Oggi 25 aprile in tutta Italia è la Festa di Liberazione. Con questa data la storia ci ricorda la fine dell’occupazione tedesca in Italia, del regime fascista e della Seconda Guerra Mondiale che lasciò sul campo milioni di morti tra soldati e civili.
In tutta Italia, bandiere tricolore, bande musicali, politici e cravatte in prima linea in qualcosa che è diventata più una consuetudine che un vero render onore alla Libertà. Qualcosa che ci dimentichiamo non appena torniamo nelle nostre case, accendiamo la tv e magari acquisiamo per osmosi il pensiero di qualcun altro.
Anche se molti di noi non li hanno vissuti, quelli della Seconda Guerra Mondiale sono stati i tempi delle vere e pesanti privazioni, dei razionamenti del cibo e dei crampi allo stomaco, dell’annullamento delle libertà personali e di pensiero, di credo religioso e di orientamento sessuale.
Dovevi necessariamente essere sano e robusto, politicamente allineato, convintamente maschio o convintamente femmina e cattolico praticante. Guai a essere di un colore diverso dal bianco candido: i manganelli neri erano sempre pronti e venivano a battere alla tua porta e ombre scure apparivano dietro la finestra. Stai sicuro che erano guai.
Ora sì, abbiamo tutto, ma abbiamo la sensazione che ci manchi sempre qualcosa, è l’epoca dei bisogni infiniti e dell’invidia materiale. Abbiamo sì la libertà di comprare tutto quello che vogliamo, ma siamo obbligati a farlo tra i prodotti che ci vengono imposti dalla moda del momento e dal meccanismo perverso che crea falsi bisogni per venderci un nuovo prodotto diventato improvvisamente ‘indispensabile’.
È una prigione mentale autocostruita attorno a noi stessi che, ogni giorno che passa, diventa sempre più stretta e soffocante. Siamo liberi di muoverci dove vogliamo fino a quando la catena che ci tiene legata la caviglia all’albero non diventa troppo tesa.
Ma questa prigione può scomparire in un momento se solo lo vogliamo. Basta un click di pensiero, un interruttore che si accende e che ci fa alzare la testa verso un cielo azzurro, un campo di grano giovane e verdissimo e un mare color turchese. La libertà è forse una questione mentale ed è proprio nella mente che possiamo liberarci e trovare un sentiero nuovo da percorrere.
Se ci pensiamo, forse la vera libertà è non essere mentalmente dipendenti da niente e da nessuno, avere bisogno del meno possibile per vivere, delle scarpe comode, una t-shirt e dei jeans, una borraccia d’acqua e della frutta fresca e la voglia di andare a vedere come il mondo e la natura costruiscono spettacoli irripetibili ogni secondo che passa.
In realtà, non so bene cosa sia la libertà, a volte mi sento libero e a volte no, è una parola troppo difficile da ben intendere e quindi da raccontare. Qualcosa su cui scrittori e filosofi hanno dedicato vite ma che, alla fine, nessuno è riuscito mai a definire per bene, forse perché implica una visione soggettiva, una parola che nella sua rara bellezza dice tutto e non dice niente, se non la facciamo realmente nostra.
Penso che – per vedere l’effetto che fa – ognuno dovrebbe applicarla su se stesso la Libertà, cucirsela addosso, perché lo sappiamo bene che tutti, davanti allo specchio della vita, avvertiamo distintamente quando il nostro cuore e la nostra anima sono realmente liberi, non possiamo mentire a noi stessi. Quando succede è una nota d’improvviso intonata lì dove prima c’era un fastidioso rumore di fondo.
Se è vero questo, forse solo nella natura, lontano il più possibile dai marchingegni costruiti dall’uomo moderno, che ci possiamo sentire liberi, protetti e felici, col cuor contento, con la vita perfettamente allineata al meccanismo meraviglioso della Terra che nulla sbaglia e che tutto valorizza.
Anche l’essere umano che, nel suo cammino di liberazione, decide di abbandonarsi a essa e di lasciarsi trasportare lì in un luogo senza tempo e senza spazio, capisce che la libertà non è più una semplice parola, ma è una condizione esistenziale nella quale diventa libero di scegliere. E così succede che, senza pensarci neppure, alla guerra sanguinosa preferisce la pace duratura.
Roberto De Ficis