di Fabrizio Scampoli
Con le vacanze estive ormai agli sgoccioli, ci si prepara all’abbrivio del prossimo anno scolastico con i soliti problemi, entrati prepotentemente nella campagna elettorale e acuiti dalla perenne situazione di emergenza della pubblica istruzione.
I partiti fanno a gara per promettere agli insegnanti stipendi adeguati alla media europea, ma solo entro il 2027; fino ad allora, non ci sarebbe trippa per gatti. Il tutto a fronte di un contratto scaduto da 50 mesi, oltre quattro anni, che nessun esecutivo ha voluto davvero rinnovare. E ci si chiede quale altra categoria di lavoratori accetterebbe mai una situazione del genere, senza scioperare e bloccare il Paese: come ad esempio hanno fatto camionisti, tassisti, controllori di volo e tante altre professioni.
Eppure alla Scuola e alla Sanità dobbiamo davvero tanto: è stato l’esercito di maestre e professori, insieme a medici e infermieri, durante gli anni del Covid, a salvare la struttura di base della società, prima con la Dad, poi con la Did, e infine rientrando a scuola, con l’epidemia ancora in corso, a differenza di tanti altri lavoratori pubblici rimasti in smart working.
In quei giorni vennero fate tante promesse e offerte garanzie: ma nulla da allora è stato fatto e la scuola riaprirà i battenti così come li ha chiusi. Istituti non a norma, classi numerose, nessun sistema di aerazione delle aule, mancanza di docenti. Gli stessi problemi che i governi succedutisi negli anni hanno finto di non vedere sperando di risolverli con inutili banchi a rotelle, con fiumi di gel disinfettante e con tonnellate di puzzolenti mascherine che nessuno utilizza e che adesso non si sa come smaltire.
Dignitosamente, in silenzio, i docenti rientreranno nelle loro aule, ben sapendo che le promesse politiche di questi giorni sono solo un’esca elettorale, tanto fumo negli occhi e niente più. Torneranno a svolgere un lavoro fondamentale per il Paese, ma socialmente poco considerato e mai come oggi malpagato: e questo spiega anche perché i giovani laureati preferiscono orientarsi su altre professioni. Presto mancheranno i docenti, e dovremo assumere professori di altre nazionalità, specialmente per quanto riguarda le materie scientifiche. Ma di tutto questo alla politica e ai governi finora è interessato poco.
E allora che fare, davanti alla pervicace opera di annichilimento dell’istruzione? Secondo tutti i docenti, occorrerebbe un ministro a viale Trastevere che venga realmente dal mondo dell’istruzione, uno che abbia insegnato per davvero, magari in scuole di frontiera, e non i soliti cattedratici fumosi, uno che abbia capito la centralità della formazione nella nostra sempre più complessa società e che voglia anche restituire dignità sociale ed economica al ruolo dei docenti, attraverso migliori procedure concorsuali e rinnovando infine i contratti di lavoro.
Ci sarebbe ancora tanto da dire: dalla questione dei precari da stabilizzare ai test INVALSI, dalle aggressioni ai docenti alla riforma definitiva dell’Esame di stato.
Ma se non si affrontano e risolvono i problemi della scuola, il declino della nazione italiana sarà inarrestabile, e saranno i nostri giovani a pagarne lo scotto.