Un’altra campagna devastata dai cinghiali nel Vastese. Il video è di Michele Bosco, presidente del comitato Terre di Punta Aderci, ed è stato registrato a Casalbordino. Si vede un campo di grano distrutto dal passaggio di un branco di ungulati. (L’articolo prosegue dopo il video)
Per due volte nel giro di due settimane gli agricoltori hanno manifestato davanti a Palazzo dell’emiciclo, sede della Regione Abruzzo. Prima il flash mob di Coldiretti l’8 luglio, poi il 21 luglio la giornata di mobilitazione organizzata dalla Cia, che chiede la modifica della legge numero 157 del 1992, che regola la protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio. La caccia è consentita per tre mesi l’anno. Non è da confondere con la selezione e il controllo numerico, che le Regioni possono autorizzare per ridurre la quantità di esemplari in circolazione ormai giornalmente su terreni coltivati e strade. Si è allungato nelle scorse ore l’elenco degli incidenti causati dagli animali selvatici: ieri pomeriggio, nella zona di Punta Penna, lo scontro tra un capriolo e una moto; in nottata a Gissi l’urto tra cinghiale e scooter, con un cinquantenne ricoverato all’ospedale San Pio da Pietrelcina di Vasto.
Il problema si aggrava di anno in anno. Tutto è iniziato alcuni decenni fa col ripopolamento attuato trapiantando in Abruzzo specie provenienti dall’Est Europa, che generano un numero di figli molto superiore al cinghiale autoctono. Secondo Coldiretti, in Abruzzo questi suini selvatici sono oltre centomila. Le organizzazioni del mondo agricolo credono che l’unica soluzione possibile sia l’abbattimento. Una posizione diversa proviene dal mondo accademico. L’ha espressa anche di recente il professor Andrea Mazzatenta, secondo cui abbattere cinghiali a caso provoca la reazione opposta, perché l’istinto li porta a riprodursi più rapidamente [VIDEO]. Posizione che gli agricoltori diretti non condividono.
L’alternativa, di cui pure si è discusso di recente, è la sterilizzazione. “Potrebbe essere una via percorribile, ma dopo”, sostiene Bosco, secondo cui “oggi non ha senso la sterilizzazione, perché abbiamo talmente tanti cinghiali, che per i prossimi quindici anni, se non si abbattono, andranno sempre ad aumentare. La sterilizzazione è un qualcosa che si potrà sperimentare, ma potrà entrare in funzione tra dieci-quindici anni, dopo che si saranno fatti gli esperimenti giusti per capirne gli effetti. Andare a immettere sostanze chimiche nell’ambiente vuol dire non sapere quale effetto potranno avere su altre specie. Bisogna avere la certezza che quel prodotto venga mangiato solo da quegli animali. Sono complicazioni che il mondo agricolo non può sostenere, perché aspettare altri dieci-quindici anni per fare queste sperimentazioni vuol dire che, alla fine di un periodo così lungo, l’agricoltura sarà già morta. Quindi – dice il presidente del comitato – servono abbattimenti costanti fino a riportare il numero di esemplari su livelli accettabili. Dopo di che si potrebbero fare anche altre scelte”.