“Sono trascorsi due anni di pandemia senza individuare adeguate soluzioni per garantire l’assistenza ai pazienti più fragili come quelli oncologici, cardiologici e ematologici. Siamo molto preoccupati per il blocco, di fatto, dell’attività chirurgica programmata determinato dalla nuova ondata pandemica causata dalla variante Omicron. Questa paralisi rischia di provocare gravi danni ai nostri pazienti, che sono circa 11 milioni in Italia”. A lanciare un nuovo allarme è la Foce, Confederazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi, che riunisce le principali fondazioni e associazioni mediche: Fondazione “Insieme contro il Cancro”, “Il Cuore siamo Noi” – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione, Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), Società Italiana di Cardiologia (SIC) e Società Italiana di Ematologia (SIE).
Per la Confederazione “il rinvio degli interventi chirurgici può favorire lo sviluppo di tumori in fasi più avanzate, con minori possibilità di guarigione. Serve un’urgente ridefinizione del Sistema sanitario nazionale, modernizzando e rafforzando gli ospedali, rifondando la medicina territoriale, con una netta separazione fra ospedali, ambiti di cura e assistenza per pazienti Covid e non Covid”.
“In questi due anni abbiamo proposto documenti operativi alle Istituzioni con continui confronti, ma non è stato realizzato nulla per proteggere i pazienti fragili – spiega Francesco Cognetti, Presidente FOCE -. Nel 2020 sono stati oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019, sono saltati anche quelli urgenti. I ricoveri di chirurgia oncologica hanno visto una contrazione vistosa ed una diminuzione di circa il 50-80% dell’attività elettiva, cioè programmata, come comunicato dalla Società Italiana di Chirurgia”. Nel 2021 era stata recuperata una parte di queste attività. Ma la situazione attuale segna una drammatica regressione. Anche in ambito cardiovascolare nel 2020 il calo dei ricoveri è stato di circa il 20% (per impianti di defibrillatori, pacemaker ed interventi cardiochirurgici rilevanti) e ancora maggiore per infarto del miocardio con aumento della mortalità. La Società Italiana di Cardiologia (SIC) sta realizzando un’indagine per aggiornare questi dati, ma ad un’analisi preliminare sembra che la situazione non sia migliorata.
Il professor Cognetti ricorda che è stato “più volte chiesto anche il riavvio degli screening anticancro su tutto il territorio nazionale. Nel 2020 rispetto al 2019, sono stati eseguiti circa 2 milioni e mezzo di screening in meno. La riduzione degli esami è stata pari al 45,5% per lo screening colorettale (-1.110.414 test), al 43,4% per quello cervicale (-669.742), al 37,6% per le mammografie (-751.879). Nell’autunno 2020 alcune Regioni sono riuscite ad erogare più test rispetto al 2019. Mancano però i dati del 2021 per fotografare lo stato dei programmi di prevenzione secondaria. Serve un aggiornamento almeno semestrale per capire in tempo reale le criticità da affrontare. Gli screening sono fondamentali per individuare le neoplasie in fase iniziale e migliorare la sopravvivenza”.
Occorre agire per invertire la tendenza. “Le carenze del settore ospedaliero, come spiegato nel documento programmatico stilato dalle società scientifiche riunite nel Forum Permanente sul Sistema Sanitario Nazionale nel post Covid – conclude il prof. Cognetti -, sono tra le cause principali che stanno provocando effetti estremamente dannosi durante la pandemia. Serve quanto prima una revisione del DM 70 sugli standard ospedalieri. È necessario assegnare più risorse all’assistenza nosocomiale, attingendo anche dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e non solo”.