A spasso nel tempo è la nuova rubrica sportiva di Zonalocale: un vero e proprio tuffo nel passato sui momenti più rappresentativi del nostro territorio. Allenatori, dirigenti ed ex atleti realizzeranno con Emanuele Fiore il proprio mosaico di ricordi.
VASTO – Trentasei anni fa l’allora PGS Vasto raggiungeva la massima espressione del basket cittadino, conquistando la prima storica promozione in Serie B2 al termine della stagione 1985-1986.
Protagonista di quell’epoca una squadra composta per buona parte da vastesi: Marino, Laudadio, Desiati, solo per citarne alcuni.
Non solo il 1986. Tutto il periodo degli anni Ottanta scrisse pagine importanti della pallacanestro vastese. Roberto Libbi si inserisce nel novero dei giocatori più rappresentativi di quell’epoca. Cresciuto nella PGS, l’ex guardia indossò la casacca biancorossa fino al 1993.
Roberto Libbi, sono trascorsi quasi quarant’anni dall’epopea della PGS. Oggi come allora il pubblico ricorda con affetto le vostre imprese.
Sì, il pubblico di Vasto ci è sempre stato vicino. Ai tempi della Serie B, il Palazzetto dello Sport era sempre pieno. In quel periodo poi si giocarono diversi derby: Chieti, Teramo, Campli, partite caldissime sia all’andata che al ritorno.
Nelle gare di cartello imparavi a gestire la tensione. A Campli, per fare un esempio, ci buttarono addosso di tutto.
Come riuscivi a mantenere la calma?
Uno degli aspetti più belli dello sport è la capacità di formare. Attraverso il basket, e non solo, impari a non arrenderti, a crederci sempre, a prendere decisioni.
Io ero uno di quelli che eseguiva l’ultimo tiro, non mi sono mai tirato indietro. Lo sport ti insegna a stare in gruppo, a confrontarti con altre persone. Tutte situazioni che poi ho riportato sul posto di lavoro.
Quanto incide la personalità in tutto ciò?
Sì, poi ovviamente c’è la persona. Come in tutti gli ambienti, anche nel mondo lavoro, non tutti sono leader. Ma all’interno di un organico è importante il contributo di tutti. Poi c’è chi si prende la responsabilità e chi no. Ma tutti sono utili.
Dalla Serie D alla B2. In pochi anni la PGS ottenne una serie di promozioni. C’è un campionato tra questi che reputi più bello?
Ricordo il campionato di B2. Era un torneo nel quale iniziavi a confrontarti con squadre di un certo livello. Spesso capitava che cestisti di Serie A scendessero di categoria per questioni anagrafiche o logistiche. Il Chieti annoverava Di Masso, Rossi, Dindelli, tutti provenienti dalla massima serie che ritrovammo in B.
La stagione più simpatica però è quella di Serie C: 1985-1986. Si creò un’atmosfera talmente bella, che riuscimmo a vincere gare che sulla carta avremmo potuto perdere.
In quell’annata espugnammo il parquet di Matelica all’ultimo secondo dopo essere stati sempre sotto. Mai sopra. Sbagliai anche il tiro libero, ma un mio compagno fu lesto nel rimbalzo a fare canestro. Quando ti deve andare bene…
Altri episodi particolari?
Montegranaro. Sotto di due, realizzai il tiro da tre, in area non si poteva entrare per le botte (ride ndr). Dagli spalti un tifoso mi lanciò una scarpa.
A Palestrina ci chiusero negli spogliatoi per una buona mezz’ora. Ci raggiunse la polizia per scortarci all’uscita.
Sai qual era la regola nelle situazioni di pericolo? Allungarsi sul corridoio del pullman. Questo perché una volta rischiammo seriamente. A Porto Sant’Elpidio ci lanciarono le pietre.
Il derby più sentito?
Chieti e Campli. Per alcuni anni si giocò anche il derby vastese. Nei primi anni Settanta, infatti, c’erano due squadre: la Virtus San Lorenzo, creata da Don Mario Pagan, e la squadra dei Salesiani.
Io arrivai nel 1978 con Pasquale Granata, il quale fece un lavoro fondamentale sui giovani. Ricordo gli allenamenti. A volte si giocava sotto la pioggia, in altre circostanza bisognava spalare il campo. Impegno, sacrificio, educazione: questo era e rimane l’essenza dello sport.
La Vasto Basket è l’unica società sportiva vastese a non essere mai fallita. A cosa si deve, secondo te, questo primato?
Da allora ad oggi il filo conduttore è la passione. In questo momento è gestita da Giancarlo Spadaccini, sostenitore sfegatato della pallacanestro.
Negli anni della PGS c’era un forte coinvolgimento familiare: mio padre era parte della società, il presidente del Vasto Basket era Agostino Marino, padre di Marco. Tanti genitori contribuivano, economicamente e non, a formare il gruppo.
Poi arrivarono sponsor importanti che diedero una grossissima mano.
La PGS vantava giocatori di livello. C’è qualcuno, in particolare, che avrebbe potuto compiere un percorso diverso?
La forza della nostra squadra fu dettata dal fatto che uscirono giocatori vastesi di livello. La PGS si dimostrò competitiva. A volte poi ci vuole fortuna.
Nello sport, come nella vita, ci sono treni che passano. A volte riesci a prenderli, a volte meno. Nel mio caso, per esempio, persi un’occasione molto importante. Mi chiamò una squadra di Serie B. Ma l’ultimo giorno di mercato si liberò un giocatore di Serie A.
Avrebbe potuto cambiare la tua carriera?
Non ho la certezza, probabilmente sì. Ma non posso lamentarmi, ho avuto le mie soddisfazioni. Per la cronaca, il ragazzo che ingaggiarono al mio posto, si ruppe il ginocchio dopo cinque giornate. Il sostituto giocò sempre fino ad arrivare in Serie A.