ABRUZZO – In Cina tutto è come tre anni fa: come spiegato da diverse testate giornalistiche nazionali, dopo il rinnovo della dirigenza con un inedito terzo mandato a Xi Jinping e la chiusura del ventesimo congresso del Partito Comunista Cinese, il governo della Repubblica Popolare ha invertito la rotta e la politica di gestione del virus. Dopo tre anni di strategia “Zero Covid”, infatti, l’amministrazione ha deciso di allentare tutte le misure restrittive, aprendo le frontiere e dando modo ai cittadini di spostarsi liberamente.
Molti giornalisti, osservatori e attivisti occidentali per i diritti umani hanno spesso puntato il dito indignati verso Pechino nei mesi passati, quando il “Paese di mezzo” era stretto nella morsa dei lockdown e dei tamponi a tappeto nonostante i pochi casi giornalieri. Ora che questa strategia è stata sostituita dalla svolta liberista che in molti chiedevano, i contagi sono schizzati alle stelle e gli ospedali locali del gigante asiatico sono pieni come mai prima d’ora. Secondo il Guardian, che ha sentito esperti inglesi, in Cina in questo momento ci sarebbero più di 9mila morti ogni giorno, e il picco è atteso a metà gennaio con circa 25mila decessi quotidiani. Come avvenuto all’inizio del 2020, il Paese asiatico ha smesso di pubblicare il numero dei nuovi casi e dei decessi. Decisione presa forse per non diffondere il panico, per non mostrare al mondo intero una leadership in grossa difficoltà, o entrambe le cose. Ad ogni modo il virus adesso fa davvero paura, e non solo in Cina.
Anche dalle nostre parti la situazione è in continuo cambiamento. Il numero dei positivi rimane stabile. Questo però è dovuto, come spiegato dagli esperti, dal ridotto numero di tamponi effettuati in questi giorni di festa. Il tasso di positività in Abruzzo nel giro di una settimana è arrivato al 19,63%, rispetto al 16,53% della precedente.
A livello nazionale cresce la preoccupazione degli esperti. Il virologo Fabrizio Pregliasco dichiara a Fanpage che “al momento non c’è nessun allarme, ma bisogna preparasi allo scenario peggiore“. Anche Crisanti, microbiologo e senatore del Pd, cerca di smuovere la maggioranza al governo del Paese: “Le misure attuali sono un colabrodo, stesso errore di tre anni fa. Gli errori di allora sono comprensibili, per scarsa esperienza e ingenuità, quelli di oggi sono ingiustificabili e colpevoli“, ha gridato dai banchi del Senato giovedì pomeriggio.
Il governo Meloni ora è alla prova dei fatti, scalda i motori e si prepara ad affrontare eventuali emergenze dopo aver duramente attaccato la gestione e il controllo della pandemia da parte dei due esecutivi precedenti, guidati da Giuseppe Conte e poi Mario Draghi. Il ministro della salute Schillaci da parte sua cerca di rassicurare tutti, ma allo stesso tempo convoca l’unità di crisi e nei palazzi romani le riunioni sono una dopo l’altra. Segno che c’è poco da star tranquilli. Tutto questo dopo aver introdotto l’obbligo di tampone a tutti i passeggeri provenienti dalla Cina con voli diretti. Una soluzione per il governo necessaria, per alcuni inadeguata dal punto di vista sanitario e per altri ancora discriminatoria.
Fino al 30 aprile, intanto, le mascherine saranno obbligatorie per accedere negli ospedali e nelle Rsa. E sempre il ministro della salute anticipa che qualora dovesse essere necessario, il governo “suggerirà” a tutti di procedere con la quarta dose di vaccino, con la raccomandazione di indossare sempre le mascherine. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è coerente con quello che la prima premier donna della Repubblica urlava dai banchi dell’opposizione tre anni fa: responsabilità senza allarmismi e forzature.
La linea appare quindi diversa dal passato. Funzionerà?