Bene, ci siamo convinti che è vantaggioso occuparci della pianificazione del passaggio generazionale, l’abbiamo trattato nella prima parte a questo link pensando soprattutto al PERCHE’ farlo.
Adesso vediamo cosa possiamo ottenere e soprattutto come.
Lo strumento principale per definire la propria volontà sulla successione dei beni è il TESTAMENTO, che può essere fatto in diversi modi, poi li vediamo.
E se non lo faccio?
La legge prevede che se NON faccio testamento i miei beni, dopo la mia morte, verranno trasmessi agli eredi legittimi in un certo modo già predefinito e standardizzato.
Se invece lo faccio ho diversi vantaggi, come ad esempio la gestione della quota disponibile e la possibilità di evitare la frammentazione dei beni.
Gestire la quota disponibile significa che di una parte di patrimonio ci posso fare quello che voglio, la do a chi dico io.
Invece la frammentazione dei beni, riguarda il fatto che ogni bene verrebbe cointestato con tutti gli altri aventi diritto.
Faccio un esempio per far capire come funziona:
Un vedovo vastese, Pietro, ha 3 figli: Caino, Tizio e Sempronia.
Ha un Patrimonio consistente in:
- un’abitazione principale a Vasto del valore di € 250.000
- un conto corrente bancario con un saldo di € 100.000
- un appartamento a Milano del valore di € 350.000
- una villa in campagna a Paglieta del valore di € 200.000
Caino lavora in Germania, ha litigato con padre e fratelli per aver sempre sperperato denaro, non parla con loro da tanti anni e poi ha sempre anche cercato di seminare odio in famiglia.
Tizio fa l’operaio, è single, vive a casa con il padre e si occupa di tutti i bisogni del genitore.
Sempronia è sposata con un imprenditore di successo, non lavora, ha 2 figli e vive a Roma da 30 anni.
Cosa succederebbe se Pietro facesse o non facesse testamento?
Se non facesse testamento, dopo la sua morte tutti i beni verrebbero intestati ognuno ad ogni fratello per un terzo.
Questo significherebbe che per ogni immobile, ad esempio la casa di Paglieta, o anche quella di Milano, i 3 fratelli si dovrebbero accordare sull’eventualità di vendere la propria parte all’altro oppure a terzi.
Se invece facesse testamento, Pietro potrebbe suddividere i beni ed assegnarli ad ognuno dei figli per esempio cosi:
Totale Patrimonio, valore € 900.000.
La quota disponibile è 1/3 cioè 300.000.
Restano 600.000 da dividere in parti uguali tra Caino, Tizio e Sempronia, e cioè 600.000:3=200.000 ciascuno.
La quota disponibile, cioè quei 300.000 euro potrebbe essere a sua volta suddivisa dando 200.000 a Tizio per riconoscenza del fatto che si è sempre occupato del padre, e 100.000 a Sempronia.
Riepilogo:
a Caino andrebbero 200.000 euro
a Tizio andrebbero 400.000 euro
a Sempronia andrebbero 300.000 euro
Semplificando, Pietro potrebbe dare a Tizio la casa di Milano e metà dei soldi, a Sempronia l’altra metà dei soldi più la casa di Vasto, e a Caino la casa di Paglieta.
Ci ho messo mezzora per far quadrare i conti….. va be.
In questo modo, del tutto legittimo e regolare, Pietro avrà suddiviso i suoi beni tra i figli nella maniera più giusta per lui.
Un altro caso è quando non si hanno eredi prossimi e non si fa testamento.
In questa situazione, se non si riescono a trovare parenti entro il sesto grado, il Patrimonio lo incassa lo Stato. E se si trovano…magari sono tantissimi… ed è impossibile dividere.
Una domanda che spesso ci si pone è se sia meglio rinviare la devoluzione del patrimonio alla propria morte, regolando l’operazione con un testamento o rimettendosi alla disciplina di legge, oppure pianificare la propria successione già in vita tramite una serie di donazioni a favore dei congiunti.
Sotto il profilo sostanziale non ci sono differenze:
anche se si ricorre alla donazione, non possono comunque essere violate le disposizioni di legge in tema di legittima; la donazione non può costituire cioè lo strumento per privarsi del proprio patrimonio e lasciare, alla propria morte, qualcuno dei legittimari (coloro che hanno diritto ad una porzione di patrimonio) senza la quota minima che gli spetta.
Se si vuole già dividere i beni tra i propri successori, lo si può certamente fare disponendo a loro favore in vita con altrettanti atti di donazione, ma si può ottenere lo stesso risultato anche con un testamento che contenga disposizioni specifiche per la divisione del patrimonio tra gli eredi.
Sotto il profilo fiscale, invece, non è possibile fare raffronti sulla convenienza: è vero che alle successioni e alle donazioni si applicano le medesime imposte, ma è altrettanto vero che i presupposti temporali per l’applicazione sono diversi.
Alla donazione si applicano le norme fiscali in vigore al momento in cui viene sottoscritto il relativo atto pubblico; alla successione, invece, quelle vigenti al momento della morte del disponente.
Nel frattempo potrebbero verificarsi variazioni sulle aliquote delle imposte, sui criteri di determinazione della base imponibile, sulla sussistenza della stessa imposta.
Si ricorda che la “pressione fiscale” sulle donazioni e successioni in Italia è tra le più basse dell’intero pianeta, pertanto nel tempo potrebbero essere inasprite.
Il testamento può essere olografo, cioè redatto di pugno dal testatore, oppure pubblico, cioè fatto alla presenza di testimoni presso il notaio.
Ossequi.
Carmela Minelli, consulente finanziario
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