VASTO – Grande giornata oggi per il mondo scolastico di Vasto. Due compleanni importanti aspettano le dovute celebrazioni. Si tratta di scuole che hanno formato diverse generazioni di cittadini. L’istituto commerciale “Palizzi” spegne 100 candeline e 60 anni per l’industriale “Mattei”.
Nicola D’Adamo, giornalista e autore del noto blog NoiVastesi, ha scelto di ricordare l’evento con tre importanti testimonianze riprese da vecchie pubblicazioni: quella della storica segretaria del “Palizzi”, Consiglia D’Adamo, e quelle dei docenti del “Mattei”, Edoardo Suriani e Giulia Pastorelli. Un vero tuffo nel passato che il blogger ha messo a disposizione dei lettori di Zonalocale.
Per iniziativa del sindaco Florindo Ritucci Chinni, il 1° ottobre 1922 apriva le porte l’Istituto commerciale “comunale” di Vasto, istituito “in conformità dei programmi delle scuole regie di pari grado”, ma gli allievi entrano per la prima volta il 7 ottobre 2022, data d’inizio scolastico.
L’Istituto divenne statale nel 1925 e fu intestato a “Nicola Paolucci”. Con la regificazione ci furono importanti novità: all’Istituto fu dato l’indirizzo Mercantile (ve ne erano pochissimi) e, caso rarissimo in Italia, la dipendenza amministrativa ed economica dell’Istituto fu data al ministero dell’Economia e non a quello dell’Educazione.
Ciò significava che quel diploma già abilitava alla professione di ragioniere; consentiva l’iscrizione all’università (Scienze economiche) senza esami; consentiva l’iscrizione automatica all’albo dei Periti commerciali e in quello degli Agenti di cambio.
La scuola ottenne quasi subito anche una prestigiosa sede: l’elegante palazzo della Sottoprefettura (soppressa nel 1926) con i suoi ampi locali, un edificio enorme dove dopo la frana, sono state scoperte le Terme romane di Vasto.
Il nuovo Istituto, essendo l’unica scuola superiore della zona, ebbe subito successo e in quegli anni sui banchi sedevano allievi del calibro del banchiere Raffaele Mattioli e dell’economista Federico Caffè.
Nel 1941 si aggiunse il corso per geometri. Nel 1944 fu intitolato a Filippo Palizzi. Nel 1956 la frana di Vasto toccò anche la sede del Palizzi e iniziò una peregrinazione in vari locali della città fino al 1983 quando fu inaugurata la nuova sede di via Conti Ricci.
Qui alcuni stralci – tratti dal volume pubblicato dal preside, Nicolangelo D’Adamo, in occasione del 75° dell’Istituto – relativi alla testimonianza di Consiglia D’Adamo (scomparsa nel 2019) raccolta da Laura Calvano.
Studentessa del “glorioso Istituto Palizzi” negli anni ’40, poco dopo il conseguimento del diploma “torna a scuola” in veste di segretaria amministrativa e per trentacinque anni ne segue con viva partecipazione tutte la vicende.
Un maestro elementare, valutando l’ottimo risultato ottenuto all’esame per la licenza nella scuola statale, consiglia al padre di Consiglia di farle continuare gli studi. Inizia così la sua avventura scolastica nel settembre del ’41 con l’iscrizione prima all’istituto inferiore, per poi passare a quello superiore, l’attuale Istituto Commerciale.
La scelta di frequentare il Commerciale era allora obbligata, essendo l’unico istituto superiore presente a Vasto: liceo classico ed istituto magistrale sorsero infatti poco prima della frana e furono tenuti “a balia” proprio dal Commerciale, che ospitava inizialmente i loro uffici di segreteria.
Impossibile dimenticare l’eleganza e la magnificenza dell’antica Aula magna, un ampio salone con le pareti rivestite in damasco e seta rossa, arabeschi dorati e fornito di una particolare illuminazione. Cento poltroncine rosse, acquistate per iniziativa del preside Nanni, per richiamare il colore della tappezzeria”.
