CHIETI – Un telefono cellulare, regolarmente funzionante, è stato sequestrato nella Casa circondariale di Chieti dal personale di polizia penitenziaria.
A dare la notizia è Giuseppe Ninu, segretario regionale del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe. “È sempre grazie all’alta professionalità del personale di polizia – ha detto Ninu – che ancora una volta si è riusciti a garantire la sicurezza interna dell’istituto. Durante le operazioni di perquisizione ordinaria, gli agenti insospettiti dalle viti delle cerniere lievemente svitate di un armadietto in uso ai detenuti, ha effettuato un accurato controllo togliendo completamente le piastre delle cerniere dell’anta”.
“Hanno così rinvenuto, – si legge nella nota – in un incavo appositamente fatto, un microtelefono cellulare. Oramai anche il rinvenimento di cellulari, così come le aggressioni al personale, sta facendo statistica e senza un immediato intervento dell’amministrazione sarà sempre più difficile garantire la legalità e la sicurezza all’interno dei penitenziari italiani”.
“La pur significativa carenza organica del penitenziario – continua la nota – viene colmata dalla grande professionalità degli uomini e donne della polizia penitenziaria, che hanno posto in essere questa operazione. Sulla questione relativa all’utilizzo abusivo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi che mettano in grado gli agenti di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi, che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo“.
Netta la denuncia di Donato Capece, segretario generale del Sappe. “Non sappiamo più in quale lingua del mondo dire – ha aggiunto Capece – che le carceri devono essere tutte schermate all’uso di telefoni cellulari e qualsiasi altro apparato tecnologico che possa produrre comunicazioni. Il Corpo è quotidianamente impegnato nell’attività di contrasto all’introduzione di telefoni cellulari e alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori. E nonostante la recente previsione di reato nel codice penale per l’ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni, il fenomeno non sembra ancora attenuarsi. Vanno adottate soluzioni drastiche, come la schermatura delle Sezioni detentive e degli spazi nei quali sono presenti detenuti all’uso dei telefoni cellulari e degli smartphone”.
“Non si può continuare così – ha concluso il segretario generale del sindacato Sappe – . La tensione che si vive nelle carceri è costante e lo sanno bene gli uomini e le donne della polizia penitenziaria che ogni giorno sono vittime di aggressioni, umiliazioni, improperi, ferimenti, risse e colluttazioni da parte della frangia violenta dei detenuti. Servono con urgenza provvedimenti. E la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere”.