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in Cultura, Vasto
1 Ottobre 2022
1 Ottobre 2022
Emanuele FiorebyEmanuele Fiore

Oggi importante compleanno per due scuole di Vasto – Gallery

Il Palizzi festeggia 100 anni e il Mattei 60. Zonalocale, grazie al prezioso contributo di Nicola D'Adamo, omaggia gli istituti raccontando uno stralcio di ricordi di chi ci ha lavorato

Il primo istituto commerciale
(Foto Noi Vastesi blog)

Il primo istituto commerciale (Foto Noi Vastesi blog)

VASTO – Grande giornata oggi per il mondo scolastico di Vasto. Due compleanni importanti aspettano le dovute celebrazioni. Si tratta di scuole che hanno formato diverse generazioni di cittadini. L’istituto commerciale “Palizzi” spegne 100 candeline e 60 anni per l’industriale “Mattei”.

Nicola D’Adamo, giornalista e autore del noto blog NoiVastesi, ha scelto di ricordare l’evento con tre importanti testimonianze riprese da vecchie pubblicazioni: quella della storica segretaria del “Palizzi”, Consiglia D’Adamo, e quelle dei docenti del “Mattei”, Edoardo Suriani e Giulia Pastorelli. Un vero tuffo nel passato che il blogger ha messo a disposizione dei lettori di Zonalocale.

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Per iniziativa del sindaco Florindo Ritucci Chinni, il 1° ottobre 1922 apriva le porte l’Istituto commerciale “comunale” di Vasto, istituito “in conformità dei programmi delle scuole regie di pari grado”, ma gli allievi entrano per la prima volta il 7 ottobre 2022, data d’inizio scolastico.

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La fondazione dell’istituto commerciale (Noi Vastesi blog)

L’Istituto divenne statale nel 1925 e fu intestato a “Nicola Paolucci”.  Con la regificazione ci furono  importanti novità: all’Istituto fu dato l’indirizzo Mercantile (ve ne erano pochissimi) e, caso rarissimo in Italia, la dipendenza amministrativa ed economica dell’Istituto fu data al ministero dell’Economia e non a quello dell’Educazione. 

Ciò significava che quel diploma già abilitava alla professione di ragioniere; consentiva l’iscrizione all’università (Scienze economiche) senza esami; consentiva l’iscrizione automatica all’albo dei Periti commerciali e in quello degli Agenti di cambio.

La scuola ottenne quasi subito anche una prestigiosa sede: l’elegante palazzo della  Sottoprefettura (soppressa nel 1926) con i suoi ampi locali, un edificio enorme dove dopo la frana, sono state scoperte le Terme romane di Vasto. 

Il nuovo Istituto, essendo l’unica scuola superiore della zona, ebbe subito successo e in quegli anni sui banchi sedevano allievi del calibro del banchiere Raffaele Mattioli e dell’economista Federico Caffè.

Nel 1941 si aggiunse il corso per geometri. Nel 1944 fu intitolato a Filippo Palizzi. Nel 1956 la frana di Vasto toccò anche la sede del Palizzi e iniziò una peregrinazione in vari locali della città fino al 1983 quando fu inaugurata la nuova sede di via Conti Ricci.

Qui alcuni stralci – tratti dal volume pubblicato dal preside, Nicolangelo D’Adamo, in occasione del 75° dell’Istituto – relativi alla testimonianza di Consiglia D’Adamo (scomparsa nel 2019) raccolta da Laura Calvano.

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Consiglia D’Adamo (Noi Vastesi blog)
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L’edificio attuale (Noi Vastesi blog)

Studentessa del “glorioso Istituto Palizzi” negli anni ’40, poco dopo il conseguimento del diploma “torna a scuola” in veste di segretaria amministrativa e per trentacinque anni ne segue con viva partecipazione tutte la vicende.

Un maestro elementare, valutando l’ottimo risultato ottenuto all’esame per la licenza nella scuola statale, consiglia al padre di Consiglia di farle continuare gli studi. Inizia così la sua avventura scolastica nel settembre del ’41 con l’iscrizione prima all’istituto inferiore, per poi passare a quello superiore, l’attuale Istituto Commerciale.

La scelta di frequentare il Commerciale era allora obbligata, essendo l’unico istituto superiore presente a Vasto: liceo classi­co ed istituto magistrale sorsero infatti poco prima della frana e furono tenuti “a balia” proprio dal Commerciale, che ospitava inizialmente i loro uffici di segrete­ria.

