PESCARA – I dati dei nuclei familiari richiedenti il Reddito o la Pensione di cittadinanza in Abruzzo e Molise rispecchiano la situazione di crisi e di difficoltà che sta colpendo principalmente i soggetti più fragili, le cui condizioni sociali ed economiche stanno rapidamente peggiorando. Sono, infatti, mille 924 in più le famiglie che nel 2022 hanno richiesto questa misura in Abruzzo e 833 in Molise. Lo rendono noto il segretario generale Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri, e il coordinatore regionale del patronato Inca Cgil, Mirco D’Ignazio.
Complessivamente i nuclei coinvolti sono stati, fino al 30 settembre, rispettivamente 22 mila 890 in Abruzzo e seimila 184 in Molise. Un dato – secondo il sindacato – in linea con la crescita che si è registrata a livello nazionale: come lo scorso anno, infatti, le famiglie abruzzesi richiedenti sono l’1,9% del totale nazionale e lo 0,5% quelle molisane.
In Abruzzo, continua ad essere Pescara la provincia con il maggior numero di richieste (più di seimila rispetto al 2021), seguita da Chieti (con 819 in più dello scorso anno), L’Aquila (+106 domande) e Teramo con 172 richieste in più rispetto al 2021.
In Molise, invece, con quattromila 639 domande, si registra una forte crescita in provincia di Campobasso (+757), mentre il dato di Isernia rimane stabile a mille 545 (+76).
Numeri che rimandano a una situazione di disagio sociale, solo parzialmente mitigata da una misura che mediamente vale, per ogni nucleo, 521 euro in Abruzzo e 524 euro in Molise. Complessivamente le persone che hanno beneficiato della Pensione di citadinanza sono state, nell’anno in corso, 61.903 in Abruzzo e 16.726 in Molise.
Ben più ampia la platea dei beneficiari del Reddito di cittadinanza. Si tratta del 95% di coloro che non lavorano sia in Abruzzo sia in Molise, a conferma che la mancanza di occupazione con un reddito dignitoso è la principale causa di povertà.
In Abruzzo e Molise, così come nel resto del Paese, i nuclei familiari maggiormente coinvolti dal sostegno, sono quelli con un solo componente e quelli con 4 componenti di cui almeno un figlio minore.
“È evidente – spiega la nota Cgil – che ad oggi così come per gli altri ammortizzatori sociali (Naspi e Cassa integrazione straordinaria in primis) a dover essere migliorate sono le politiche attive del lavoro: aiuto e sostegno concreto alla ricerca di un lavoro che consenta un’esistenza dignitosa a chi oggi non ce l’ha”.
“Ben vengano quindi – aggiungono il sindacato e il patronato Cgil – le politiche formative, di competenza delle singole Regioni e finanziate principalmente dalle risorse del Pnrr, che si stanno mettendo in campo. Ma si faccia di tutto affinché siano davvero funzionali a dare risposte ai bisogni di chi non ha un’occupazione e non si limitino ad essere un ‘sostegno’ a enti formativi privati. È necessario, infatti, che da un lato si costruiscano competenze utili per le opportunità che il territorio offre, dall’altro che si monitorino costantemente i risultati della formazione che viene fatta, misurandone anche gli effetti in termini di nuova occupazione prodotta”.
“La Cgil Abruzzo e Molise continuerà a sostenere queste battaglie di giustizia sociale che da sempre la vedono protagonista nelle piazze regionali e nazionali, a prescindere dal colore dei governi che si succedono, con l’unico obiettivo di migliorare le condizioni di vita di lavoratrici e lavoratori e di pensionate e pensionati, affinché nessuno rimanga indietro“, conclude la nota.