occupata. È un fatto di cultura e di atteggiamento, prima di tutto, che dà un senso al lavoro eseguito.

Instaurare un rapporto profittevole, personalizzato e duraturo con i propri clienti e il proprio ambiente è quindi l’obiettivo del Marketing relazionale. Quando è unidirezionale e impostato “fornitore che vende e cliente che acquista” riguarda solo la vendita di breve termine. Un interscambio in cui soltanto una parte ci guadagna dura poco. L’azienda invece ha la missione di creare Valore per il proprio ambiente e per se stessa e ciò è più facilmente raggiungibile quando esiste con la propria clientela una relazione profonda e duratura bidirezionale, le cui fondamenta crescono e si rinforzano nel tempo, incrementando la fiducia reciproca.

Per approfondimenti: https://www.malavoltaconsulting.it/

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Tags: “fornitore che vende e cliente che acquista”American marketing associationAnche l’analisi del portafoglio clientiascolto attivoBalanced ScorecardCluetrain Manifestocollaboratori aziendalicomportamenti futuricrmcura e sviluppo clienteladata baseinvestimentimarketing relazionalePeter Druckerpressione competitivasia rischi sia opportunità di svilupposistema di monitoraggio e di miglioramentoSocial Crmstrategia di impresatarget ben individuativendita di breve termine
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All’interno di questa definizione ci sono molti concetti importanti per la direzione aziendale, sia a livello strategico sia operativo. Quello centrale riguarda la relazione. Cioè creare e trasferire Valore (l’essenza del Marketing) attraverso relazioni durature e profittevoli.

“Obiettivo dell’azienda è acquisire e mantenere clientela” diceva Peter Drucker nel lontano 1954. La frase suona ovvia e quasi banale, ma proprio sul quel “mantenere” si gioca oggi gran parte delle sfide aziendali perché sappiamo che le alternative per i clienti sono tante, gli stimoli della concorrenza continui, le novità vengono fuori ogni giorno, i processi di acquisto sono cambiati e, aspetto tutt’altro che secondario, i clienti oggi sono molto informati.

È scomparsa quell’asimmetria informativa a favore delle aziende, che prima avevano un maggiore potere di influenzare il processo decisionale del proprio target. I clienti, infatti, si informano sul web, sui social, sui gruppi o all’interno di comunità create intorno a temi specifici in cui si scambiano esperienze, valutazioni e raccontano il loro vissuto e le loro aspettative verso le aziende. I mercati sono conversazioni, riportava il visionario “Cluetrain Manifesto” nel 1999, e le aziende oggi ne sono sempre più consapevoli. Ecco, quindi, la necessità di considerare il cliente non un codice attribuito dal sistema gestionale, ma un soggetto unico (fisico o giuridico a seconda del settore) che ha le sue peculiari necessità ed esigenze.

La strada per mantenere il cliente è quella di consolidare prima e sviluppare poi una relazione. Non è sufficiente crearla e pensare che si alimenti da sola. Il rapporto va visto in maniera dinamica e sostenuto costantemente perché le priorità e le situazioni possono variare nel tempo. Per fare questo occorre praticare un ascolto attivo e mettere in pista sistemi di analisi e di raccolta dati coerenti.

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