VASTO – Uscito malconcio dal Giro d’Italia, respinto da subito nella classifica generale con la resa senza condizioni sulle rampe che portavano a Potenza prima, e sul suo Blockhaus poi, Giulio Ciccone salva la “corsa rosa” con l’impresa nella 15esima tappa da Rivarolo a Cogne.
Una rinascita inattesa con una fuga d’altri tempi. In solitaria. Un solo acuto. Bello, ma troppo poco per i tanti tifosi abruzzesi che lo hanno acclamato sulle strade di casa. E’ il suo terzo successo in carriera. Il Giro è ormai alle spalle. Domani si riparte da Copenaghen per tre tappe in terra danese della 109esima edizione del Tour de France, di gran lunga la più importante corsa a tappe di ciclismo. Ventuno frazioni per 3328 chilometri con arrivo, come da tradizione, sui Campi Elisi a Parigi il 24 luglio.
“Voglio vincere una tappa e divertirmi”, le parole di Giulio Ciccone a poche ore dal via. Con il sogno della maglia a Pois, da sempre la più amata dal pubblico e dai corridori. Nella sua epopea ormai secolare ha rappresentato un riconoscimento alla tenacia e alla combattività lungo le assolute pendenze dei Pirenei o sulle rampe per noi umani inaccessibili delle Alpi. Ma Giulio dovrà sfidare lui, Tadej Pogacar, il moderno “cannibale” capace del grande slam: maglia Gialla, a Pois e leader dei giovani.
Ciccone sa come si vince. I francesi lo hanno conosciuto nel 2019 quando indossò il simbolo del primato al termine del durissimo arrivo a La Planches des Belles Filles alle spalle del belga Teuns. Giulio rassicura i suoi tifosi sulla propria condizione fisica: “I problemi di salute che ho avuto prima del Giro sono alle spalle. Spero di divertirmi e far divertire in queste tre bellissime settimane sulle strade di Francia”.
“Avrai la maglia gialla/Tra le acclamazioni, i fiori/Puoi farcela come un ciclone/Sorpassi i corridori/Quindi avrai la maglia gialla/È la maglia del vincitore”.
Poche frasi di una vecchia canzone d’Oltralpe del 1936 che enfatizzava quello che diventerà il simbolo dello sport francese. Ma non solo. E chissà che come un ciclone, Giulio non ci farà rivivere le passioni, le emozioni, l’adrenalina che solo il ciclismo sa donare.