di Fabrizio Scampoli
Che sarebbe stata una campagna elettorale diversa da tutte quelle precedenti lo si era intuito da subito: gli anni del Covid, la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica e alimentare hanno profondamente modificato il nostro modo di vivere e, quindi, anche il linguaggio della comunicazione politica.
A pochi sarà sfuggita l‘invasione sui social media da parte dei vari leader politici che, dopo Facebook e Twitter, sono sbarcati uno dopo l’altro sulla piattaforma digitale di Tik Tok, proprio in questi giorni in cui si svolge la campagna elettorale per il voto del 25 settembre.
Sarà probabilmente perché le inedite urne settembrine vedranno per la prima volta votare per il Senato anche i giovani tra 18 e 25 anni, fino ad oggi esclusi da tale scelta. Si è quindi aperta una sorta di caccia al voto soprattutto giovanile, che è quello che maggiormente bazzica proprio Tik Tok, da parte dei leader politici che tentano di avvicinare i ragazzi proprio attraverso i nuovi canali digitali.
Il ruolo di precursore nel campo della comunicazione politica lo ha sicuramente svolto, dai primi anni Novanta, Silvio Berlusconi, con i suoi messaggi in TV, con l’illustrazione dei suoi programmi e con la firma dei “contratti” con gli elettori. Di certo, un modo nuovo di fare politica che gli ha permesso in poco tempo di giungere al Governo. Nei giorni scorsi il Cavaliere è sbarcato anche su Tik Tok con un video, rivolto ai ragazzi, che sta ottenendo migliaia di visualizzazioni. Anche gli altri leader del centrodestra hanno intuito l’importanza di essere presenti su questo canale e risultano molto attivi su questo social network: Matteo Salvini ha una fanbase ampia, con oltre 500mila follower, mentre Giorgia Meloni ne ha solo 85mila, ma a suo tempo spopolò col suo video breve ma ormai virale “Io sono Giorgia”.
Su Tik Tok sono stati lanciati in questi giorni i profili anche degli altri partiti. Il PD proverà a spiegare alla platea dei giovani tiktoker il matrimonio egualitario, la legalizzazione della cannabis e la precarietà del lavoro, mentre Carlo Calenda, riconoscendo le sue scarse doti coreografiche, ha garantito che si occuperà esclusivamente di cultura e politica. La stessa cosa che ha promesso Toti: “Non ballerò, ma voglio parlare ai giovani di politica”.
Ma sul network cinese si aggira anche Matteo Renzi che nella sua miniclip, ironicamente, ricorda i tempi del suo meme virale “Shish”, ormai entrato nel vocabolario. Perfino il compassato leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, è attivissimo su Tik Tok e ha quasi raggiunto i 200mila follower. A questa specie di epidemia social non sfuggono nemmeno l’Alleanza Verdi e Sinistra, l’Unione Popolare di Luigi De Magistris e Italexit di Gianluigi Paragone.
Tutti insieme appassionatamente, insomma, come nel celebre film, per cercare di convincere i giovani ad andare a votare e a scegliere le loro proposte politiche: in molti però si chiedono se in una manciata di minuti si possano davvero trasmettere i complessi temi di cui si occupa un governo, altri si interrogano sul fatto che Tik Tok sia un social network cinese, e su quali potenziali rischi internazionali comporterebbero queste clip.
Ma forse Tik Tok va preso per quello che è: un canale di svago, con un target giovanile, nato per scherzare e divertirsi. Infarcirlo di videoclip con i discorsi dei politici potrebbe alla fine rivelarsi un boomerang.