L’Aula magna ospitava numerose conferenze ed incontri culturali, occasioni per riunire anche il resto della popolazione vastese. I concerti e i cori abruzzesi organizzati dal professor Polsi, ad esempio, ma anche le iniziative culturali volute dal Comune: “Un insieme di menti artistiche e culturalmente vivaci operavano attorno all’Istituto. Un poeta dialettale vastese, don Peppino Perrozzi, nipote del poeta Luigi Anelli, ad esempio, aveva sposato l’insegnante di disegno, la professoressa Borghi di Bologna. Molti vastesi, in particolare gli abitanti del Muro delle Lame, certamente ricordano l’episodio mondano del galà tenuto lì, in occasione dell’attracco nel porto di una grossa nave sul finire degli anni ’40. Lo spettacolo delle eleganti dame in abito lungo suscitò non poca curiosità e meraviglia”.
D’Adamo, come tutti del resto, a distanza di tanti anni dalla sua avventura scolastica, ricorda i suoi professori, evidenziandone le caratteristiche peculiari: l’insegnante di francese, Boraschi, severa ed esigente, ma giusta nelle valutazioni; Mariani, buon insegnante di matematica e fisica, per il quale il 7 era da considerarsi un ottimo voto, da autentico vastese non disdegnava l’uso di espressioni dialettali in classe; Carmenini, insegnante di italiano trovò conferma dell’efficacia della preparazione impartita ai suoi alunni in occasione degli esami di stato, quando gran parte di loro scelse il tema di letteratura per la prova scritta di italiano; il professore di ragioneria e tecnica dell’ultimo anno portò l’insegnamento delle sue materie a livello universitario e si adattò a malincuore alla disposizione che prevedeva verifiche periodiche della preparazione dei suoi studenti alla fine di ogni trimestre, ritenendo che la valutazione doveva essere effettuata sull’intero programma e non limitatamente ad una parte di esso; Edgardo Mattucci, insegnante di diritto ed economia, da buon napoletano, sovente si esprimeva attraverso espressioni colorite e, quando notava un alunno distratto perché particolarmente curioso ed intento ad occuparsi dei movimenti di qualche compagno, interrompeva la sua lezione dicendo: «Tenevo un cane che si chiamava ‘ntri-ghete di te», cioè occupati dei tuoi affari; l’insegnante di chimica e merceologia, Sciarretta di Termoli, era invece il classico “burbero benefico”, che urlava molto ma in fondo si mostrava conciliante. Infine D’Adamo ricorda le ore di religione con don Salvatore Pepe, che nelle sue lezioni inseriva anche nozioni di filosofia, letteratura e storia ed in particolare la bella conferenza sul canto della Madonna del Paradiso dantesco, tenuta nell’Aula magna dell’Istituto.
Con il diploma in tasca, D’Adamo torna al Commerciale in veste di segretaria amministrativa: Proprio in quel periodo ebbe inizio l’odissea della frana: “Non ci furono crolli improvvisi e repentini, la frana avanzava progressivamente, lasciando il tempo di evacuare poco per volta le parti dell’edificio che venivano danneggiate. Così i materiali e i sussidi scolastici, prontamente messi in salvo, non subirono danni. Quello fu il periodo più triste per l’Istituto, smembrato nelle sue strutture. Si stava sempre col saccone sulle spalle, per via dei continui, incessanti trasferimenti all’interno dell’edificio della documentazione dell’archivio e del materiale della segreteria.
Per alcuni anni gli uffici della segreteria non furono trasferiti insieme alle aule e alla presidenza ma continuarono ad occupare i vecchi locali, in attesa di trovare una sistemazione adatta e di risolvere il delicato problema del trasloco del materiale d’archivio. La sede scolastica rimase vacante e provvisoria per quasi trent’anni fino alla inaugurazione nell’83 dell’attuale edificio.
In trentacinque anni di attività D’Adamo ha assistito a numerosi cambiamenti all’interno della scuola, a frequenti avvicendamenti nella presidenza, tuttavia le sembra di aver iniziato ieri poiché la passione e l’entusiasmo iniziale per il suo lavoro non sono mai venute meno: “Per fare bene il mio lavoro non potevo badare all’orario, specie nei tempi forti delle iscrizioni e delle nomine dei professori all’inizio dell’anno scolastico. Se era necessario rimanevo fino a tardi, anche oltre l’orario di lavoro. Per me non si trattava semplicemente di un impiego statale, quel lavoro era diventato la mia vita!”
