ATESSA – Nicola Manzi è stato rieletto all’unanimità segretario generale dell’Unione italiana lavoratori metalmeccanici (Uilm) Chieti-Pescara durante il terzo congresso. Lo fa sapere una nota del sindacato.
Nel corso del terzo congresso tenutosi ad Atessa, un’altissima partecipazione di delegati e ospiti hanno accolto con entusiasmo la rielezione di Manzi.
Eletti nella segreteria del sindacato metalmeccanico interprovinciale anche Achille Di Sciullo e Riccardo Nunziato, mentre fanno parte dell’esecutivo
Giancarlo Carlucci, Francesco Flaminio, Giovanni Celio, Felice De Meo, Roberto Rossi e Domenico Serafini.
“Ringrazio – ha detto Manzi – tutte le Rsu, Rsa, i componenti del direttivo, del consiglio territoriale e dell’esecutivo”. Il neo rieletto segretario generale si è poi soffermato sulla situazione attuale che vive il mondo automotive sul territorio delle due province. “A causa della transizione ecologica, della pandemia, della mancanza di microchip, di componenti e dell’ennesima guerra – ha sottolineato il segretario Uilm – stiamo perdendo posti di lavoro. Basti guardare alla Sevel, che nel 2022 ha commesse con numeri da record produttivo per oltre 300 mila veicoli, ma non riesce a lavorare per mancanza di componentistica”.
“In Sevel, – ha aggiunto – non c’è stato il tanto sperato ricambio generazionale. L’uscita dei lavoratori in pensione non è stata seguita da nuove assunzioni, pertanto il più grande stabilimento dell’Abruzzo, che solo qualche anno fa dava lavoro a oltre seimila 500 dipendenti diretti, oggi impiega circa 5 mila 300 addetti, a cui si aggiungono 300 lavoratori in somministrazione”.
La crisi dei microchip si è abbattuta pesantemente anche sull’indotto: “Le aziende di fornitura della Sevel si erano organizzate, anche con investimenti importanti e nuove assunzioni, per lavorare a 18 turni e seguire i record produttivi annunciati – ha rimarcato il segretario generale Uilm Chieti-Pescara – ma la contrazione dell’attività in Sevel, causata dalla mancanza di componentistica, a cui è seguita la drastica riduzione dei turni di lavoro da 18 a 15, hanno costretto le aziende dell’indotto a rinunciare a tanti lavoratori giovani in somministrazione, creando una perdita economica e occupazionale che stimiamo intorno ai mille 500 addetti, nella sola Val di Sangro”.
“La crisi ha colpito anche la Denso di San Salvo. Lo stabilimento giapponese con circa mille 180 dipendenti soffriva da diversi anni di problemi legati a bilanci negativi, nonostante il fatturato annuo superasse i 320 milioni di euro. Negli ultimi due anni, con la brusca frenata del mercato automobilistico in Europa, le perdite nel bilancio sono aumentate a dismisura e sono andate fuori controllo, al punto che i giapponesi sono dovuti intervenire per ricapitalizzare la società. – ha proseguito Manzi -. Nel 2021 l’azienda apriva un tavolo di crisi dichiarando di avere 200 lavoratori in esubero. Nonostante le molte difficoltà, siamo riusciti a sottoscrivere un piano industriale che, oltre a prevedere investimenti per circa 65 milioni di euro, stabilisce come unico criterio per la fuoriuscita dei lavoratori la volontarietà, attraverso un percorso incentivato, l’utilizzo di ammortizzatori sociali condivisi e i contratti di espansione. Dopo gli accorati appelli e le molteplici richieste rivolte a gran voce alla proprietà, di invertire la rotta, finalmente siamo stati ascoltati. Alla fine di marzo 2022, è arrivato un nuovo presidente italiano, che in tre giorni ha azzerato la vecchia direzione e sta portando lavoro dal Giappone, Stati Uniti e Brasile, con l’obiettivo di riorganizzare lo stabilimento. Speriamo che sia l’uscita definitiva da una crisi decennale”.
Ma non esistono solo le cattive notizie. E’ il caso di alcuni stabilimenti come l’Aptar Italia di San Giovanni Teatino e di Manoppello, “dove vi lavorano circa 500 addetti e si producono micropompe e dispenser per prodotti di profumeria per il mercato europeo che non hanno mai risentito della crisi, hanno lavorato sempre e senza far ricorso alla cassa integrazione”.
“Un segnale importante – fa notare ancora Manzi – arriva dalla prima azienda metalmeccanica della Val di Sangro con oltre cinquanta anni di storia: Honda Italia. Dopo anni bui ha rialzato la testa ed è ripartita. Negli ultimi anni e, nonostante diverse fermate produttive per la mancata fornitura di componenti provenienti dai paesi asiatici, la Honda ricomincia ad assumere. Gli accordi sindacali, la progettualità, il lavoro, hanno fatto in modo che, dopo 12 anni, da questo mese, circa 150 persone saranno assunte, una parte con contratti a tempo indeterminato Honda e un’altra parte in staff leasing dalle agenzie. Altra nota di rilievo – ha concluso il segretario Uilm – San Marco Industrial. Dopo aver rischiato nel settembre del 2020 la chiusura, adesso, grazie ad un’importante commessa con la Abb e Mobility Spa per la produzione di colonnine per la ricarica delle batterie delle auto elettriche, ha interrotto una lunga procedura di mobilità e la cassa integrazione straordinaria, riprendendo la normale attività con tutti i 90 dipendenti”.