Impossibile dimenticare l’eleganza e la magnificenza dell’antica Aula magna, un ampio salone con le pareti rivestite in damasco e seta rossa, arabeschi dorati e fornito di una particolare illuminazione. Cento poltroncine rosse, acquistate per iniziativa del pre­side Nanni, per richiamare il colore della tappezzeria”.

L’Aula magna ospitava numerose conferenze ed incontri culturali, occasioni per riunire anche il resto della popolazione vastese. I concerti e i cori abruzzesi organizzati dal professor Polsi, ad esempio, ma anche le iniziative culturali volute dal Comune: “Un insieme di menti artistiche e culturalmente vivaci operavano attorno all’Istituto. Un poeta dialettale vastese, don Peppino Perrozzi, nipote del poeta Luigi Anelli, ad esempio, aveva sposato l’insegnante di disegno, la professoressa Borghi di Bologna. Molti vastesi, in particolare gli abitanti del Muro delle Lame, certamente ricordano l’episodio mondano del galà tenuto lì, in occasione dell’attracco nel porto di una grossa nave sul finire degli anni ’40. Lo spettacolo delle eleganti dame in abito lungo suscitò non poca curiosità e meraviglia”.

D’Adamo, come tutti del resto, a distanza di tanti anni dalla sua avventura scolastica, ricorda i suoi professori, evidenziandone le caratteristiche peculiari: l’inse­gnante di francese, Boraschi, severa ed esigente, ma giusta nelle valutazioni; Mariani, buon insegnante di matematica e fisica, per il quale il 7 era da con­siderarsi un ottimo voto, da autentico vastese non disdegnava l’uso di espressioni dialettali in classe; Carmenini, insegnante di italiano trovò conferma dell’efficacia della preparazione impartita ai suoi alunni in occasione degli esami di stato, quando gran parte di loro scelse il tema di letteratura per la prova scritta di italiano; il professore di ragioneria e tecnica dell’ultimo anno portò l’insegnamento delle sue materie a livello universitario e si adattò a malincuore alla disposizione che prevedeva verifiche periodiche della preparazione dei suoi studen­ti alla fine di ogni trimestre, ritenendo che la valutazione doveva essere effettuata sull’intero programma e non limitatamente ad una parte di esso; Edgardo Mattucci, insegnante di diritto ed economia, da buon napoletano, sovente si espri­meva attraverso espressioni colorite e, quando notava un alunno distratto perché particolarmente curioso ed intento ad occuparsi dei movimenti di qualche compa­gno, interrompeva la sua lezione dicendo: «Tenevo un cane che si chiamava ‘ntri-ghete di te», cioè occupati dei tuoi affari; l’insegnante di chimica e merceologia, Sciarretta di Termoli, era invece il classico “burbero benefico”, che urlava molto ma in fondo si mostrava conciliante. Infine D’Adamo ricorda le ore di religione con don Salvatore Pepe, che nelle sue lezioni inseriva anche nozioni di filosofia, letteratura e storia ed in particolare la bella conferenza sul canto della Madonna del Paradiso dantesco, tenuta nell’Aula magna dell’Istituto.

Con il diploma in tasca, D’Adamo torna al Commerciale in veste di segretaria amministrativa: Proprio in quel periodo ebbe inizio l’odissea della frana: “Non ci furono crolli improvvisi e repentini, la frana avanzava progressivamente, lasciando il tempo di evacuare poco per volta le parti dell’edificio che venivano danneggiate. Così i materiali e i sussidi scolastici, prontamente messi in salvo, non subirono danni. Quello fu il periodo più triste  per l’Istituto, smembrato nelle sue strutture. Si stava sempre col saccone sulle spalle, per via dei continui, incessanti trasferimenti all’interno dell’edificio della documentazione dell’archivio e del materiale della segreteria.

Per alcuni anni gli uffici della segreteria non furono trasferiti insieme alle aule e alla presidenza ma continuarono ad occupare i vecchi locali, in attesa di trovare una sistemazione adatta e di risolvere il delicato problema del trasloco del materia­le d’archivio. La sede scolastica rimase vacante e provvisoria per quasi trent’anni fino alla inaugurazione nell’83 dell’attuale edificio.

