PESCARA – È cominciata ieri la tre giorni del processo con rito abbreviato della tragedia di Rigopiano del 18 gennaio 2017 in cui persero la vita 29 persone, tra cui la vastese Jessica Tinari e il fidanzato Marco Tanda. A causa di una valanga di neve generata da uno sciame di scosse di terremoto, crollò l’intero albergo di Farindola (Pescara).
“Abbastanza soddisfatto” e speranzoso di arrivare “almeno al primo grado di giudizio entro gennaio 2023“, così Mario Tinari, papà di Jessica, che sta seguendo con attenzione il procedimento in corso al tribunale di Pescara. Ieri è stata la volta dei pubblici ministeri Anna Benigni e Andrea Papalia. Quest’ultimo ha concluso stamane la sua accusa per dare la parola al procuratore Giuseppe Bellelli e ricostruire l’intero impianto accusatorio di un processo di primo grado che dura ormai da due anni e a distanza di sei dalla tragedia.
Ci sono “responsabilità concorrenti” e “omissioni di responsabilità” per tutti gli imputati nelle dichiarazioni dei pm. A partire dal Comune, Provincia, Regione e Prefettura per non aver dichiarato lo stato d’emergenza e predisposto la distribuzione dei mezzi di soccorso. “Tanti anelli che compongono una catena di errori“, ha detto a Zonalocale Mario Tinari.
“Bisognava tenere determinati comportamenti – ha precisato il pm Papalia – perché è il sistema procedurale multilivello a richiederlo”. Il pubblico ministero non risparmia nessuno in termini di responsabilità, in primis gli uffici tecnici regionali, preposti a redigere il documento di pianificazione per la prevenzione del rischio valanghe, la Clpv, ossia Carta di localizzazione dei pericoli di valanga. “Per principio, – ha specificato Papalia – la responsabilità è più tecnica che politica. Un ritardo inaccettabile“. Il pm ha poi tentato di spiegare che non è stato il terremoto causa della valanga, ma “concausa” perché l’hotel Rigopiano è stato “realizzato in una zona soggetta a valanghe. Chi ha omesso la Clpv è responsabile di questa tragedia”, ha aggiunto.
Il processo è cominciato ieri con il pubblico ministero Benigni che ha fatto i nomi e mostrato le foto delle 29 vittime. Non era mai successo finora in un procedimento con rito abbreviato. “Se questo processo, anziché con rito abbreviato, si fosse svolto in dibattimento, – ha sottolineato Benigni – noi oggi saremo qui ad ascoltare le storie delle vittime e il dolore dei sopravvissuti di Rigopiano“.
“Proveremo a dimostrare il malgoverno degli Enti locali poco interessati alla collettività”, ha affermato la pubblica accusa. “Un passo in avanti dall’ultima udienza“, ha concluso Mario Tinari, papà naturale di Jessica e padre putativo di Marco, che da sei anni aspetta di ascoltare un giudizio sulla morte dei suoi figli all’interno di un’aula di un tribunale italiano in cui c’è scritto “La legge è uguale per tutti”.
Prossimo step del processo, le dichiarazioni delle parti civili e le arringhe della difesa.