di Fabrizio Scampoli
Il dramma in corso sulla Marmolada ha aperto una riflessione a livello nazionale sui problemi climatici e ambientali. Abbiamo rivolto alcune domande al Presidente del CAI Abruzzo, Francesco Sulpizio.
È solo il cambiamento climatico la causa di quel che sta succedendo?
Certamente. Grandissima parte è da attribuire al RISCALDAMENTO GLOBALE, causa questa che sta interessando tutte le aree geografiche del pianeta Terra. I segni più visibili si riscontrano nelle zone artiche ed antartiche, dove si registra l’arretramento delle calotte polari a causa del loro scioglimento dovuto all’aumento della temperatura che negli ultimi 50 anni è stato di 1,10° rispetto al precedente periodo. La nostra società ha bisogno di sempre maggiori risorse energetiche per far fronte al soddisfacimento dei bisogni umani, in primis l’approvvigionamento del cibo; le grandi città, soprattutto quelle sulle coste diventano megalopoli a discapito di quelle regioni della fascia tropicale ed equatoriale che ormai si avviano verso la desertificazione e per questo l’inquinamento atmosferico è molto elevato; l’uso delle fonti energetiche fossili (carbone e petrolio) in alcuni paesi è aumentato a discapito dell’inquinamento che molte fabbriche provocano incuranti del rilascio nell’atmosfera di particelle tossiche (vedasi Cina e India); la produzione di cibo per i paesi industrializzati ha raggiunto punte inimmaginabili (si produce il doppio di quello che si consuma) con grande utilizzo di acqua e mangimi.
Cosa potrebbe succedere sulle montagne abruzzesi?
Sulle Montagne d’Abruzzo stiamo assistendo a cambiamenti visibili anno dopo anno. L’esempio più evidente è lo stato di salute del Ghiacciaio del Calderone, ormai declassato a Glacionevato dall’ISTITUTO GLACIOLOGICO e da LEGA AMBIENTE, che nelle recenti misurazioni ha registrato un’abbassamento notevole del suo spessore e l’aumento dei detriti sedimentati sulla sua superficie. I canaloni esposti a NORD dei nostri tre gruppi montuosi maggiori (Gran Sasso, Maiella e Sirente) fino a qualche anno fa conservavano neve fino ad estate inoltrata: ora non più. Lo zero termico, che si registrava anche d’estate, ormai è ben oltre l’altezza delle vette maggiori (Corno Grande e Monte Amaro). Le nostre montagne, anche se durante l’inverno sono ricoperte di neve, ma non abbastanza, non riescono a fare da spugna e quindi a trattenere l’acqua di fusione. La già scarsa presenza di fontane sui sentieri è aggravata dal prosciugamento di molte di esse e, quindi, per gli escursionisti, i frequentatori, si fa sempre più impegnativa l’attività in Montagna. Sta avvenendo sempre più spesso che fontane presenti nella cartografia escursionistica poi risultano asciutte provocando pericolose situazioni di sopravvivenza. Certamente le Vette continueranno ad essere raggiunte ma, dobbiamo entrare nell’ordine di idee che non basterà un solo litro di acqua. Non è da meno il cedimento strutturale di molti sentieri e vie di arrampicata dovuto a sempre più frequenti frane.
Che comportamenti dovremmo adottare per arginare il problema?
Il problema poteva essere affrontato con una comunione di intenti globale già da molti anni ma, ora che il danno ormai è irreversibile, possiamo solo adottare comportamenti non lesivi dell’ambiente: utilizzare l’acqua in modo oculato, non sprecare l’acqua, eliminare quasi totalmente la plastica, utilizzare di meno le auto, abbassare il riscaldamento nelle case d’inverno, diminuire l’uso dei condizionatori, mantenere efficienti le nostre auto, eliminare le auto obsolete, utilizzare la bicicletta (quella con i pedali e non elettriche ma, questa è una mia personale opinione), camminare di più a piedi, utilizzare i mezzi pubblici (elettrici se ci sono), impariamo noi per dare l’esempio alle generazioni .Tanto possiamo fare, però solo se siamo tutti a farlo.