
Il passaggio generazionale è quel momento in cui una generazione succede alla precedente, e ciò accade sia nella gestione organizzativa e strutturale dell’impresa, sia nella famiglia.
Nel passaggio generazionale avviene la trasmissione dei BENI, solitamente da genitori a figli.
Qui, pur trattando la trasmissione dei beni MATERIALI, non posso prescindere o separare o non considerare la natura del motore propulsore di tale evento, e cioè proprio quello che attiene ai beni IMMATERIALI, cioè ai principi, ai sentimenti, buoni o cattivi, che proviamo per coloro che per diritto, amore, odio, affetto, erediteranno ciò che oggi è nostro.
Quando pensiamo al dopo di noi, ci emozioniamo. Nell’atto del pensare di donare, compiamo un gesto d’amore, facciamo una dedica ai nostri cari.
A me capita di pensarci, qualche volta l’ho detto ai miei figli.
Gli ho detto che mai vorrei litigassero per soldi dopo di me.
E allora forse è meglio pensarci subito e soprattutto decidere adesso che siamo in vita come vogliamo che vadano le cose.
Sarebbe il TESTAMENTO?
E già.
No eh?
Adesso no, fallo tu, direbbe mia madre 79enne toccando ferro.
L’80% degli italiani non l’ha fatto; di questi, ben il 60% dichiara di non aver nessuna intenzione di farlo nemmeno in un futuro.
Ma cosa può comportare questo tabù? Quali problemi si possono celare dietro il fatto di non lasciare le proprie ultime volontà?
Tipicamente il popolo latino è scaramantico, pertanto è poco incline ad occuparsi del dopo la propria morte.
Eppure le spinte necessarie a superare la tendenza a POSTICIPARE, utili a superare la SCARAMANZIA ci sono:
- Destinare equamente il proprio patrimonio
- Cautela nell’evitare eredi scomodi
- Protezione dei soggetti economicamente deboli
- Volontà di evitare conflitti e discussioni, anche legali
- Desiderio di proiettarsi nel futuro tramite i discendenti
- Evitare la frammentazione/svendita del patrimonio
- Abbattimento delle tasse di successione
La maggior parte delle persone non è completamente consapevole delle conseguenze di una successione non pianificata.
Nel caso delle coppie sposate e senza figli, per esempio, la partecipazione dei fratelli all’eredità può comportare situazioni indesiderate di comproprietà col coniuge perfino della casa di abitazione.
È il caso di Pietro Mennea che fu costretto a redigere un testamento sul letto di morte per escludere i fratelli con cui non era in buoni rapporti, per favorire la moglie.
Oppure il caso di Lucio Dalla, il quale lasciò il compagno Marco Alemanno senza nulla, perché, non avendo lasciato disposizioni, tutti i suoi beni andarono ai 5 cugini di quarto grado.
Le liti poi finiscono frequentemente in tribunale.
I contenziosi ereditari sono il secondo motivo di causa civile nei nostri tribunali con durata media di 8-10 anni e costi elevatissimi.
Perché esporre a un rischio simile di disarmonia i propri affetti e bruciare almeno il 30% di un patrimonio faticosamente accumulato in spese legali?
È senz’altro meglio predisporre in anticipo l’assegnazione di singoli beni a singoli eredi ed evitare simili conseguenze.
E nelle imprese?
Il tessuto imprenditoriale italiano è formato in prevalenza da imprese familiari, il 65,7%.
A questo si aggiunge che il 55% delle imprese è condotto da imprenditori che hanno oltre 60 anni.
Nelle imprese familiari:
- Solo il 30% sopravvive al fondatore
- Il 13% arriva alla terza generazione
- Il 4% arriva alla quarta generazione
- Solo Il 18% delle imprese prevede di fare un passaggio generazionale nei prossimi 5 anni.
Ma quali strumenti abbiamo a disposizione per operare il giusto passaggio generazionale, e soprattutto, se faccio o non faccio il testamento, cosa cambia in sostanza?
Qui mi fermo, e rimando le risposte alla seconda parte di questo articolo, dove tratterò esempi concreti e dati sui quali regolarsi.
Ossequi.
Carmela Minelli, consulente finanziario
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