In trentacinque anni di attività D’Adamo ha assistito a numerosi cambiamenti all’interno della scuola, a frequenti avvicendamenti nella presidenza, tuttavia le sembra di aver iniziato ieri poiché la passione e l’entusiasmo iniziale per il suo lavoro non sono mai venute meno: “Per fare bene il mio lavoro non potevo badare all’orario, specie nei tempi forti delle iscrizioni e delle nomine dei professori all’inizio dell’anno scolastico. Se era necessario rimanevo fino a  tardi, anche oltre l’orario di lavoro. Per me non si trattava semplicemente di un impiego statale, quel lavoro era diventato la mia vita!”

L’Istituto “Enrico Mattei” compie invece 60 anni. Nato nel 1962, il giornalista D’Adamo ha raccolto la testimonianza a firma di Giuseppe Di Fabio, Giulia Maiella Pastorelli ed Edoardo Suriani (scomparso nel 2018) che raccontano l’istituto a compimento dei trent’anni d’attività.

Dal lontano 1962 quando veni­va aperto a Vasto l’Istituto tecnico industriale. Nei locali della ex Domus Pacis messi a disposizio­ne, 140 alunni non solo di Vasto ma anche del Comprensorio, suddivisi in quat­tro classi numerose, inizia­vano l’avventura di una nuova scuola con i proble­mi, le preoccupazioni e le incertezze che l’accompagnavano.
Sono stati questi 140 pio­nieri guidati da docenti che hanno affrontato osta­coli di ogni genere che han­no permesso alla città del Vasto di disporre, oggi, di un’istituto tecnico indu­striale che conta più di mille alunni e con ben quattro specializzazioni: meccani­ca, chimica, elettrotecnica, informatica e con una mo­derna sede, anche se in­sufficiente per il sempre crescente numero di alun­ni, funzionale e munita di attrezzatura ed apparec­chiature sofisticate che nul­la hanno a che vedere con i due banconi e le poche li­me a disposizione nel 1962.

ITIS 1962 dopo la messa di inaugurazione
I primi alunni di Vasto dell’industriale di Chieti (Noi Vastesi blog)

Una citazione particolare è doveroso rivolgere alla me­moria di don Antonio Moretta che è stato il primo “facente funzio­ne” di preside, ri­masto legato fino al pensiona­mento.

I primi anni sono ancora oggi ricordati per le continue agitazioni e scioperi degli studenti moti­vati principalmente dalla mancanza di una sede. Dopo il primo anno alla Domus Pacis c’è stato il trasfe­rimento a Vasto marina ne­gli stabili messi a disposi­zione da Padre Valeriane e Padre Alberto. Con le due sedi staccate per la neona­ta specializzazione di Chimica, che ha seguito quella ini­ziale di Meccanica. Poi arri­va elettrotecnica. Sono gli anni della ginnasti­ca sull’arenile di Vasto ma­rina e dei laboratori nelle baracche site davanti l’Istituto.

Ma l’Industriale è andato avanti. È la scuola dei figli della emergente working class, di quelli che vedo­no un grande avvenire nel miracolo industriale. Sono gli anni dello sviluppo industriale e l’Abruzzo doveva necessariamente in­traprendere questa strada per non rimanere tagliata fuori se voleva vedere ri­solto il triste fenomeno del­l’emigrazione e dell’agri­coltura povera.

A Vasto nel maggio 1962 ve­niva costituita la Siv, nel set­tembre dello stesso anno nasceva il Consorzio per l’area di sviluppo indu­striale, il 1° ottobre l’Industriale. Ma la sfida a trasformare l’intera area con insediamenti industriali ed infrastrutture necessarie passava anche attraverso la disponibilità a reperire sul mercato locale del lavoro tecnici qualificati che solo un istituto industriale poteva formare.

“Questa scuola, a me carissima, è particolarmente legata ai miei ricordi, perché intessuta inten­samente al mio privato: il mio primo anno di insegnamento, la nascita della mia prima figlia”, scrive Giulia Pastorelli.

L’impatto con una città solare e splendida nella luce accecante del suo golfo e negli aspri pro­fumi della macchia mediterranea: l’incontro con ragazzi “particolari”, parecchi “rien­trati” nella scolarità dopo esperienze di lavoro (le più di­verse: chi come cameriere, chi come elettricista, chi come meccanico) richiamati dal­l’indirizzo dell’Istituto che pro­metteva un futuro più sicuro o più congeniale alle proprie aspirazioni; ragazzi che prove­nivano anche dal circondario di Vasto, da paesi dei nomi a me sconosciuti: Cupello, San Sal­vo, Campomarino ecc, deside­rosi di imparare, dotati di una sensibilità vivissima, dovuta ad una maturità umana frutto spesso di esperienze dolorose, quasi tutti provenienti da un ce­to sociale povero.

