VASTO – “Sono uno dei tanti medici che si sono dimessi dai Pronto Soccorso nel 2022. Lavoro al PS di Vasto e questa è una lettera per i miei colleghi. Mi farebbe piacere se la pubblicaste. Grazie”.
Queste le poche righe, firmate, che accompagnano una mail giunta in redazione. Una mail toccante, che mostra la vera vita che si svolge ogni giorno nel pronto soccorso dell’ospedale San Pio da Pietralcina. Righe sincere, che abbiamo deciso di pubblicare e proporvi.
“Al rapido passaggio del mio badge sono in anticipo di mezz?ora. Ai reparti dell?ospedale di Vasto si accede tramite una rampetta coperta da una lunga pensilina, affianco alla statua di Padre Pio. La percorro a passo svelto e dopo un po? mi ritrovo nella stanza a noi riservata con gli armadietti in sovrannumero, tutti in metallo. La stanzetta é piccola e scomoda e rispecchia la struttura datata dell?ospedale che assomiglia ad un vecchio attore di teatro in sala trucco. Io e Mariangela siamo arrivati al pronto soccorso di Vasto un anno e mezzo fa. Preparata e rispettosa, voce sommessa tra problemi e dubbi dopo le tante telefonate scambiate nei cambi turno.
Ho appena indossato la divisa bordeaux e gli zoccoli,sistemato gli occhiali da lettura e l?FFp2 e sono pronto.
Diana mi dice che nel nostro lavoro non si è mai davvero preparati ed ogni volta che iniziamo il turno é come sostenere un esame. Stanotte sto in sala urgenze e al cambio turno Rosa mi parla dei pazienti che ha lasciato, spiegandomi i sintomi e gli esami fatti, i ricoveri precedenti e le medicine che assumono. Un paio di loro vanno ricoverati ma non ci sono posti disponibili e non è una novità. Mi ‘passa il caso? come può fare un quattrocentista al passaggio del testimone. Diana e Rosa le conosco da un po? e gestiscono le situazioni più complicate con calma,senza scomporsi.
Mi siedo e inserisco la password nel compute .
A tutto schermo appaiono colori gialli e verdi. Codici associati a persone molte delle quali sono già da un po? nella piccola sala d?attesa. Altre persone sono nel percorso covid, perché affannati o perché hanno la febbre e di là c?è Silvia, la più giovane del gruppo e ben preparata che si trattiene ancora, oltre l?orario del cambio. Le consegne le prenderà Francesca, instancabile ed educata, signora indiscussa dei nostri testcovid.
Apro la porta scorrevole della sala d?attesa per chiamare il ‘mio codice giallo?.
Inevitabilmente mi sento osservato da tutti. Nessuno di loro sceglie in quale stanza andare in un pronto soccorso. Sperano solo di essere visitati presto e soprattutto di risolvere il problema. Come pensare il contrario? “…chiunque può sopportare un dolore, tranne chi ce l?ha”. (W.S.)
Il mio paziente in sovrappeso e col dolore al petto é ora disteso sul lettino.
Effettua un prelievo di sangue, scopre il torace e si posizionano gli elettrodi. Indosso guanti azzurri monouso e prima di avvicinarmi mi risistemo bene la doppia mascherina con un gesto automatico di difesa.
E? stato un periodo terribile per tutti. Noi del ps ci stiamo ancora dentro.
Tutte le procedure si sono complicate con l?introduzione del doppio percorso (covid e non-covid) e il reparto di malattie infettive è sempre pieno, troppe cose non funzionano e così siamo tutti provati.
Carla, Virginia ed Ornella vivono e lavorano a Vasto da tanti anni alternando momenti di stanchezza e pensieri di fuga, gratificazioni e ripensamenti, con un inconscio patto d?amore con questa città.
Ascolto Il paziente e mi dice che ha un dolore toracico da qualche giorno e che si è accentuato in serata.
Era stato visto di recente da Gianluca e rimandato a casa in perfetto benessere. Il tracciato mi sembra normale e con gli esami completi chiamerò il consulente. Mi trovo bene a lavorare con Gianluca, sguardo d?intesa e tacito accordo nel dividerci i pazienti difficili. E abbiamo lo stesso atteggiamento diretto e sbrigativo col paziente che viene per un dolore al dito! L?accesso improprio è una costante in tutti i pronto soccorso,rendendo ulteriormente problematico il lavoro degli operatori.
Chiedo e trascrivo la terapia che il paziente assume a casa,l?anamnesi e i ricoveri precedenti.
Non sono per niente abile col pc. Certo non come Roberta pianista di clavicembalo e dita velocissime a trasformare i rumori della tastiera in informazioni e dati clinici impeccabili e non ho nemmeno la calma e l?ordine di Anna o il timbro della sua voce con le domande e le richieste ben scandite. Augusto è il nostro capo-supervisor e ogni mattina,tra non poche difficoltà, sbroglia i problemi dell?OBI chiedendo posti in ‘area pulita? o dimettendo i pazienti stabili al fine di liberare i pochi letti del piccolo reparto. Ha una divisa celeste e scarpe da tennis e proprio come un tennista è in gara tutti i giorni, rimandando la pallina oltre la rete.
Inserisco la richiesta e telefono in radiologia La stampante questa volta non fa capricci. Ho appena firmato il foglio per eseguire un Rx al torace e chiamo ad alta voce “il mio paziente può scendere. Per piacere, chi lo accompagna in radiologia?”.
É così iniziato uno dei miei ultimi turni di notte nel ps di Vasto.
Sono un medico e loro sono i miei colleghi.
Reali e non quelli di una fiction tv. Brillanti e disponibili, scrupolosi attenti e professionali ma anche indecisi e impotenti, incompleti e imperfetti. Arrabbiati. Con loro ho condiviso soddisfazioni e ansie.
E a tutti loro voglio dire questo: grazie.
Per quello che fate”.