VASTO – La redazione di Zonalocale ha deciso di pubblicare due sere fa un appello arrivato da un avvocato vastese che per caso ha ritrovato una tessera sanitaria e ha pensato di consegnarla al più presto al proprietario.
Segnalazioni di vario genere che quotidianamente arrivano nelle redazioni di tutto il mondo, soprattutto nelle testate locali. E noi giornalisti siamo orgogliosi di riceverle perché nel 70 per cento riusciamo a risolvere il problema solo con la pubblicazione. È il nostro lavoro – non quello di risolvere i problemi, certo – ma di rendere partecipe il maggior numero possibile di persone che un familiare, amico, conoscente, estraneo ha bisogno d’aiuto. Succede quando un animale domestico si perde, una buca per strada diventa pericolosa oppure ci scrive un utente perché esausto di subire disservizi.
Ma Zonalocale riceve anche molte richieste di ringraziamento, di Voi che, per un motivo o un altro, siete riconoscenti verso qualcuno e sentite il bisogno di comunicarlo agli altri. Per qualcuno di Voi, ciò vuol dire mancanze di notizie, sarà… Per noi significa costruire il “sentire comune”, l’ascolto di una comunità civile. In altre parole, esprimere la democrazia attraverso l’informazione.
Informazione che significa fornirvi anche dati analitici sui quali sarete Voi a farvi un’opinione. Tornando all’appello di due sere fa, abbiamo pubblicato il post alle 19:25 e alle 19:39 ci ha scritto la persona che aveva perso la tessera quattro anni fa. E sottolineo 4 anni fa, tanto che è stato costretto a chiedere il duplicato. E per ottenere un nuovo documento, si sa che è necessaria la denuncia di smarrimento. Quindi il giovane ha compiuto tutti i passaggi necessari.
Sono bastati 14 minuti di un post sul web e la redazione lo ha messo in contatto con un avvocato che certamente non ha bisogno di farsi pubblicità. E vi spiego il perché: non ha chiesto né di scrivere il suo nome (anche se ci capita di frequente, sappiatelo) né di servirci sul piatto dorato una causa nella quale il suo assistito è uscito assolto da un giudizio di qualsiasi grado.
La scelta di pubblicare il suo nome è soltanto del direttore, cioè mia, che ha ritenuto di farlo perché sapere che un documento personale sia nelle mani di un legale è sinonimo di garanzia, sicurezza, almeno per me.
Poi c’è l’ultimo aspetto, quello relativo alla riservatezza. E mi piace chiamarla così perché amo la mia lingua, l’italiano. C’è qualcuno che ha avanzato l’ipotesi di risalire all’indirizzo di residenza e alla data di nascita sapendo soltanto il nome e cognome e l’anno di nascita. Quest’ultimo pubblicato per evitare un caso di omonimia, avendo il ragazzo un cognome abbastanza diffuso a Vasto.
Allora mi sono precipitata a fare ricerche con questi miei dati (mi piace lavorare così, sperimentare sulla mia pelle prima di danneggiare qualcuno, è una questione di deontologia professionale), ma ahimè non ci sono riuscita. Non ce l’ho fatta e chiedo aiuto a coloro che hanno affermato questa tesi se loro hanno provato e ci sono riusciti.
Però so benissimo – e da molto – che sul web sono inserita in elenchi di enti pubblici di vario genere in cui compaiono per esteso nome e cognome, data di nascita e indirizzo di residenza. Parlo degli albi che per la legge sulla trasparenza degli atti amministrativi (legge 241/1990) devono assicurare la massima circolazione.
E per albo non intendo solo quelli professionali, ma anche quello, per esempio, degli scrutatori o la partecipazione a qualche concorso pubblico o ancora per qualche pagamento ricevuto – per qualsiasi ragione – da una pubblica amministrazione. Perché dico ciò? Perché lo scopo primordiale della legge sulla riservatezza – e perdonatemi se adesso uso l’inglese ma nasce in America questa norma – “Right to be let alone” (“Diritto di essere lasciato in pace“) non è più interpretabile in questo fine 2022 se non con la trasformazione in “Right to be alone” (“Diritto di esser solo“). In questo caso non ci sarebbero stati i 14 minuti di web e il “Grazie” di Egidio.
Auguri di un sereno 2023
Il direttore