E presso la Cattedrale di San Giuseppe, in aule piccole e po­co confortevoli, issate su un primo piano da raggiungere do­po aver superato una scalinata di gradini alti e disagevoli, si so­no svolte le lezioni del primo anno: incontri che, per me, ave­vano del fantastico: la lenta e faticosa scoperta della sacrali­tà della parola, colta nella sua essenza, non tanto attraverso un processo di impegno lette­rario, quanto attraverso repentini, improvvisi e fulminei sprazzi di intuizione.

E, via via, ho accompagnato questi ragaz­zi lungo l’iter dei cinque anni, fi­no alla maturità: successiva­mente in locali più idonei, situati lungo la costa marina, elargitrice di gratificanti brezze, e, quindi l’incontro con autori complessi ed impegnati quali Leopardi e Manzoni, ma anche Pirandello e Pavese.

itis sez chimica 1968 giulia maiella pastorelli 2 a
In alto, la seconda a sinistra la docente Giulia Pastorelli (Noi Vastesi blog)
SCUOLA 5 1969 Cenzino Russo itis
Una classe del professore di educazione fisica, Cenzino Russo (Noi Vastesi blog)

Anni indi­menticabili, che mi hanno mol­to arricchito: ho conosciuto, at­traverso il contatto con le fami­glie, la vita dignitosa e sofferta dei pescatori, dei contadini, de­gli operai, le silen­ziose rinunce, la fatica oppres­siva di tanti padri.
Erano gli anni di un’Italia in ascesa, del boom economico, del centrosinistra che apriva sprazzi di speranza su un futuro tutto da costruire: ed i ragazzi hanno saputo co­gliere tutti, con l’impegno e la volontà di cambiamento, l’oc­casione di un momento storico irripetibile: ed ora sono tutti professionisti affermati, quadri di aziende, ottimi impiegati, ma tutti hanno mantenuto il candore della giovinezza ed in fondo allo sguardo una incontamina­ta umiltà che è il pregio più grande.

Profondamente diversi dai loro figli, molti dei quali so­no i miei attuali alunni degli an­ni ’90: ormai inseriti in un’era tecnologica, sorretti dal benes­sere dei loro padri e, forse, inconsapevoli dei loro sacrifici, di­stratti, come tutti i giovani d’og­gi, da mille svariati interessi, rappresentano il “segno dei tempi”. La concreta testimonianza degli anni che passano e l’ammonimento, per me, di es­sere giunta, ormai, al termine del mio percorso.

Infine, l’intervento di Edoardo Suriani:

Scomparsa mia madre, nel marzo del ’64, mi trasferii da Roma a Vasto per stare vicino a mio padre. Vincenzo Russo, detto Cenzino, professore di educazione fisica a Vasto nella sezione staccata dell’Istituto tecnico industriale statale “Luigi Di Savoia” di Chieti, svolgeva funzioni di coordinatore già da due anni. Mi raccontò dell’intenzione di dar corso alla specializzazione Meccanica in considerazione dei posti di lavoro che si andavano creando nelle industrie sorgenti nella vicina zona industriale di San Salvo. Così aveva necessità di un ingegnere meccanico per l’insegnamento delle materie tecniche. Gli dissi che sarei restato per qualche mese, ma poi avrei cercato lavoro presso qualche grande fabbrica automobilistica. A conclusione, però, di una lunga serie di incontri nel corso dei quali il buon Cenzino cercò in tutti i modi di fiaccare la mia resistenza, un giorno, senza tanti complimenti, mi disse a bruciapelo:
“Guarda che fra dieci giorni iniziano le lezioni, e se tu non ti presenti, mi mandi in galera perché io ho inoltrato la tua domanda di insegnamento falsificando la tua firma…”. Così mi presentai al mio primo giorno di insegnamento. Dopo due o tre ore di lezione entrò in aula Cenzino e mi fece firmare un grosso pacco di carte. Nascosta tra queste si trovava anche la mia domanda di insegnamento!

