VASTO – Oggi si celebra la Giornata mondiale della salute mentale, istituita nel 1992 allo scopo di promuovere il benessere mentale, superando lo stigma sociale e le discriminazioni.
Il professor Guido Brunetti, umanista-scienziato di origini abruzzesi, da anni indaga il funzionamento del cervello e della mente, e studia lo sviluppo della persona sia a livello clinico sia con i suoi libri e saggi.
“Il concetto di salute mentale fa parte del benessere, spiega Brunetti. La salute, secondo l’Oms, è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia o di infermità. Secondo il Manuale internazionale diagnostico dei disturbi mentali (Dsm-5), il disturbo mentale è inteso come una sindrome caratterizzata da significativi problemi nel pensiero, nella regolazione delle emozioni o nel comportamento di una persona, che riflettono una disfunzione dei processi psicologici, biologici o dello sviluppo che compongono il funzionamento mentale. Questo disturbo comprende una molteplicità di fattori genetici, neurobiologici, personali, educativi e sociali, i quali sono legati da un complesso e delicato processo di interazione”.
“L’incidenza di persone colpite da disturbi mentali – spiega lo scienziato abruzzese – è aumentata a livello globale. Questi coinvolgono circa il 20 per cento della popolazione e riguardano l’intera vita individuale dall’infanzia all’ultima età. Un recente studio mostra che un adolescente su quattro presenta disturbi di ansia e depressione da Covid”.
“Cresce il disagio mentale – prosegue Brunetti – dovuto anche alla pandemia, alla guerra in Ucraina, alla crisi economica e al malessere esistenziale. Preoccupa soprattutto l’aumento nei bambini e negli adolescenti di disturbi psichiatrici, come problemi di comportamento, stati d’ansia e depressioni. La grande sfida della neuropsichiatria infantile è quella di riconoscere i sintomi già in età precocissima, allo scopo di prevenire e trattare i disagi mentali”.
“Già durante il concepimento, il feto riceve l’eredità genetica dei genitori. Gli stati fisici, emotivi e mentali sia consci che inconsci della madre influenzano lo sviluppo cognitivo ed affettivo del bambino. Tra corpo materno e feto c’è una continua interazione. Il legame primario, il bonding, è un processo graduale, che può essere facilitato dalle risposte degli adulti. Evidenze scientifiche – sottolinea Brunetti – hanno indicato l’importanza del sistema di attaccamento nel processo evolutivo del bambino. Se i primi anni di vita sono caratterizzati da un attaccamento madre-bambino sicuro, il soggetto sarà capace di acquisire un ampio sviluppo delle sue capacità intellettive, emotive e sociali. Viceversa, un attaccamento disturbato influenza la maturazione delle aree del sistema nervoso, determinando esiti psichiatrici che possono avere un impatto negativo con disturbi della personalità e della condotta, disturbi del sonno e del comportamento alimentare, disturbo bipolare e depressione. Un ruolo fondamentale nel legame tra la madre e il bambino viene svolto dall’ossitocina, una sostanza che esercita molte funzioni, come quella di trasmettere affetto, calma, gioia, generosità, fiducia e appartenenza reciproca”.
“In prevalenza, le patologie mentali concernono i disturbi del controllo degli impulsi, il deficit di attenzione e iperattività, il disturbo oppositivo e della condotta e il disturbo esplosivo intermittente. I disturbi di ansia, di separazione e le fobie hanno un’insorgenza molto precoce. Le ricerche degli ultimi anni hanno confermato il forte intreccio esistente tra fattori casuali innati ed ambiente nella genesi dei disturbi psichiatrici”.
“D’accordo con autorevoli neuroscienziati, – aggiunge Brunetti nato a Fraine – riteniamo che le questioni riguardanti la salute mentale saranno una delle principali aree di ricerca del XXI secolo. Occorre fondare le cure psichiatriche su basi scientifiche, impiegando i dati e le conoscenze delle neuroscienze nonché l’uso di tecniche di neuroimaging, che ci consentono di osservare i cambiamenti che avvengono nel cervello dei pazienti prima e dopo il trattamento. In questo modo sarà possibile individuare le forme di cura più efficaci per le diverse categorie di pazienti. È stata proprio la mancanza di cultura scientifica- ha dichiarato il grande neuroscienziato e premio Nobel per la medicina, Eric Kandel – ad aver condotto al ‘provincialismo e all’anti-intellettualismo’ che hanno caratterizzato i metodi di trattamento e hanno segnato la formazione degli psichiatri”.
“Il benessere dei pazienti – conclude il professor Brunetti – è il fine ultimo delle neuroscienze. La base della cura è quella di agire con umanità, gentilezza, competenza e dedizione. In questa visione sarà possibile promuovere la nascita di un nuovo Umanesimo, reso più razionale, fecondo e maturo da una conoscenza più profonda del cervello e della mente.”