A spasso nel tempo è la nuova rubrica sportiva di Zonalocale: un vero e proprio tuffo nel passato sui momenti più rappresentativi del nostro territorio. Allenatori, dirigenti ed ex atleti realizzeranno con Emanuele Fiore il proprio mosaico di ricordi.
VASTO – Nato a Vasto l’8 ottobre del 1968, Roberto D’Ermilio è stato in assoluto uno dei calciatori più forti del nostro territorio. Oltre 300 presenze tra Serie B e Serie C con le maglie di Bari, Potenza, Ternana, Matera, Turris e Benevento.
Da allenatore una lunga militanza nel Locorotondo, poi una vincente esperienza con la formazione femminile della Pink Bari, con la quale ha condiviso una stagione in Serie B e due in Serie A, ed un presente da responsabile dell’area tecnica della Nick Calcio.
Roberto D’Ermilio, come è nata la tua carriera calcistica?
Iniziai a giocare a calcio con la Bacigalupo. All’età di quattordici anni non ancora compiuti la società mi portò a Bari per partecipare a un provino. Ricordo che mi accompagnò lo storico Gigino Altieri. Lì tentai di iniziare la mia avventura e ci riuscii. Rimasi in Puglia per tutta la trafila del Settore Giovanile fino all’esordio in Serie B con la Prima Squadra.
Come hai vissuto il passaggio da Vasto a Bari?
Se ci penso adesso, mi vengono i brividi. Catapultato da una piccola realtà a una metropoli. Fu un trapasso forte. Ma la passione di inseguire quel sogno mi fece superare tutte le difficoltà. Poi, con il passare degli anni, mi sono inserito sempre di più in questa realtà. Tuttora vivo a Bari.
Ricordi il debutto in Prima Squadra?
L’esordio non si può mai dimenticare: Bari-Triestina presso lo storico stadio Delle Vittorie. Uno squadrone: Maiellaro, Perrone, Lupo, tutti elementi rimasti nel mondo del calcio con cariche diverse. L’allenatore era Catuzzi, deceduto diversi anni fa.
Dopo l’esperienza in biancorosso, il passaggio a Potenza, quindi Terni.
Sì, il Bari mi mandò a Potenza dove rimasi per due stagioni. Alla fine del prestito, tornai nuovamente in Puglia per disputare il campionato di Serie A. Condivisi lo spogliatoio con Massimo Carrera, Antonio Di Gennaro e tanti altri talenti.
Poi ebbi la sfortuna di infortunarmi durante la preparazione. Mi ripresi, poi di nuovo in infermeria. A dicembre quindi la decisione di trasferirmi alla Ternana. Ero giovane, avevo voglia di giocare.
I tifosi rossoverdi ti ricordano per l’eurogol segnato contro il Perugia in quel famoso 8 marzo 1992.
Sono trascorsi esattamente trent’anni. Puntualmente alla vigilia del derby, i giornalisti ternani mi chiamano per ricordare quella partita. A quei tempi salivano solo due squadre in Serie B e in quella stagione Ternana, Perugia e Andria si giocavano il posto per la promozione. Ogni vittoria valeva due punti.
Mancavano pochi match al termine della stagione. Il mio gol fu importantissimo sia per il valore della sfida, sia per la vittoria. Con quel successo, aumentando il distacco dai nostri rivali, ci avvicinammo concretamente alla vittoria del campionato. Ti lascio immaginare i giorni successivi. Quella partita tra l’altro andò in onda su 90° minuto. Altro calcio, altra epoca.
Tre sono stati i momenti più emozionanti della mia carriera: l’esordio in Serie B con il Bari, il gol nel derby e la rete con la maglia della Ternana nella prima partita di campionato contro la Spal.
Poi Matera, Turris, Benevento.
Sì, esattamente. Persi 4 finali play off: una con il Matera, una con la Turris e due di fila a Benevento; in particolare, uno proprio contro la Turris, uno contro il Crotone sul neutro di Lecce.
Qual è stata l’ultima esperienza da calciatore?
Dopo la lunga militanza nei professionisti, giocai quattro anni in Serie D con l’Altamura. Infine in Eccellenza con il San Paolo; lì vinsi il campionato. Poi all’età di 38 anni chiusi con il calcio giocato.
Ormai sono diversi anni che ricopri il ruolo di allenatore. Quali sono state le tappe più significative in questa veste?
Quando decisi di smettere, conobbi un presidente il quale mi affidò la gestione di una nuova società, chiamata per tre anni “Casamassima”, poi Locorotondo. Lì svolsi il ruolo di responsabile della società a 360°: allenavo la Prima Squadra, coordinavo il Settore Giovanile, quindi sceglievo i tecnici, i calciatori, mi occupavo degli accordi economici.
In nove anni dalla Prima Categoria arrivammo all’Eccellenza. Fu un bel percorso. Anche se ripartii da campionati non particolarmente affascinanti, apprezzai l’idea di costruire una società di calcio completamente da zero.
Nella tua carriera puoi vantare anche una proficua esperienza nel calcio femminile. Cosa ci racconti a riguardo?
Sì, ho allenato per tre stagioni la Pink Bari: al primo anno vinsi il campionato di Serie B, quindi il passaggio in Serie A, negli anni in cui il movimento cominciava a decollare con l’ingresso di Juve, Milan e Inter. Un’esperienza spettacolare con società di altissimo livello.
In quell’avventura mi buttai con coraggio, nonostante lo scetticismo della gente. Io ero contento di provare qualcosa di diverso. Nella vita tutto arricchisce. Ancora oggi conservo rapporti con le mie ex calciatrici. E’ stata un’avventura che mi ha insegnato tanto, perché ci sono delle differenze notevoli con il calcio maschile.
Quali in particolare?
Sicuramente la sensibilità delle donne è più marcata. Da questo punto di vista la gestione del gruppo è più difficile. Bisogna avere la capacità di motivare le ragazze con le giuste parole poiché sotto certi aspetti sono più suscettibili degli uomini.
Credo sia comprensibile: hanno vissuto una vita giocando con l’etichetta di “maschiacci” o con l’accusa di promuovere un calcio scadente. Per cui, se un allenatore approccia nella maniera sbagliata, può trasferire messaggi errati. Io, invece, arrivai con tanta umiltà, riuscendo a trarre il meglio da ciascuna di esse. Non pensavo neanche io che il calcio femminile potesse darmi così tanto.
Hai vinto anche un campionato con la Primavera del Monopoli. Considerata la tua onorata carriera, come mai non sei mai stato chiamato per tornare a Vasto?
Professionalmente mi sono formato lontano da casa. In Puglia ho creato una ramificazione di contatti. Con Vasto non c’è mai stato nulla, ma non ti nascondo che se in qualche circostanza fosse arrivata una chiamata, avrei preso in seria considerazione la proposta.
Grande “Robertino”
È stato l’unico nelle giovanili della Bacigalupo a poter sempre giocare con le categorie superiori rispetto alla sua età, un valore aggiunto calcisticamente senza dubbio, ma ancora di più a livello comportamentale, un esempio per tutti.
Un abbraccio.
Alfredo