Non si sono fatti attendere i ricorsi sull’esito del dipartimento dello Sport del Consiglio dei ministri “Sport e periferie”. Ai fondi per per interventi sugli impianti sportivi, come da graduatoria, accederanno numerosi comuni e associazioni abruzzesi (di cui cinque nel Vastese). È lunghissima, invece, la lista degli enti esclusi a causa di una diversa interpretazione del punto D del paragrafo 6 “Termini e modalità di presentazione delle domande”: “Verifica preventiva e validazione del livello di progettazione presentato, ai sensi dell’articolo 26 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”. Dopo l’ufficializzazione delle graduatorie, era subito emersa la volontà di presentare ricorsi da parte dei Comuni esclusi con una conseguente, in caso di accoglimento, nuova ripartizione dei fondi.
Nel Vastese sono dieci i Comuni ricorrenti (Guilmi, Liscia, San Buono, Lentella, Roccaspinalveti, Palmoli, Torrebruna, Furci, Celenza sul Trigno e Tufillo) ai quali si aggiungono altri enti di Marche e Molise. La fase cautelare sarà discussa il 14 dicembre al Tar del Lazio.
“La motivazione per tutti addotta dall’ufficio Sport risiede nella asserita mancanza di un verbale, quello di verifica e validazione, che rappresenta il momento conclusivo della progettazione di un intervento di lavori pubblici – spiega il legale Andrea Filippini – La circostanza alla base dell’esclusione, e cioè la mancanza del predetto verbale, semplicemente non corrisponde al vero: il verbale, per ognuno degli interventi, c’è, eccome. Per questo si può guardare non senza fiducia all’udienza cautelare del prossimo 14 dicembre”.
“Possibile che l’Ufficio Sport della Presidenza del Consiglio non si sia accorto che il verbale in realtà c’era ed era stato diligentemente prodotto dai Comuni ricorrenti? La questione, che certamente meriterà un approfondimento di merito da parte del Tar laziale, è in realtà ben più complessa: si tratta di capire se quel verbale, che in effetti c’è, è da considerarsi valido allorquando sia stato firmato dal medesimo Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale che ha curato la progettazione. Tale possibilità è pacificamente ammessa dal vecchio Regolamento dei lavori pubblici, mentre potrebbe non essere così certa nell’ambito del nuovo Codice degli appalti licenziato nel 2016. Il problema, come spesso accade, si presenta come giuridico, ma ha ricadute politico-amministrative ben più evidenti”.
“Se il Tar, in sede di merito, dovesse ritenere che il divieto di affidare la verifica e la validazione a chi ha svolto la progettazione ha carattere assoluto e non derogabile nemmeno per interventi, come quelli a bando, sotto il milione di euro, ciò significherebbe di fatto condannare i piccoli Comuni, sprovvisti di risorse e di ulteriore personale (spesso gli Uffici Tecnici sono costituiti dal solo Responsabile), a essere sistematicamente esclusi da questo tipo di bandi, a meno di non affidare all’esterno la progettazione, ovvero la verifica e validazione, con costi non sopportabili da bilanci comunali spesso già al lumicino e specie, in ogni caso, nell’incertezza assoluta che i soldi spesi possano eventualmente rientrare”.
“Ecco, allora, la vera posta in gioco in questi importanti giudizi amministrativi: la parità di chances nell’accesso al finanziamento anche per i piccoli Comuni che, se costretti a dover pagare progettisti o incaricati di verifiche esterni prima ancora di poter solo presentare la propria domanda di accesso a finanziamento, sarebbero, ancora una volta e come troppo spesso accade, penalizzati già in partenza“.