ATESSA – Si è svolto al ministero delle Imprese e del made in Italy, il tavolo convocato dal ministro Urso sul caso Stellantis.
Il ministro ha chiesto conto all’azienda dell’utilizzo delle risorse pubbliche e del fatto che degli incentivi erogati dallo Stato a Stellantis (quasi 2 miliardi di euro) solo il 45% è stato destinato in Italia. È stata plateale e ferma la richiesta di rassicurazioni sul futuro degli stabilimenti nazionali e sulla filiera produttiva.
“In un contesto complesso come quelle transizioni digitale ed ecologica, – si legge nella nota diffusa dal responsabile Usb Lavoro privato Abruzzo e Molise, Remo Pasquarelli – il governo s’interroga sul fatto che in questo momento Stellantis sta allineando, rispetto a queste transizioni, altri Paesi e altri stabilimenti fuori dall’Italia, a scapito di quelli nostri”.
“Le risposte dell’azienda sono state nervose e generiche, – prosegue – un elenco infinito di progetti e prodotti che però contrastano fortemente col quadro occupazionale attuale e sulla condizione dei lavoratori di tutto il gruppo. Il mantra di Stellantis alla fine è sempre lo stesso, rivendicato anche a questo tavolo: più incentivi per tutto“.
Servono incentivi per il passaggio all’elettrico, al sostegno della domanda, per le infrastrutture, serve il supporto alla cancellazione della normativa Euro7, il sostegno al costo dell’energia e servono incentivi per il passaggio all’autoproduzione.
“Sul piano strategico – sottolinea l’Usb – il governo deve recuperare un pezzo di governance, esattamente come avvenuto in Francia, con un suo intervento diretto. Pur riconoscendo al ministro una discontinuità nell’interlocuzione con l’azienda, è evidente come oggi ci sia un condizionamento determinato dal peso di una fusione (gennaio 2021) che ha spostato il baricentro decisionale tutto su Psa e quindi sulla Francia, col rischio che il nostro Paese venga lasciato ai margini sia produttivi sia di innovazione tecnologica e di occupazione dentro al quadro delle due transizioni”.
Al tavolo, è necessario affrontare soprattutto il tema occupazionale. Serve in sostanza capire in che modo le parole di Stellantis si traducono sul piano occupazionale e produttivo. Sappiamo perfettamente che oggi un nuovo prodotto, anche innovativo, corrisponde a un minor numero di occupati.
Usb ha posto l’esigenza della condizionalità degli incentivi e dell’intervento di Stato, nella certezza che l’intervento economico sia sancito con un accordo di ritorno e verifica sull’impatto occupazionale.
“Se per il 2021 – ricorda il sindacato – le scusanti per il rallentamento delle produzioni era la pandemia, seguita di lì a poco da crisi dell’approvvigionamento dei semiconduttori e componentistica varia, per il 2022 non riteniamo che tali motivazioni possano essere gli unici elementi da considerare per giustificare un trend produttivo, che seppur in lieve crescita con un +1,8% rispetto all’anno precedente (685mila unità tra auto e veicoli commerciali nel 2023), non garantisce la piena occupazione e genera un ricorso agli ammortizzatori sociali in tutti gli stabilimenti italiani. Mentre Stellantis annuncia collaborazioni con il gruppo Toyota, investimenti e produzioni in Polonia, in Francia per la produzione di veicoli commerciali ad idrogeno, in Italia lo scenario è preoccupante: tagli occupazionali, ricorso costante alla CIG ed unico investimento soltanto annunciato, ovvero la Giga Factory a Termoli di cui oggi non si ha alcun elemento concreto e che molto probabilmente non garantirà l’occupazione dei dipendenti attualmente in forza nello stabilimento con lunghi ed imprecisati tempi di realizzazione”.
“I modelli prodotti – specifica la nota – nei vari plant dovrebbero essere aggiornati e affiancati da nuovi modelli con conseguenti notevoli investimenti per ciascuna unità produttiva, invece stiamo assistendo alla migrazione delle produzioni di quei modelli storicamente importanti per il nostro Paese ovvero quello delle utilitarie (stop produzione punto a Melfi e annuncio della fine produzione della Panda a Pomigliano nel 2024), all’avvio della produzione di veicoli commerciali in Polonia che da decenni erano prodotti esclusivamente ad Atessa nello stabilimento Sevel (joint venture Psa/Stellantis). L’ultima mossa Stellantis, di interrompere tale vincolo inglobando il Plant di Atessa nella società Fca Italy spa, testimonia come il gruppo abbia inteso sciogliere legami anticamente ben consolidati ed avocarsi la scelta futura di poter produrre i veicoli commerciali con marchi Psa dove meglio ritenga. Un vero piano industriale sugli stabilimenti italiani non c’è. Plant come quelli di Cassino e Torino ormai sono decenni che vivono situazioni di lenta e inesorabile smobilitazione”.