Con una grande nostalgia, galleggiante su quella sensazione di sottile, sordo e freddo dolore che accompagna sempre il ricordo delle cose belle che sono state e non potranno più essere, quegli anni restano per me i più sereni, veri ed appaganti della mia vita, e sono orgoglioso che tanti di quegli ex allievi (e che ora, più che “ex allievi” sento il bisogno di chiamare “vecchi cari amici”) abbiano saputo farsi strada ed affermarsi in molteplici campi ed attività. Mi inorgoglisce il fatto che forse con un pizzico di immodestia ritengo il mio insegnamento sia stato loro utile nella vita non soltanto per quelle poche o molte nozioni tecniche che al tempo riuscii a trasmettere (e che oggi potrebbero anche….aver dimenticato!) ma ancor più per quella linearità di comportamento e quei fondamentali principi di correttezza e di civile e sociale convivenza che sempre considerai indispensabile corollario educativo a quanto di tecnico andavo loro trasmettendo.

di Redazione ([email protected])
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Tags: istituto matteiistituto palizzinicola d'adamo
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Nicola D’Adamo, giornalista e autore del noto blog NoiVastesi, ha scelto di ricordare l’evento con tre importanti testimonianze riprese da vecchie pubblicazioni: quella della storica segretaria del “Palizzi”, Consiglia D’Adamo, e quelle dei docenti del “Mattei”, Edoardo Suriani e Giulia Pastorelli. Un vero tuffo nel passato che il blogger ha messo a disposizione dei lettori di Zonalocale.

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L’Istituto divenne statale nel 1925 e fu intestato a “Nicola Paolucci”.  Con la regificazione ci furono  importanti novità: all’Istituto fu dato l’indirizzo Mercantile (ve ne erano pochissimi) e, caso rarissimo in Italia, la dipendenza amministrativa ed economica dell’Istituto fu data al ministero dell’Economia e non a quello dell’Educazione. 

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La scuola ottenne quasi subito anche una prestigiosa sede: l’elegante palazzo della  Sottoprefettura (soppressa nel 1926) con i suoi ampi locali, un edificio enorme dove dopo la frana, sono state scoperte le Terme romane di Vasto. 

Il nuovo Istituto, essendo l’unica scuola superiore della zona, ebbe subito successo e in quegli anni sui banchi sedevano allievi del calibro del banchiere Raffaele Mattioli e dell’economista Federico Caffè.

Nel 1941 si aggiunse il corso per geometri. Nel 1944 fu intitolato a Filippo Palizzi. Nel 1956 la frana di Vasto toccò anche la sede del Palizzi e iniziò una peregrinazione in vari locali della città fino al 1983 quando fu inaugurata la nuova sede di via Conti Ricci.

Qui alcuni stralci – tratti dal volume pubblicato dal preside, Nicolangelo D’Adamo, in occasione del 75° dell’Istituto – relativi alla testimonianza di Consiglia D’Adamo (scomparsa nel 2019) raccolta da Laura Calvano.

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Consiglia D’Adamo (Noi Vastesi blog)
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L’edificio attuale (Noi Vastesi blog)

Studentessa del “glorioso Istituto Palizzi” negli anni ’40, poco dopo il conseguimento del diploma “torna a scuola” in veste di segretaria amministrativa e per trentacinque anni ne segue con viva partecipazione tutte la vicende.

Un maestro elementare, valutando l’ottimo risultato ottenuto all’esame per la licenza nella scuola statale, consiglia al padre di Consiglia di farle continuare gli studi. Inizia così la sua avventura scolastica nel settembre del ’41 con l’iscrizione prima all’istituto inferiore, per poi passare a quello superiore, l’attuale Istituto Commerciale.

La scelta di frequentare il Commerciale era allora obbligata, essendo l’unico istituto superiore presente a Vasto: liceo classi­co ed istituto magistrale sorsero infatti poco prima della frana e furono tenuti “a balia” proprio dal Commerciale, che ospitava inizialmente i loro uffici di segrete­ria.

Impossibile dimenticare l’eleganza e la magnificenza dell’antica Aula magna, un ampio salone con le pareti rivestite in damasco e seta rossa, arabeschi dorati e fornito di una particolare illuminazione. Cento poltroncine rosse, acquistate per iniziativa del pre­side Nanni, per richiamare il colore della tappezzeria”.

