di Fabrizio Scampoli
VASTO – Da qualche giorno la situazione ospedaliera è tornata al centro dell’ attenzione dei media e dei social. Infatti, la sanità italiana e abruzzese vivono una fase di crisi profonda e, secondo Alessandro Grimaldi, presidente del sindacato Anaao, e primario del reparto di Malattie infettive del San Salvatore dell’Aquila, nonché coordinatore della conferenza permanente dei segretari regionali e delle Province autonome dell’Anaao, il pericolo è che “se l’attuale governo non interviene subito, la sanità pubblica rischia lo smantellamento a tutto vantaggio della sanità privata, che molti cittadini non potranno permettersi”.
Ad aggravare il quadro della situazione, già di per sé drammatica, si aggiungono i dati aggiornati a gennaio 2021 della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) secondo i quali gli infermieri in Italia, compresi quelli di famiglia e comunità, sono 33mila circa, ma il fabbisogno ideale per gli ospedali dovrebbe essere di 63mila, con un ammanco mostruoso di altri 30mila. In Abruzzo sono 740 con un fabbisogno calcolato in 1759, con un deficit dunque di 1.019.
In base alle dimensioni regionali, ne mancano quasi 27mila a Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.
I freddi numeri delle statistiche fotografano una Nazione e un territorio in cui si è abbastanza vicini al coma depassé, cioè a una situazione di non ritorno.
Ma perché stiamo assistendo a questa grande fuga di medici e infermieri dall’Italia e, nello specifico, dalla nostra regione?
Il motivo è semplice e giustifica quanto sta succedendo in ambito sanitario: un infermiere in media guadagna 1400 euro al mese netti, che costituiscono una delle busta paga più misere in Europa, mentre, ad esempio, nella vicina Svizzera, dove si stanno rifugiando i sanitari italiani, gli stipendi base possono toccare anche i 3500 euro netti mensili.
E allora, che fare? Quale potrebbe essere la “ricetta” giusta per la sanità pubblica italiana? Secondo il dottor Grimaldi, il nuovo esecutivo, se vuole evitare lo smantellamento del sistema sanitario nazionale, e frenare la fuga di medici e infermieri all’estero, deve al più presto alzare le retribuzioni, eliminare i tetti di spesa per le assunzioni, snellendo anche le procedure concorsuali e rimpiazzando medici e infermieri andati in pensione.
Solo così, forse, la sanità pubblica recupererà il perduto ruolo sociale.