VASTO – Audacia, intraprendenza e follia: sono queste le caratteristiche che descrivono le persone in grado di sfidare i propri limiti. Come Lorenzo Barone, il protagonista di questa incredibile avventura che stiamo per raccontarvi.
Lorenzo è un ragazzo di 25 anni. Vive a San Gemini (Terni) e dal 2015 dedica la sua vita in giro per il mondo con la sua bici. Oggi è tra i più seguiti in rete dagli appassionati di bikepacking.
Ospite a Radio DeeJay, invitato al programma “Kilomangiaro – Tutte le facce del mondo” su Rai3, il giovane ciclo-viaggiatore sarà a Vasto, sabato 14 gennaio , alle ore 18, nella sala conferenze del CAI in via delle Cisterne, per un evento a cura di Claudia Guidone.



Lorenzo Barone, a che età hai iniziato a viaggiare?
All’età di diciotto anni. Sono andato fino in Portogallo, passando dal Nord della Francia e della Spagna.
Come ti eri organizzato?
Oggi è più semplice perché tra YouTube ed Instagram si possono trovare diversi canali da cui attingere informazioni. Nel 2015, invece, erano davvero pochi gli utenti sul web, e gli unici presenti parlavano in inglese, allora una lingua per me sconosciuta. Dovetti quindi arrangiarmi. Trasformai alcune taniche di plastica in borse, non disponevo di grandi risorse economiche. Poi con il passare degli anni ho cominciato a perfezionare sempre più l’equipaggiamento.

Prima dei diciotto anni quali sport hai praticato?
Tiro con l’arco, parkour, calisthenics. Poi all’età di 17 anni ho iniziato a programmare viaggi. Iniziavo ad apprezzare il contatto con la natura, giravo per i boschi. Mi ero distaccato dalle persone. Mi stava stretta la scuola, condividere la classe con altri ragazzi, tutto ciò non mi rappresentava. Quindi ho cominciato ad allontarmi piano piano, ho preso la bici e sono partito.
Nessuna passione precisa alla base di questo percorso.
Esatto, ma solo la voglia di uscire dalla quotidianità.
Il viaggio più lungo che hai affrontato?
All’età di 19 anni sono stato fuori quasi 8 mesi. Da un punto di vista chilometrico, l’ultimo: 20.733 km in poco più di sette mesi. Dal Sudafrica ho percorso tutto il continente africano. Poi Turchia, Georgia, Russia, Kazakistan, Russia e Siberia.



Quanto pesa la bici per sostenere un percorso così lungo?
Ho l’equipaggiamento in base al clima e all’ambiente che decido di percorrere. Il peso della bici varia dai 27 ai 75 kg, a seconda delle stagioni. Se pedalo in Africa ho una trentina di kg di equipaggiamento, in Jacuzia, per esempio, ne avevo 75 kg perché dovevo vivere in linea con quelle temperature (-50°), dormire in tenda, cucinare per terra, quindi disporre di tutto il necessario: fornello, benzina, sacco a pelo pesante, giaccone, giacca leggare e da spedizione, scarponi da -30° e -70°.



Non hai mai avuto paura dei pericoli?
Una sola volta. Quando mi hanno arrestato in Etiopia. Quando c’è l’essere umano con le armi che può decidere per te non è bello. Ero a 32 km dal Sudan. I militari mi fermano per strada, mi portano in caserma, mi svuotano le borse e rimettono tutto dentro. Penso di liberarmi. Niente. Camminiamo per un’ora senza sapere dove con quattro persone armate che nel frattempo mi sequestrano il telefono. Arriviamo dalla polizia e trovo prigionieri somali. I militari sono aggressivi con loro, perché litigano in cella. Quindi li invitano ad uscire fuori, li mettono in ginocchio e li frustano. Io passo tutta la notte chiuso in una stanza da solo. Mi riconsegnano il cellulare. Solo il giorno seguente riesco a mettermi in contatto con un amico tramite il quale riesco finalmente ad uscire.



Se dovessi descrivere con una parola ciò che ti spinge ad affrontare tutto questo, quale sceglieresti?
Curiosità. Indipendentemente dal motivo specifico, che può essere una prova personale, una cultura che non conosco, un clima oppure altro. In Jacuzia sono andato per le temperature, volevo sapere cosa significasse realmente vivere con -50°, -60°. Per fortuna sono rimasto a vivere lì un anno e mezzo anziché due mesi, perché era il periodo della pandemia, il governo aveva chiuso le frontiere con l’Europa. In quel lungo periodo sono riuscito anche a entrare in contatto con la popolazione locale, ho conosciuto una ragazza, con la quale mi sono fidanzato e poi sposato.

Qual è l’aspetto che ti affascina di più durante le avventure?
Ogni viaggio inizia con un’idea e termina in maniera diversa. Questo aspetto puntualmente mi permette di tornare a casa più ricco. In Marocco, per esempio, sono andato per pedalare nel Sahara, invece sono stato attratto dalle montagne dell’Atlante. Parto con un’idea e torno con un’esperienza completamente diversa. Distruggo le immaginazioni iniziali. Scopro la realtà e questo mi affascina, difatti odio ripercorrere la stessa strada. Cerco sempre ambienti, paesi e percorsi nuovi.



Sui social sei seguitissimo. Tra Facebook e Instagram conti più di 300.000 followers, tra i quali spiccano anche personaggi famosi, uno su tutti, Lorenzo Jovanotti. Qual è il messaggio che ti senti di dare ai tuoi seguaci?
Sì, con Lorenzo sono in contatto. Mi ha iniziato a seguire quando non avevo ancora raggiunto questi numeri. Durante i vari spettacoli del Jova Beach Party ha proiettato alcuni filmati delle mie avventure in giro per il mondo.
Il messaggio che voglio trasmettere ai ragazzi è questo: inseguite gli obiettivi e ignorate chi prova a criticare o trovare limiti. Quando decisi di iniziare questo percorso, dicevano che non sarei arrivato neanche a Milano (ride ndr). Circondatevi di persone che credono in voi, se ci sono. Altrimenti ascoltate semplicemente voi stessi.