L’Aula magna ospitava numerose conferenze ed incontri culturali, occasioni per riunire anche il resto della popolazione vastese. I concerti e i cori abruzzesi organizzati dal professor Polsi, ad esempio, ma anche le iniziative culturali volute dal Comune: “Un insieme di menti artistiche e culturalmente vivaci operavano attorno all’Istituto. Un poeta dialettale vastese, don Peppino Perrozzi, nipote del poeta Luigi Anelli, ad esempio, aveva sposato l’insegnante di disegno, la professoressa Borghi di Bologna. Molti vastesi, in particolare gli abitanti del Muro delle Lame, certamente ricordano l’episodio mondano del galà tenuto lì, in occasione dell’attracco nel porto di una grossa nave sul finire degli anni ’40. Lo spettacolo delle eleganti dame in abito lungo suscitò non poca curiosità e meraviglia”.

D’Adamo, come tutti del resto, a distanza di tanti anni dalla sua avventura scolastica, ricorda i suoi professori, evidenziandone le caratteristiche peculiari: l’inse­gnante di francese, Boraschi, severa ed esigente, ma giusta nelle valutazioni; Mariani, buon insegnante di matematica e fisica, per il quale il 7 era da con­siderarsi un ottimo voto, da autentico vastese non disdegnava l’uso di espressioni dialettali in classe; Carmenini, insegnante di italiano trovò conferma dell’efficacia della preparazione impartita ai suoi alunni in occasione degli esami di stato, quando gran parte di loro scelse il tema di letteratura per la prova scritta di italiano; il professore di ragioneria e tecnica dell’ultimo anno portò l’insegnamento delle sue materie a livello universitario e si adattò a malincuore alla disposizione che prevedeva verifiche periodiche della preparazione dei suoi studen­ti alla fine di ogni trimestre, ritenendo che la valutazione doveva essere effettuata sull’intero programma e non limitatamente ad una parte di esso; Edgardo Mattucci, insegnante di diritto ed economia, da buon napoletano, sovente si espri­meva attraverso espressioni colorite e, quando notava un alunno distratto perché particolarmente curioso ed intento ad occuparsi dei movimenti di qualche compa­gno, interrompeva la sua lezione dicendo: «Tenevo un cane che si chiamava ‘ntri-ghete di te», cioè occupati dei tuoi affari; l’insegnante di chimica e merceologia, Sciarretta di Termoli, era invece il classico “burbero benefico”, che urlava molto ma in fondo si mostrava conciliante. Infine D’Adamo ricorda le ore di religione con don Salvatore Pepe, che nelle sue lezioni inseriva anche nozioni di filosofia, letteratura e storia ed in particolare la bella conferenza sul canto della Madonna del Paradiso dantesco, tenuta nell’Aula magna dell’Istituto.

Con il diploma in tasca, D’Adamo torna al Commerciale in veste di segretaria amministrativa: Proprio in quel periodo ebbe inizio l’odissea della frana: “Non ci furono crolli improvvisi e repentini, la frana avanzava progressivamente, lasciando il tempo di evacuare poco per volta le parti dell’edificio che venivano danneggiate. Così i materiali e i sussidi scolastici, prontamente messi in salvo, non subirono danni. Quello fu il periodo più triste  per l’Istituto, smembrato nelle sue strutture. Si stava sempre col saccone sulle spalle, per via dei continui, incessanti trasferimenti all’interno dell’edificio della documentazione dell’archivio e del materiale della segreteria.

Per alcuni anni gli uffici della segreteria non furono trasferiti insieme alle aule e alla presidenza ma continuarono ad occupare i vecchi locali, in attesa di trovare una sistemazione adatta e di risolvere il delicato problema del trasloco del materia­le d’archivio. La sede scolastica rimase vacante e provvisoria per quasi trent’anni fino alla inaugurazione nell’83 dell’attuale edificio.

In trentacinque anni di attività D’Adamo ha assistito a numerosi cambiamenti all’interno della scuola, a frequenti avvicendamenti nella presidenza, tuttavia le sembra di aver iniziato ieri poiché la passione e l’entusiasmo iniziale per il suo lavoro non sono mai venute meno: “Per fare bene il mio lavoro non potevo badare all’orario, specie nei tempi forti delle iscrizioni e delle nomine dei professori all’inizio dell’anno scolastico. Se era necessario rimanevo fino a  tardi, anche oltre l’orario di lavoro. Per me non si trattava semplicemente di un impiego statale, quel lavoro era diventato la mia vita!”

L’Istituto “Enrico Mattei” compie invece 60 anni. Nato nel 1962, il giornalista D’Adamo ha raccolto la testimonianza a firma di Giuseppe Di Fabio, Giulia Maiella Pastorelli ed Edoardo Suriani (scomparso nel 2018) che raccontano l’istituto a compimento dei trent’anni d’attività.