“Riteniamo – aggiunge la rappresentanza di Usb – che nel corso degli ultimi anni l’incidenza dei governi italiani sia stata purtroppo quasi nulla, incapace di incidere minimamente sulle scelte del gruppo, senza neanche considerare l’importanza storica di Fiat per il nostro Paese sia nei primi decenni del secolo scorso sia nei decenni del boom economico, mentre il governo francese fa tuttora pesare la propria presenza nell’azionariato societario tutelando di conseguenza gli interessi del proprio territorio, come è normale che sia. In tutto ciò bisogna considerare le pesanti ripercussioni economiche e occupazionali sulle aziende dell’indotto automotive. In tutto questo va detto che se il famoso “contratto Marchionne” era funzionale a garantire stabilità strategica, lavoro, occupazione e salari più alti negli stabilimenti italiani, questa operazione si è dimostrata un vero e proprio fallimento. L’applicazione del Ccsl, il contratto specifico di gruppo, non ha favorito infatti in alcun modo gli investimenti, soprattutto quelli in tecnologia. Il sindacato, in questo modello di rappresentanza dove “rappresenti solo se firmi”, viene esautorato del tutto della sua capacità negoziale e contrattuale. In un contesto del genere non c’è possibilità di intervento contrattuale sulla condizione lavorativa e salariale, dove invece le condizioni lavorative stanno via via sempre peggiori”.
“Come già sappiamo, – aggiunge la nota – gli studi affermano che il settore automotive rischia di subire pesanti perdite occupazionali dovute in particolare al processo di transizione ecologica e digitale del settore dell’auto. I governi che si sono susseguiti però non hanno impresso nella loro iniziativa una vera e propria programmazione di questo processo e ancora oggi sembra che si guardi con poca convinzione alla transizione ecologica ed al passaggio sulle nuove tecnologie. Spagna, Germania e nel caso di Stellantis la Francia sembrano essere molto avanti sulle loro politiche industriali per il settore dell’auto, gli investimenti sembrano essere meglio indirizzati e soprattutto meglio controllati direttamente dai Paesi coinvolti. Emblematica la differenza, proprio in merito a Stellantis. Il peso con cui il governo francese entri di prepotenza nel quadro complessivo e strategico dell’azienda con la stessa che mette al centro la Francia ed i suoi stabilimenti, lasciando ai margini produttivi l’Italia. A fronte di tutte queste brevi considerazioni, la nostra organizzazione sindacale si interroga su cosa resterà sul nostro territorio nazionale”.
“L’Usb ritiene necessarie le seguenti proposte di intervento per scongiurare la morte del settore automotive e crisi epocale nel nostro Paese: l’ingresso dello Stato nell’azionariato del gruppo, considerando la storia di Fiat per il nostro Paese e ricordando le molteplicità di intervento economico in suo favore da parte dello Stato italiano durante lo scorso secolo, sia per incidere nelle decisioni sia per spianare la strada all’ingresso dei lavoratori nella partecipazione alle scelte aziendali; Concessione degli incentivi di Stato solo a fronte di un piano di assunzioni stabili e investimenti garantiti sul suolo italiano; rientro in Italia le produzioni di modelli auto utilitarie che da sempre hanno reso competitivi gli stabilimenti italiani nel settore creando anche molta occupazione; intervento legislativo in merito alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per scongiurare gli effetti potenzialmente disastrosi che produrranno la digitalizzazione delle produzioni e la transizione energetica, nonché stimolare il gruppo Stellantis a investire in ammodernamenti degli stabilimenti invece di contare sulla possibilità di gravare sui lavoratori con compressione dei diritti e dannosi aumenti di ritmi e carichi di lavoro“.
“L’esempio della Germania – sottolinea – andrebbe considerato, in quanto con la scelta di riduzione dell’orario di lavoro fatta a suo tempo, si sono poi registrati forti investimenti e aumenti di produttività. Che il governo faccia nel settore automotive forti investimenti in ricerca e faccia ripartire progetti accantonati in passato: citiamo l’esempio del progetto “Polo Automotive” in Val di Sangro ad Atessa per anni annunciato, per il quale la Regione Abruzzo aveva anche individuato i fondi, ma che non ha mai preso il volo“.
“Vorremo ricordare – conclude l’Usb – che è in corso una trattativa per il rinnovo contrattuale (Ccsl), che ci vede ovviamente esclusi, sulla quale i lavoratori non hanno potuto proferire/proporre nulla né per l’organizzazione del lavoro, né per una vera democratica rappresentanza sindacale e che già da adesso stabilisce il mancato recupero del potere di acquisto dei salari dei dipendenti rispetto all’inflazione a due cifre del 2022, che certifica il mancato recupero dell’inflazione non contemplata nello scorso rinnovo contrattuale e alla quale Stellantis deve far fronte“.