Michele Corvino, 22 anni, in arte Karakaz. Una passione, quella per la musica, avuta sin da piccolo iniziando con la batteria, e portata avanti nel corso degli anni fino a farla diventare il fulcro della sua vita. Dopo le scuole superiori il trasferimento a Milano, dove ha iniziato a sfornare produzioni ed ha colto l’occasione di partecipare all’edizione 2021 di X Factor. Nel talent di Sky il cammino di Karakaz, che è diventato il nome della band con Corvino come frontman e i musicisti Luigi Pianezzola, Massimo Deliberi e Sebastiano Cavagna, è arrivato fino al secondo live show. Poi, una sessione di televoto da 200 secondi, ha eliminato i Karakaz che, nelle loro apparizioni televisive, hanno conquistato il pubblico in studio e ottenuto buoni apprezzamenti dai giudici. Ma, per Michele Corvino, questo è stato decisamente un trampolino di lancio.
Dopo l’eliminazione prima di poter arrivare alla finale sei più arrabbiato o sei comunque contento per quanto fatto?
Di arrabbiatura non ce n’è. Abbiamo fatto questa cosa sapendo di andare incontro a delle difficoltà, perché il pubblico generalista non è tanto abituato a sentire qualcosa di così “forte”. Un po’ ci aspettavamo quello che è successo. Tornare alla normalità crea un po’ di confusione, siamo stati chiusi in una bolla più di mese. Adesso siamo tornati nel mondo reale ma c’è tanta voglia di affrontarlo.
Hai iniziato da piccolo, poi è nato il progetto inedito da solista e ora sei arrivato alla dimensione della band. È stata una scelta finalizzata alla partecipazione a X Factor o era già nelle tue intenzioni?
Da quando ho iniziato a scrivere le mie cose ho sempre suonato con una band. Per me suonare live equivale a suonare con dei musicisti, non schiacciare play su una base e cantare. La dimensione della band è sempre stata un mio desiderio.
Terminata la scuola hai scelto Milano per dare corpo a questo percorso nel mondo della musica, di certo una bella sfida. Come la stai affrontando?
Tutti dicono che bisogna porsi degli obiettivi nella vita. Cosa che io, obiettivamente, non ho mai fatto. Sono arrivato a Milano con poche possibilità, ero molto più piccolo e avevo tante cose nella testa, come può averle un diciottenne. Poi si sono sviluppate, con tutto ciò che ho vissuto in questi anni, cose belle, cose brutte. Sono riuscito a crearmi questa dimensione in cui mi sento bene. La musica è il mio unico appiglio nella vita e lo sarà sempre, fino all’ultimo giorno della mia vita.
Hai iniziato per passione a fare musica, ora stanno iniziando ad arrivare attenzioni, riscontri positivi. Quanto conta avere un pubblico che ascolta e apprezza ciàò che fai?
Quando scrivi, pubblichi e nessuno ti ascolta è un po’ brutto. Ti chiedi perché lo stai facendo. Già l’aver fatto X Factor ti dà un boost che devi utilizzare al massimo. È stata una grande vetrina, per quanto possa essere durata poco, però mi ha aiutato e mi aiuterà tantissimo per i prossimi pezzi, per i tour, per crearmi una fanbase, per avere già qualcuno che ascolta con attenzione che sto creando.
Hai scelto un genere che non arriva subito a tutti. Hai mai pensato di cedere un po’ sul tuo stile, magari per essere più fruibile?
È una scelta che avrei potuto fare già all’interno del programma ma non l’ho fatta perché vado avanti con le cose che mi sento. Poi magari scrivo una canzone più fruibile senza neanche pensarci. Ma non scendo a compromessi, musicalmente parlando.
Quali sono le tue ispirazioni musicali?
In questo momento ascolto tanta musica elettronica. Sono molto attento ai Nine Inch Nails e sono fan degli Idols. Ma sono tante le band che ascolto in questo momento.
A X Factor hai avuto di confrontarti con i giudici e con tanti professionisti della produzione. Che esperienza è stata da questo punto di vista?
È stato un bel viaggio. La produzione, la redazione, tutti quelli che lavorano lì creano davvero un bel clima, lavorano tutti per fare le cose bene e non ci sono tensioni. Con i giudici non c’è stato modo di approfondire tanto ma il confronto è sempre bello, è alla base di tutto. Con il confronto nascono idee, punti di vista differenti ed è un arricchimento.
Ora quali sono i tuoi progetti?
Ci sono tante cose in cantiere. A breve annunceremo un tour e l’uscita di qualcosa, non so ancora bene se sarà un singolo, un ep, un disco. C’è tanto materiale a disposizone da far ascoltare alle persone che mi ascoltano, ora ci penseremo.
E invece con uno sguardo più a lungo termine?
L’obiettivo è essere più internazionale possibile. Sogno sin da quando sono piccolo andare in giro per il mondo a suonare. Però è un obiettivo molto, molto grande, e devo scoprire se è più grande di me. Adesso lavorerò per step e mi accorgerò delle cose che succedono pian piano, facendo musica e tutte le cose che voglio fare.
Ti vedremo suonare nella tua terra?
Sicuramente tra le mie idee c’è di suonare il più possibile ovunque. Quindi, perchè non suonare in Abruzzo dove sono nato e cresciuto. E poi, se magari mi chiamano al Siren, come dire di no? Sarebbe davvero molto bello.
Tuo nonno Michele, a cui hai reso omaggio con il tuo nome, cosa ti dice quando sente la sua musica?
Credo che non dica tutto quello che pensa (dice ridendo, nda). Io so che l’amore che prova per me, a prescindere da quello che faccio, sarà sempre contento di vedere che sto bene. L’ho sentito anche abbastanza commosso per tutto quello che ha visto e sono fiero di questa cosa.
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