Dal lontano 1962 quando veni­va aperto a Vasto l’Istituto tecnico industriale. Nei locali della ex Domus Pacis messi a disposizio­ne, 140 alunni non solo di Vasto ma anche del Comprensorio, suddivisi in quat­tro classi numerose, inizia­vano l’avventura di una nuova scuola con i proble­mi, le preoccupazioni e le incertezze che l’accompagnavano.
Sono stati questi 140 pio­nieri guidati da docenti che hanno affrontato osta­coli di ogni genere che han­no permesso alla città del Vasto di disporre, oggi, di un’istituto tecnico indu­striale che conta più di mille alunni e con ben quattro specializzazioni: meccani­ca, chimica, elettrotecnica, informatica e con una mo­derna sede, anche se in­sufficiente per il sempre crescente numero di alun­ni, funzionale e munita di attrezzatura ed apparec­chiature sofisticate che nul­la hanno a che vedere con i due banconi e le poche li­me a disposizione nel 1962.

ITIS 1962 dopo la messa di inaugurazione
I primi alunni di Vasto dell’industriale di Chieti (Noi Vastesi blog)

Una citazione particolare è doveroso rivolgere alla me­moria di don Antonio Moretta che è stato il primo “facente funzio­ne” di preside, ri­masto legato fino al pensiona­mento.

I primi anni sono ancora oggi ricordati per le continue agitazioni e scioperi degli studenti moti­vati principalmente dalla mancanza di una sede. Dopo il primo anno alla Domus Pacis c’è stato il trasfe­rimento a Vasto marina ne­gli stabili messi a disposi­zione da Padre Valeriane e Padre Alberto. Con le due sedi staccate per la neona­ta specializzazione di Chimica, che ha seguito quella ini­ziale di Meccanica. Poi arri­va elettrotecnica. Sono gli anni della ginnasti­ca sull’arenile di Vasto ma­rina e dei laboratori nelle baracche site davanti l’Istituto.

Ma l’Industriale è andato avanti. È la scuola dei figli della emergente working class, di quelli che vedo­no un grande avvenire nel miracolo industriale. Sono gli anni dello sviluppo industriale e l’Abruzzo doveva necessariamente in­traprendere questa strada per non rimanere tagliata fuori se voleva vedere ri­solto il triste fenomeno del­l’emigrazione e dell’agri­coltura povera.

A Vasto nel maggio 1962 ve­niva costituita la Siv, nel set­tembre dello stesso anno nasceva il Consorzio per l’area di sviluppo indu­striale, il 1° ottobre l’Industriale. Ma la sfida a trasformare l’intera area con insediamenti industriali ed infrastrutture necessarie passava anche attraverso la disponibilità a reperire sul mercato locale del lavoro tecnici qualificati che solo un istituto industriale poteva formare.

“Questa scuola, a me carissima, è particolarmente legata ai miei ricordi, perché intessuta inten­samente al mio privato: il mio primo anno di insegnamento, la nascita della mia prima figlia”, scrive Giulia Pastorelli.

L’impatto con una città solare e splendida nella luce accecante del suo golfo e negli aspri pro­fumi della macchia mediterranea: l’incontro con ragazzi “particolari”, parecchi “rien­trati” nella scolarità dopo esperienze di lavoro (le più di­verse: chi come cameriere, chi come elettricista, chi come meccanico) richiamati dal­l’indirizzo dell’Istituto che pro­metteva un futuro più sicuro o più congeniale alle proprie aspirazioni; ragazzi che prove­nivano anche dal circondario di Vasto, da paesi dei nomi a me sconosciuti: Cupello, San Sal­vo, Campomarino ecc, deside­rosi di imparare, dotati di una sensibilità vivissima, dovuta ad una maturità umana frutto spesso di esperienze dolorose, quasi tutti provenienti da un ce­to sociale povero.

E presso la Cattedrale di San Giuseppe, in aule piccole e po­co confortevoli, issate su un primo piano da raggiungere do­po aver superato una scalinata di gradini alti e disagevoli, si so­no svolte le lezioni del primo anno: incontri che, per me, ave­vano del fantastico: la lenta e faticosa scoperta della sacrali­tà della parola, colta nella sua essenza, non tanto attraverso un processo di impegno lette­rario, quanto attraverso repentini, improvvisi e fulminei sprazzi di intuizione.

