Se sentissimo parlare di globalizzazione in maniera positiva e non come quel fenomeno che sta determinato la perdita dell’identità di ogni singolo Paese, riusciremmo ad avere una visione differente di questo processo e delle sue conseguenze? L’abbattimento delle varie barriere, in ogni singolo contesto, permette un duplice riscontro: da un lato un’omologazione caotica e standardizzata, dall’altro può fornire gli strumenti adatti che permettono di far raggiungere obiettivi positivi al singolo e alla collettività.
Da questa breve premessa emerge un punto importante: spetta a noi decidere se cogliere gli aspetti positivi dei numerosi fenomeni che si susseguono incessantemente, oppure imbatterci nella molteplicità di svantaggi e difficoltà; in sostanza è come se scegliessimo di guardare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
L’obiettivo è diffondere quel pensiero basato sulla logica che ogni singolo approccio sia a sé, sottolineando quanto sia importante esprimere la propria opinione e non aspettare che qualcun altro lo faccia al posto nostro.
Perché questo?
Riprendiamo l’esempio della globalizzazione: è un concetto di cui si discute da molto, su di esso sono stati scritti libri, saggi, realizzati film che hanno permesso a noi cittadini di avere una visione più ampia. Pertanto, da ciò emerge che tutti sappiamo di cosa si tratti, a cosa alluda tale termine, ma spesso ci si dimentica dell’aspetto più rilevante: l’interpretazione soggettiva.
È proprio in questo caso che non possiamo far affidamento sui pensieri altrui oppure su tutto ciò che leggiamo senza esprimere un personale punto di vista, in quanto ciò comporterebbe un appiattimento delle nostre interpretazioni.
Questo pensiero non determina il cambiamento del fenomeno in questione, ma piuttosto una visione globale e accurata di ogni aspetto e, così facendo, si cerca di non tralasciare parti significative.
Ogni aspetto, nel suo insieme, può essere considerato positivo o negativo in base al contesto nel quale è inserito e un esempio calzante è quello della solidarietà umana.
Per quanto globalizzazione e solidarietà sembrino così tanto distanti e incongruenti, in realtà non è esattamente così. A tal proposito dovremmo chiederci: è possibile globalizzare la solidarietà?
La solidarietà è un valore antico, il termine deriva dal latino solidum, che significa «moneta», in particolare dall’espressione del diritto romano in solidum obligari, ovvero obbligazione in solido, cioè un’obbligazione per cui diversi debitori si impegnano a pagare gli uni per gli altri e ognuno per tutti una somma presa in prestito o dovuta in altro modo.
Intorno all’Ottocento il termine “solidarietà” comincia ad entrare nell’uso nella sua accezione moderna per esprimere l’idea di una fratellanza universale degli uomini, la convinzione che l’intero genere umano formi un’unica famiglia.
Avendo brevemente visto l’origine e la successiva modernizzazione di questa parola, è doveroso proiettare il nostro sguardo nel 2040, piuttosto che nel 2060, e domandarci: a distanza di anni, ci sembra possibile l’ipotesi di aver finalmente superato le molteplici crisi, come quella economica, migratoria, climatica con cui ci confrontiamo assiduamente?
Il nostro ambiente, a distanza di decenni, sarà peggiorato, deteriorato? Il divario economico e sociale sarà aumentato?
Può essere che tra qualche decennio il nostro unico obiettivo sarà quello di costruire il cosiddetto “mondo dell’ognuno per sé”, in cui guadagnare la sopravvivenza individuale e tendere ancor di più all’allontanamento sociale.
Se, invece, pensassimo ad un modo per inventare “l’ognuno per tutti” o, meglio ancora, la solidarietà globalizzata?
È esattamente questo ciò che ci permetterebbe di vivere davvero in una società e non di essere solamente uno dei tanti individui che interagisce solo quando è obbligato, oppure se è il contesto sociale a richiederlo o imporlo.
Gli ingredienti utili affinché ci si approcci consapevolmente e correttamente alla formazione della solidarietà umana sono numerosi, ma a dominare tra tutti annoveriamo: la collaborazione, la costanza e la determinatezza.
Ogni nostra parola ha un’incidenza collettiva da non sottovalutare, esattamente come i nostri gesti: da considerare, in specifiche circostanze, determinanti.
A tal proposito, è calzante il discorso relativo all’importanza attribuita proprio alla Giornata Internazionale della solidarietà umana, la quale è decisiva per lo sviluppo sociale a livello planetario.
Tale Giornata è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2005, con con lo scopo di realizzare programmi d’azione per promuovere lo sviluppo umano, specie delle aree più povere del pianeta.
È stata istituita dalle Nazioni Unite per avere un giorno in cui parlare di unità, ricordare ai governi il rispetto verso il loro impegno internazionale, incoraggiare il dibattito e promuovere la solidarietà, accendendo anche i riflettori sui bisogni dei paesi in via di sviluppo e per muovere azioni virtuose capaci di attivare iniziative contro la povertà.
È, dunque, l’arma capace di unire le persone e colmare le distanze che rendono difficile il progresso umano.
Rispetto agli anni passati, stiamo familiarizzando con questo concetto anche in vista del fatto che, da quando l’attenzione rivolta verso di esso è aumentata, si è verificato un vero e proprio mutamento positivo a livello internazionale, il cui contributo alla realizzazione è giunto sia dai governi locali che dalle associazioni umanitarie.
Nonostante il raggiungimento di qualche obiettivo e piccole conquiste, però, occorre uno sforzo collettivo della politica mondiale, realizzabile radicando all’interno della società il valore più bello del vivere civile: la solidarietà umana tra tutti gli uomini.
Talvolta si interpreta un simile discorso solamente in termini economici, piuttosto che politici, senza accorgersi del fatto che, per poter approdare ad un equilibrio nei campi appena citati, è innanzitutto doveroso perseguirlo nell’ambito sociale, proprio perché le associazioni e le imprese, da sole, non possono colmare il gap economico tra ricchi e poveri.
Per quanto possa sembrarci strano e paradossale, siamo proprio noi a possedere quella chiave utile a far nascere gradualmente la voglia di raggiungere un adeguato stato di solidarietà, in modo da far combaciare ogni singolo pezzo, necessario a completare il secondo step: rendersi utili alla collettività.
Esiste una via sbagliata e una giusta per raggiungere questa solidarietà?
Il perseguimento di questo ideale è difficile, a tal punto che può apparire come impossibile, ma in verità, dando più spazio ai sentimenti positivi, ad azioni che nobilitano l’animo e che ci permettono di arricchire gli altri, possiamo dimostrare che si vive meglio.
Nonostante possa sembrare un discorso lontano, la verità risiede nel fatto che, anche in una società moderna e avanzata come la nostra, l’assenza di solidarietà comporterebbe gravi conseguenze, minando la coesione e il tessuto sociale.
Benedetta Argentieri