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Il nuovo Umanesimo

Una riflessione del professore-scrittore sul rigetto della "cultura woke" in favore di una conoscenza inclusiva della ricca diversità dell'esperienza umana. "Tutti gli studenti meritano un'istruzione inclusiva e non uniforme e omogenea che erige solo alte mura isolando le minoranze"

di Elio Bitritto

VASTO – Chi siamo noi? Una domanda che nella sua semplicità riassume la complessità della vita degli esseri umani da più punti di vista culturale, artistico e filosofico: così come quello del 1400 che dall’Italia si diffuse in Europa, forse nel tentativo di una visione unitaria dell’Italia, si propone di porre l’uomo al centro dell’universo.

Questa mia idea è chiaramente ispirata dal rigetto di quella che viene definita “cultura woke” dove non capisco la relazione tra le parole “cultura” e “woke”. In pratica gruppuscoli minoritari, nel lodevole tentativo di dar voce alle minoranze, hanno travolto le inesistenti difese del comune sentire in nome di un puritanesimo bigotto non solo in senso morale ma anche in senso culturale più ampio. Di qui una sorta di autocensura tipo i “flagellanti” che praticavano l’autoflagellazione come pratica religiosa e mezzo per ottenere da Dio la fine di guerre o epidemie sull’altare di una sorta di auto-sacrificio umano.

Il risultato è quello di discreditare chi la pensa diversamente, irridendolo se non espellendolo dalle istituzioni di cui fa parte. Il risultato è soprattutto quello di uniformare, omogeneizzare singoli gruppi sociali, di erigere alte mura per le minoranze isolandole ancor di più invece di superare, sia pure faticosamente e tra mille contraddizioni le barriere. Lo abbiamo visto nelle università americane (da cui proviene gran parte delle “chewing gum” di cui ci nutriamo) e lo abbiamo visto nelle università italiane (vedi Ratzinger e Capezzone, due nomi tra i tanti) in nome di una presunta superiorità morale, intellettuale e culturale che non ha ragione di esistere.

Ciò posto si giustifica così la follia di una revisione della storia e della cultura in generale che prevede una lettura profondamente diversa in cui c’è gente che si fregia del titolo di intellettuale che, non avendo nulla da dire, propone punti di vista opposti a quelli del comune sentire, devastanti per gli effetti che si traducono nel “pentimento” postumo delle nefandezze (secondo loro) che i nostri “avi” avrebbero fatto. Così si registra un “abbasso Colombo” che con la scoperta dell’America sarebbe alla base del “furto” di un popolo da parte degli “immigrati bianchi” e dello stesso schiavismo, “abbasso Abramo Lincoln” più o meno razzista anche lui, “abbasso Winston Churchill” razzista e stragista, e così via senza portare il ragionamento fino in fondo e cioè fuori tutti i bianchi e tutti i neri dall’America e restituzione delle terre ai nativi da Nord a Sud. Cosa dire della “condanna all’oblio” di parole come “padre e madre” o “maschio e femmina” in nome di ciò che ciascuno “sente” e così giustificando gli stupri delle carcerate da parte dei carcerati che dichiarano (forse sul loro onore) di “sentirsi” femmine.  Non poteva mancare l’attacco di un ipocrita puritanesimo ai grandi classici della letteratura greca e latina.

A proposito di letteratura cosa dire della “guerra” ad Ovidio da parte di quattro studenti della Columbia University: questi lamentavano che nelle “Metamorfosi” venivano descritte come angoscianti “… le vivide rappresentazioni di stupri e aggressioni sessuali” dimenticando, forse, che nel cinema le scene di “cuori estratti ed ancora pulsanti”,  gli stupri, le sparatorie e gli accoltellamenti con schizzi di sangue e chi più ne ha più ne metta, sono la prassi. Tutto ciò in attesa che anche “Padre Dante” venga preso in … esame.

L’obiettivo di questi negazionisti del tempo, della morale, della cultura, dell’evoluzione è quello di abolire, negare lo studio tradizionale e creare un programma “più inclusivo attraverso un curriculum più equo e una pedagogia antirazzista al fine di poter realizzare un mondo più giusto. Tutti gli studenti meritano un’istruzione che includa la ricca diversità dell’esperienza umana“. E qui la contraddizione è evidente “inclusione della ricca diversità di esperienze umane” e, contemporaneamente, “eliminazione di quelle politicamente non corrette secondo l’indebita presunzione di essere unici capaci di esercitare il ruolo di educatori”: in pratica in nome di una supposta contrarietà alla censura questa viene applicata nelle sue espressioni più ipocrite ed oscene.

Di qui, dunque un appello rivolto soprattutto ai dirigenti scolastici, ai docenti, agli ex alunni, agli studenti perché la cultura umanistica, nelle sue varie forme, risponda ad una sfida che si prefigge di mettere una “divisa” uguale a tutte le menti “mortificandone” le diversità, le genialità, le fantasie.

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Il risultato è quello di discreditare chi la pensa diversamente, irridendolo se non espellendolo dalle istituzioni di cui fa parte. Il risultato è soprattutto quello di uniformare, omogeneizzare singoli gruppi sociali, di erigere alte mura per le minoranze isolandole ancor di più invece di superare, sia pure faticosamente e tra mille contraddizioni le barriere. Lo abbiamo visto nelle università americane (da cui proviene gran parte delle “chewing gum” di cui ci nutriamo) e lo abbiamo visto nelle università italiane (vedi Ratzinger e Capezzone, due nomi tra i tanti) in nome di una presunta superiorità morale, intellettuale e culturale che non ha ragione di esistere.

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