L’Istituto “Enrico Mattei” compie invece 60 anni. Nato nel 1962, il giornalista D’Adamo ha raccolto la testimonianza a firma di Giuseppe Di Fabio, Giulia Maiella Pastorelli ed Edoardo Suriani (scomparso nel 2018) che raccontano l’istituto a compimento dei trent’anni d’attività.
Dal lontano 1962 quando veniva aperto a Vasto l’Istituto tecnico industriale. Nei locali della ex Domus Pacis messi a disposizione, 140 alunni non solo di Vasto ma anche del Comprensorio, suddivisi in quattro classi numerose, iniziavano l’avventura di una nuova scuola con i problemi, le preoccupazioni e le incertezze che l’accompagnavano.
Sono stati questi 140 pionieri guidati da docenti che hanno affrontato ostacoli di ogni genere che hanno permesso alla città del Vasto di disporre, oggi, di un’istituto tecnico industriale che conta più di mille alunni e con ben quattro specializzazioni: meccanica, chimica, elettrotecnica, informatica e con una moderna sede, anche se insufficiente per il sempre crescente numero di alunni, funzionale e munita di attrezzatura ed apparecchiature sofisticate che nulla hanno a che vedere con i due banconi e le poche lime a disposizione nel 1962.
Una citazione particolare è doveroso rivolgere alla memoria di don Antonio Moretta che è stato il primo “facente funzione” di preside, rimasto legato fino al pensionamento.
I primi anni sono ancora oggi ricordati per le continue agitazioni e scioperi degli studenti motivati principalmente dalla mancanza di una sede. Dopo il primo anno alla Domus Pacis c’è stato il trasferimento a Vasto marina negli stabili messi a disposizione da Padre Valeriane e Padre Alberto. Con le due sedi staccate per la neonata specializzazione di Chimica, che ha seguito quella iniziale di Meccanica. Poi arriva elettrotecnica. Sono gli anni della ginnastica sull’arenile di Vasto marina e dei laboratori nelle baracche site davanti l’Istituto.
Ma l’Industriale è andato avanti. È la scuola dei figli della emergente working class, di quelli che vedono un grande avvenire nel miracolo industriale. Sono gli anni dello sviluppo industriale e l’Abruzzo doveva necessariamente intraprendere questa strada per non rimanere tagliata fuori se voleva vedere risolto il triste fenomeno dell’emigrazione e dell’agricoltura povera.
A Vasto nel maggio 1962 veniva costituita la Siv, nel settembre dello stesso anno nasceva il Consorzio per l’area di sviluppo industriale, il 1° ottobre l’Industriale. Ma la sfida a trasformare l’intera area con insediamenti industriali ed infrastrutture necessarie passava anche attraverso la disponibilità a reperire sul mercato locale del lavoro tecnici qualificati che solo un istituto industriale poteva formare.
“Questa scuola, a me carissima, è particolarmente legata ai miei ricordi, perché intessuta intensamente al mio privato: il mio primo anno di insegnamento, la nascita della mia prima figlia”, scrive Giulia Pastorelli.
L’impatto con una città solare e splendida nella luce accecante del suo golfo e negli aspri profumi della macchia mediterranea: l’incontro con ragazzi “particolari”, parecchi “rientrati” nella scolarità dopo esperienze di lavoro (le più diverse: chi come cameriere, chi come elettricista, chi come meccanico) richiamati dall’indirizzo dell’Istituto che prometteva un futuro più sicuro o più congeniale alle proprie aspirazioni; ragazzi che provenivano anche dal circondario di Vasto, da paesi dei nomi a me sconosciuti: Cupello, San Salvo, Campomarino ecc, desiderosi di imparare, dotati di una sensibilità vivissima, dovuta ad una maturità umana frutto spesso di esperienze dolorose, quasi tutti provenienti da un ceto sociale povero.
E presso la Cattedrale di San Giuseppe, in aule piccole e poco confortevoli, issate su un primo piano da raggiungere dopo aver superato una scalinata di gradini alti e disagevoli, si sono svolte le lezioni del primo anno: incontri che, per me, avevano del fantastico: la lenta e faticosa scoperta della sacralità della parola, colta nella sua essenza, non tanto attraverso un processo di impegno letterario, quanto attraverso repentini, improvvisi e fulminei sprazzi di intuizione.
