LANCIANO – “Continuano i fermi all’ex Sevel in Val di Sangro, segnali che non ci fanno stare tranquilli per il futuro occupazionale dei lavoratori lancianesi e di tutta la Val di Sangro. Negli ultimi mesi del 2021 e per i primi nove mesi del 2022 il mercato del lavoro nell’area, primo bacino occupazionale della Frentania, è stato caratterizzato da un forte clima di incertezza e ha visto diverse aziende ridurre la propria forza lavoro, con numeri consistenti”. Lo fanno sapere in una nota congiunta Rita Aruffo e Stefano Luciani di Europa verde Frentania.
“Nell’azienda più importante dell’area, – sottolinea la nota – l’ex Sevel con quasi 6mila dipendenti, non sono stati rinnovati circa 450 contratti di somministrazione (sia a tempo indeterminato sia a termine). Alla Trigano Van quasi 150 lavoratori sono stati lasciati a casa. Alla San Marco ha licenziato 50 lavoratori e la Compi, che ha chiuso i battenti a giugno 2022, ha mandato a casa gli ultimi 50 lavoratori. A giugno 2022 erano circa 1500 gli occupati persi, un numero considerevole e preoccupante per il futuro delle famiglie frentane. Alla luce di questi dati, Europa verde Frentania chiede che si prendano le opportune iniziative e decisioni politiche, in considerazione anche degli allarmanti dati rilevati per il 2022 che ci dicono che l’occupazione in Abruzzo subisce un vero e proprio tracollo. La regione Abruzzo è all’ultimo posto della graduatoria nazionale. Cresce la disoccupazione, mentre diminuisce in quasi tutte le altre regioni“.
“È il peggior risultato degli ultimi 10 anni. In Abruzzo – affermano Aruffo e Luciani – tra gli ultimi mesi del 2021 e i primi tre mesi del 2022 gli occupati sono scesi di 39mila unità. I dati posizionano la nostra regione all’ultimo posto della graduatoria nazionale. Nell’industria (-11,3% vs +0,9%) e nel commercio, negli alberghi e nei ristoranti (- 10,1% vs +3,4%) le flessioni hanno determinato il posizionamento dell’Abruzzo all’ultimo posto della graduatoria nazionale. Anche la disoccupazione registra dati allarmanti, con un incremento di tremila disoccupati con un totale nel III trimestre 2022 di 48mila disoccupati. Non va certo meglio con la dinamica dell’impresa, con dati che pongono l’Abruzzo al penultimo posto della graduatoria nazionale. Infatti sono altrettanto preoccupanti i dati sulla salute delle imprese abruzzesi“.
La Camera di Commercio di Chieti Pescara ha analizzato i dati Istat e Infocamere evidenziando la sofferenza delle nostre imprese: “Le due province, insieme, presentano una percentuale di crescita pari allo 0,3% contro lo 0,8% italiano e il 3,9% del Mezzogiorno. Al 31 dicembre 2022, le imprese registrate alla Camera di commercio Chieti Pescara sono 81mila 354, in diminuzione dell’1,8% rispetto allo stock registrato alla fine del 2021, quando erano 82mila 875 (circa mille 500 imprese in meno). Questa riduzione del saldo positivo – rileva l’ente camerale – è dovuta a un fenomeno totalmente nuovo rispetto al passato quando, pur di fronte a un aumento costante delle cessazioni, si manteneva alto il livello delle nuove iscrizioni. Stavolta, le nuove iscrizioni registrano un saldo negativo del -10,6% passando da 4mila106 a 3mila 672. La diminuzione delle iscrizioni è maggiore nella provincia di Chieti (-12,4%) rispetto a quella registrata nella provincia di Pescara (-8,6%).
Le cessazioni d’ufficio aumentano in misura maggiore nella provincia di Pescara (+11,1%) rispetto all’aumento in quella di Chieti (+2,4%). In particolare c’è una interessante e complessa analisi di Angelo Orlando, senatore della Repubblica eletto nel 1994 e consigliere regionale per due mandati, che più volte ha affrontato il tema delle politiche industriali di fusione societaria, sottolineando le prospettive ed i pericoli nella situazione di crisi del sistema industriale in Val di Sangro. C’è da chiedersi quale consapevolezza ci sia nella politica nazionale e regionale sulle tecniche di destrutturazione dei sistemi industriali e come ci si stia adoperando in Abruzzo per tutelare produzione e occupazione. Indubbiamente ci sono problemi che nascono dalla crisi dei componenti, dalla guerra in atto, dalla super valutazione del dollaro, ma tutto questo non è sufficiente a fornire una lettura corretta e consapevole che provi a ricercare strade diverse di interpretazione e soluzione.
“I segnali non sono confortanti, – continua la nota di Europa verde Frentania – soprattutto da parte di Stellantis, che fin da subito, attraverso la voce del suo amministratore delegato Tavares, ha parlato di costi proibitivi per la produzione negli stabilimenti italiani. Si aggiungano poi gli accordi con la Polonia, dove viene avviato uno stabilimento “gemello” di quello di Atessa per la produzione di veicoli leggeri, che dalla sua nascita, secondo fonti sindacali, non ha avuto problemi, o quasi, di approvvigionamento come quelli avuti nello stabilimento abruzzese. Inoltre Stellantis ha preso accordi anche con l’Algeria per l’apertura di uno stabilimento di produzione, che sembrerebbe anch’esso destinato alla produzione di veicoli commerciali leggeri. Intanto il sito produttivo francese ex Sevel Nord diviene Stellantis Hordain e, grazie ad una serie di cospicui investimenti, oggi è uno stabilimento all’avanguardia per la produzione di veicoli commerciali leggeri a idrogeno ed elettrici, oltre che ai “tradizionali” termici“.
“L’azienda inoltre conferma la volontà di continuare a investire nel sistema industriale francese, non mostrando nei fatti la stessa volontà nel mercato italiano. Lo stabilimento Fca della vicina Termoli ha iniziato la sua campagna di esuberi, al momento sono previste oltre 300 dimissioni volontarie, con incentivi all’uscita entro marzo 2023. In sostanza – aggiungono Aruffo e Luciani – quello che viene fuori da analisi ed informazioni è la prevalenza dell’interesse industriale in Francia, contro quella dell’interesse finanziario per l’azionista di riferimento in Italia, con un pregiudizio evidente per i lavoratori addetti. Un quadro che riteniamo estremamente allarmante e che pare ignorato dall’attuale governo della Regione, che dal canto suo, non mette in campo serie iniziative per un cambio di rotta. In questi giorni, – concludono – nei quali si dibatte anche di autonomia regionale differenziata, ci adopereremo per realizzare una iniziativa a livello comunale, provinciale e regionale affinché si possa valutare la portata di questi dati sul lavoro, sulle politiche industriali in regione, al fine di adoperarci tutti con le opportune iniziative per stimolare, anche a livello nazionale, la ricerca di soluzioni idonee a supportare il mercato del lavoro e l’economia del nostro territorio”.