E, via via, ho accompagnato questi ragaz­zi lungo l’iter dei cinque anni, fi­no alla maturità: successiva­mente in locali più idonei, situati lungo la costa marina, elargitrice di gratificanti brezze, e, quindi l’incontro con autori complessi ed impegnati quali Leopardi e Manzoni, ma anche Pirandello e Pavese.

itis sez chimica 1968 giulia maiella pastorelli 2 a
In alto, la seconda a sinistra la docente Giulia Pastorelli (Noi Vastesi blog)
SCUOLA 5 1969 Cenzino Russo itis
Una classe del professore di educazione fisica, Cenzino Russo (Noi Vastesi blog)

Anni indi­menticabili, che mi hanno mol­to arricchito: ho conosciuto, at­traverso il contatto con le fami­glie, la vita dignitosa e sofferta dei pescatori, dei contadini, de­gli operai, le silen­ziose rinunce, la fatica oppres­siva di tanti padri.
Erano gli anni di un’Italia in ascesa, del boom economico, del centrosinistra che apriva sprazzi di speranza su un futuro tutto da costruire: ed i ragazzi hanno saputo co­gliere tutti, con l’impegno e la volontà di cambiamento, l’oc­casione di un momento storico irripetibile: ed ora sono tutti professionisti affermati, quadri di aziende, ottimi impiegati, ma tutti hanno mantenuto il candore della giovinezza ed in fondo allo sguardo una incontamina­ta umiltà che è il pregio più grande.

Profondamente diversi dai loro figli, molti dei quali so­no i miei attuali alunni degli an­ni ’90: ormai inseriti in un’era tecnologica, sorretti dal benes­sere dei loro padri e, forse, inconsapevoli dei loro sacrifici, di­stratti, come tutti i giovani d’og­gi, da mille svariati interessi, rappresentano il “segno dei tempi”. La concreta testimonianza degli anni che passano e l’ammonimento, per me, di es­sere giunta, ormai, al termine del mio percorso.

Infine, l’intervento di Edoardo Suriani:

Scomparsa mia madre, nel marzo del ’64, mi trasferii da Roma a Vasto per stare vicino a mio padre. Vincenzo Russo, detto Cenzino, professore di educazione fisica a Vasto nella sezione staccata dell’Istituto tecnico industriale statale “Luigi Di Savoia” di Chieti, svolgeva funzioni di coordinatore già da due anni. Mi raccontò dell’intenzione di dar corso alla specializzazione Meccanica in considerazione dei posti di lavoro che si andavano creando nelle industrie sorgenti nella vicina zona industriale di San Salvo. Così aveva necessità di un ingegnere meccanico per l’insegnamento delle materie tecniche. Gli dissi che sarei restato per qualche mese, ma poi avrei cercato lavoro presso qualche grande fabbrica automobilistica. A conclusione, però, di una lunga serie di incontri nel corso dei quali il buon Cenzino cercò in tutti i modi di fiaccare la mia resistenza, un giorno, senza tanti complimenti, mi disse a bruciapelo:
“Guarda che fra dieci giorni iniziano le lezioni, e se tu non ti presenti, mi mandi in galera perché io ho inoltrato la tua domanda di insegnamento falsificando la tua firma…”. Così mi presentai al mio primo giorno di insegnamento. Dopo due o tre ore di lezione entrò in aula Cenzino e mi fece firmare un grosso pacco di carte. Nascosta tra queste si trovava anche la mia domanda di insegnamento!

Con una grande nostalgia, galleggiante su quella sensazione di sottile, sordo e freddo dolore che accompagna sempre il ricordo delle cose belle che sono state e non potranno più essere, quegli anni restano per me i più sereni, veri ed appaganti della mia vita, e sono orgoglioso che tanti di quegli ex allievi (e che ora, più che “ex allievi” sento il bisogno di chiamare “vecchi cari amici”) abbiano saputo farsi strada ed affermarsi in molteplici campi ed attività. Mi inorgoglisce il fatto che forse con un pizzico di immodestia ritengo il mio insegnamento sia stato loro utile nella vita non soltanto per quelle poche o molte nozioni tecniche che al tempo riuscii a trasmettere (e che oggi potrebbero anche….aver dimenticato!) ma ancor più per quella linearità di comportamento e quei fondamentali principi di correttezza e di civile e sociale convivenza che sempre considerai indispensabile corollario educativo a quanto di tecnico andavo loro trasmettendo.

di Redazione ([email protected])
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Tags: istituto matteiistituto palizzinicola d'adamo
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