E, via via, ho accompagnato questi ragazzi lungo l’iter dei cinque anni, fino alla maturità: successivamente in locali più idonei, situati lungo la costa marina, elargitrice di gratificanti brezze, e, quindi l’incontro con autori complessi ed impegnati quali Leopardi e Manzoni, ma anche Pirandello e Pavese.
Anni indimenticabili, che mi hanno molto arricchito: ho conosciuto, attraverso il contatto con le famiglie, la vita dignitosa e sofferta dei pescatori, dei contadini, degli operai, le silenziose rinunce, la fatica oppressiva di tanti padri.
Erano gli anni di un’Italia in ascesa, del boom economico, del centrosinistra che apriva sprazzi di speranza su un futuro tutto da costruire: ed i ragazzi hanno saputo cogliere tutti, con l’impegno e la volontà di cambiamento, l’occasione di un momento storico irripetibile: ed ora sono tutti professionisti affermati, quadri di aziende, ottimi impiegati, ma tutti hanno mantenuto il candore della giovinezza ed in fondo allo sguardo una incontaminata umiltà che è il pregio più grande.
Profondamente diversi dai loro figli, molti dei quali sono i miei attuali alunni degli anni ’90: ormai inseriti in un’era tecnologica, sorretti dal benessere dei loro padri e, forse, inconsapevoli dei loro sacrifici, distratti, come tutti i giovani d’oggi, da mille svariati interessi, rappresentano il “segno dei tempi”. La concreta testimonianza degli anni che passano e l’ammonimento, per me, di essere giunta, ormai, al termine del mio percorso.
Infine, l’intervento di Edoardo Suriani:
Scomparsa mia madre, nel marzo del ’64, mi trasferii da Roma a Vasto per stare vicino a mio padre. Vincenzo Russo, detto Cenzino, professore di educazione fisica a Vasto nella sezione staccata dell’Istituto tecnico industriale statale “Luigi Di Savoia” di Chieti, svolgeva funzioni di coordinatore già da due anni. Mi raccontò dell’intenzione di dar corso alla specializzazione Meccanica in considerazione dei posti di lavoro che si andavano creando nelle industrie sorgenti nella vicina zona industriale di San Salvo. Così aveva necessità di un ingegnere meccanico per l’insegnamento delle materie tecniche. Gli dissi che sarei restato per qualche mese, ma poi avrei cercato lavoro presso qualche grande fabbrica automobilistica. A conclusione, però, di una lunga serie di incontri nel corso dei quali il buon Cenzino cercò in tutti i modi di fiaccare la mia resistenza, un giorno, senza tanti complimenti, mi disse a bruciapelo:
“Guarda che fra dieci giorni iniziano le lezioni, e se tu non ti presenti, mi mandi in galera perché io ho inoltrato la tua domanda di insegnamento falsificando la tua firma…”. Così mi presentai al mio primo giorno di insegnamento. Dopo due o tre ore di lezione entrò in aula Cenzino e mi fece firmare un grosso pacco di carte. Nascosta tra queste si trovava anche la mia domanda di insegnamento!
Con una grande nostalgia, galleggiante su quella sensazione di sottile, sordo e freddo dolore che accompagna sempre il ricordo delle cose belle che sono state e non potranno più essere, quegli anni restano per me i più sereni, veri ed appaganti della mia vita, e sono orgoglioso che tanti di quegli ex allievi (e che ora, più che “ex allievi” sento il bisogno di chiamare “vecchi cari amici”) abbiano saputo farsi strada ed affermarsi in molteplici campi ed attività. Mi inorgoglisce il fatto che forse con un pizzico di immodestia ritengo il mio insegnamento sia stato loro utile nella vita non soltanto per quelle poche o molte nozioni tecniche che al tempo riuscii a trasmettere (e che oggi potrebbero anche….aver dimenticato!) ma ancor più per quella linearità di comportamento e quei fondamentali principi di correttezza e di civile e sociale convivenza che sempre considerai indispensabile corollario educativo a quanto di tecnico andavo loro trasmettendo.