VASTO – La morte di Simone Maccarone, scomparso lo scorso 24 gennaio, è stata denunciata dai familiari dell’uomo alla Procura della Repubblica di Pescara che ha aperto un fascicolo d’indagine e disposto l’esame autoptico.
Simone Maccarone, di 52 anni, nativo di Poli (Roma), residente a Vasto, scontava una pena per spaccio di sostanze stupefacenti. Era sofferente da diversi anni.
Negli ultimi venti giorni era stato ricoverato per un crollo della sua situazione clinica. Dal carcere di Pescara era stato trasferito all’ospedale di Popoli dove era stata diagnosticata una pericardite acuta. Quindi rispedito alla casa circondariale “San Donato”, trasportato al Santo Spirito, riportato in carcere, nuovamente ricoverato e infine morto per circostanze ancora da chiarire.
A Zonalocale è intervenuto Alessio Maccarone, fratello della vittima, che dichiara: “Vogliamo chiarezza per Simone.
Aveva diversi problemi di salute. A cominciare dall’apnea notturna, per passare alla bulimia, al diabete, a problemi di natura psichica, e solo in ultimo alla pericardite acuta. Negli ultimi anni era diventato parecchio fragile, quindi attraverso i nostri legali avevamo più volte chiesto l’incompatibilità con il regime carcerario, ma questa puntualmente veniva rigettata. Ora Simone è morto. Quindi è la dimostrazione che non era affatto compatibile“.
Una lunga sofferenza fino al decesso.
“Nelle ultime settimane era stato ricoverato all’ospedale di Popoli – continua Alessio Maccarone – dove era stata riscontrata una pericardite acuta . Dopo qualche giorno in osservazione, era stato spedito in carcere, curato addirittura con il brufen. Il dolore non passava, quindi successivamente era stato trasferito all’ospedale Santo Spirito di Pescara. Lì è rimasto una settimana.
Dimesso giovedì 19 gennaio, prima della somministrazione di morfina. Dalla morfina al ritorno in carcere. E’ normale? Difatti da quel giorno a lunedì 23 gennaio, Simone si era fatto sentire solo in due circostanze: una volta con la madre e una con il proprio legale. Entrambi lo avevano sentito molto provato.
Ora noi ci chiediamo: perché è stato rimandato in carcere se i medici avevano somministrato la morfina? Perché non è stato creduto quando lamentava dolori ed era privo di forze?. Lunedì mattina i medici non ci hanno nemmeno contattato per comunicarci il ricovero. Ci hanno chiamato soltanto alle 16 perché era finito in rianimazione. Il giorno seguente, un messaggio all’avvocato per dichiarare il decesso”.
Alessio Maccarone è deciso. Vuole portare avanti la battaglia:” E’ una lotta, non solo per fare luce sul decesso di Simone, ma anche e soprattutto per tutelare i detenuti, spesso trattati come carne da macello. Mio fratello si comportava bene, andava regolarmente in chiesa. Non importunava nessuno.
Ha subìto stress, problemi di salute, vessazioni. Era caduto in una profonda depressione. Ma tutto ciò secondo alcuni era normale e compatibile con la detenzione. Ora vogliamo chiarezza, perché crediamo che con la giusta attenzione sarebbe andata in maniera diversa. Aspettiamo l’autopsia. Promettiamo battaglia finché non avremo la verità”.