VASTO – Oggi si torna in mare. E’ trascorsa una settimana da quando i pescatori di Vasto hanno consegnato in Capitaneria di Porto la documentazione per l’impossibilità di esercitare l’attività a causa dell’aumento del costo del gasolio. Una settimana di fermo che di certo non è bastata a cambiare le cose, ma che ha dimostrato l’insostenibilità di ulteriori giorni di protesta. I pescherecci non possono restare in banchina, nonostante gli obiettivi prefissati non siano stati raggiunti.
“Torniamo in mare solo perché le marinerie del nord sono riuscite – dice a Zonalocale l’armatore Luigi Sabatino – e quindi ci stiamo facendo guerra tra di noi. Avendo immesso sul mercato molto meno prodotto di quello che di solito si immette se lavoriamo tutti, hanno coperto le spese con il prezzo del prodotto, che è salito dal momento che ce n’è meno. Torniamo in mare un po’ perché noi pescatori non siamo abitauti a chiedere l’elemosina ma a guadagnarci i soldi, un po’ perché le istituzioni non ci danno retta.
Non era previsto che i nostri colleghi del nord tornassero in mare, perché si era parlato di protrarre la protesta ad oltranza, e io sono contrario a riuscire, ma purtroppo se la massa va, non posso restare in banchina perché se non lavoro non posso pagare i dipendenti. D’altro canto, sarà difficile coprire le spese!
Per fare un esempio, nel 2008 avevamo avuto dei picchi di prezzo per quanto riguarda il gasolio: il barile era arrivato a 156 dollari e il gasolio utilizzato dalle nostre barche aveva raggiunto un picco massimo di 75 centesimi; io ho una barca media, da 500 cavalli, e consumo mille litri al giorno, ovvero 750 euro quotidiani. Ora il gasolio sta a 1 euro e 20, cioè 1200 euro al giorno. E i guadagni non compensano una simile uscita.
Comunque oggi si riparte ma scaglionati, al fine di tamponare le spese: non si lavorerà più 4 giorni ma due, ovvero metà flotta lunedì e martedì, l’altra metà mercoledì e giovedì per cercare di coprire le uscite di quei due giorni con il prezzo del pesce. E questa è un’altra cosa che non va bene perché finisce per ripercuotersi sul consumatore. E voglio fare una previsione: se non cambia qualcosa, a breve ci rifermeremo di certo, perché così non ce la facciamo. E’ solo questione di tempo, ma inevitabilmente si procederà con un altro stop”.