VASTO – Calano finalmente i decessi sul lavoro in Abruzzo, ma non gli infortuni. Secondo l’ultimo dato dell’Osservatorio sulla sicurezza Vega di Mestre, la nostra regione ha visto diminuire del 15 per cento le morti bianche, ma registra il 48 per cento in più di denunce d’infortunio, soprattutto nei settori della sanità e dei trasporti.
Dopo tre anni di attribuzione di zona rossa per un aumento del 25 per cento dell’incidenza media dei decessi, l’Abruzzo è passata nel primo quadrimestre del 2022 fra le regioni arancioni, insieme con il Molise, uscito anch’esso dalla maglia nera nazionale.
Scenario però che non tranquillizza affatto gli animi. Le regioni che registrano il maggior numero di decessi sono Puglia, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Toscana se guardiamo l’indice d’incidenza media. Se invece andiamo ad analizzare i numeri assoluti, a guidare la classifica del maggior numero di vittime sul lavoro è la regione con la più alta popolazione attiva nazionale, la Lombardia.
Le restanti regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania e Basilicata) si trovano nelle zone gialle e bianche ma sono le stesse che registrano pure il minor numero di occupati stabili. La precarietà resta ancora un elemento sul quale riflettere sia in termini di stabilità occupazionale sia in quelli di professionalità acquisita, tale da garantire sicurezza e conoscenza delle norme sulla tutela del lavoro pure da parte dei dipendenti.
Rientra in quest’ambito, l’iniziativa del governo d’impegnare le forze dell’ordine locali (Comandi provinciali di carabinieri, guardia costiera, forestale) per il controllo e la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Già diverse le segnalazioni giunte a Zonalocale di denunce e sanzioni amministrative comminate alle aziende che risultano in contrasto con le leggi in materia.
Purtroppo, da gennaio ad aprile, vale a dire solo 4 mesi, l’Italia piange 261 vittime.
“Se il decremento della mortalità sul lavoro – dichiara Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Vega Engineering di Mestre – rappresenta un dato confortante (-15% rispetto allo scorso anno), bisogna precisare che in questi numeri sono completamente spariti gli infortuni mortali per Covid. Se nel primo quadrimestre del 2021 ne erano stati conteggiati circa 187, quest’anno, nello stesso periodo, se ne registrano 10. Questo spiega la forte diminuzione degli infortuni mortali, – precisa – in contrasto con un netto aumento del 48 per cento delle denunce d’infortunio. Duecentosessantuno vittime significano più di due morti al giorno: una tragedia che non conosce fine”.
I settori più colpiti sono trasporto e magazzinaggio, seguono le costruzioni e attività manifatturiere.
La fascia d’età è sempre quella tra i 55 e i 64 anni (69 persone su un totale di 191). Ma l’indice d’incidenza più alto di mortalità viene rilevato tra i lavoratori più anziani, gli ultrasessantacinquenni.
Le donne che hanno perso la vita sono 17 su 191. In 11, invece, hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro.
Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono stati 25.
Il martedì si conferma come il giorno della settimana in cui si verifica il maggior numero di infortuni mortali.