ROMA – Il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni è composto da 26 persone, di cui 1 presidente del Consiglio dei ministri (Cdm), 1 sottosegretario, 15 ministri con portafoglio e 9 senza.
Sette sono donne, i restanti 19 sono uomini. L’età media si aggira sui 60 anni circa e la maggior parte di loro proviene dal Nord Italia (14), dal Centro 5 così come dal Sud (5) e 2 dalle isole.
È il 68° esecutivo della Repubblica italiana. A soli 26 giorni dalle elezioni politiche, Giorgia Meloni, dopo aver accolto l’incarico senza riserva, ne ha annunciato la composizione.
Il governo potrà contare su una solida maggioranza in entrambi i rami del Parlamento con 237 seggi alla Camera e 115 al Senato. Determinante, tuttavia, la componente di Forza Italia, rappresentata da 45 deputati e 18 senatori.
L’esecutivo sarà in Parlamento per ottenere la fiducia in entrambe le Camere. Primo voto previsto a Montecitorio martedì, mentre mercoledì si terrà al Senato.
Salvo modifiche, nei primi 10 giorni di novembre dovrebbero essere nominati i vice ministri e sottosegretari, mentre in Parlamento si formeranno le Commissioni permanenti e saranno eletti i rispettivi Uffici di presidenza.
Le Commissioni e gli organi – lo ricordiamo – si rinnovano dopo due anni dalla loro formazione. Infine, atteso per dicembre l’esame del disegno di legge sul Bilancio 2023, con prima lettura alla Camera.
Giorgia Meloni è la prima donna premier nella storia della Repubblica italiana. È nata a Roma, ha 45 anni, un diploma di maturità linguistica ed è giornalista dal 2006.
È già stata deputata per 5 legislature di seguito con Alleanza Nazionale, Popolo della libertà e successivamente con Fratelli d’Italia, di cui è attualmente presidente.
Ha ricoperto anche le cariche di vicepresidente della Camera e ministro per la Gioventù nel quarto governo Berlusconi.
I ministri con portafoglio sono i componenti dell’esecutivo che autonomamente possono decidere la spesa, gli uffici e i funzionari del dicastero che dirigono. Rappresentano i dicasteri più importanti del governo.
Sono chiamati così perché – secondo il Post – l’etimologia della parola è riconducibile alla “cartella che nell’Ottocento i ministri del Re utilizzavano per i soldi (da qui portafoglio, ndr), ma anche per tutti i documenti e le varie pratiche necessarie per le loro funzioni”.
I ministri senza portafoglio, invece, non sono preposti ad alcun dicastero, ma fanno comunque parte della squadra di governo e del Cdm. Dipendono in tutto dal premier e possono operare solo su delega del presidente del Consiglio. Si tratta di una prassi che va avanti dall’Unità d’Italia e garantisce coesione alla maggioranza.