“Inflazione” in latino viene da “inflatio”, che significa “gonfiatura”.
Ha anche un contrario, deflazione, “sgonfiatura”.
È un indice che misura quanto crescono i prezzi delle cose che compriamo, detto “paniere dei beni”.
Ad esempio, se oggi un panino lo pago 50 centesimi e 2 anni fa lo stesso panino lo pagavo 30, significa che il prezzo è aumentato, quindi il potere di acquisto di 30 centesimi di oggi è inferiore a quello di 2 anni fa perché lo stesso pane non ce lo compro oggi con gli stessi soldi, ce ne vogliono di più, 50 appunto.
Se i prezzi crescono è inflazione, se decrescono è deflazione.
Io vorrei la deflazione, così pago meno le cose e sono contento.
Sembra.
Se penso che ci sarà deflazione attendo il calo dei prezzi, cioè attendo nel comprare, non compro, come quando aspetto i saldi. Anche le società attenderebbero nel fare investimenti e nel produrre, continuando però a sostenere costi fissi, pertanto comincerebbero a licenziare i dipendenti per sopravvivere e la conseguenza diretta di tutto ciò sarebbe un’economia a picco. Un esempio è quello del Giappone. Alla fine degli anni 80 era la seconda potenza economica mondiale dopo gli Stati Uniti. Poi, allo scoppio di una crisi, andò in deflazione e percorse un vortice di discesa dalla quale ancora non si riprende tanto bene…
Allora meglio l’inflazione? Beh, se penso che i prezzi domani aumenteranno, allora compro oggi, e anche le società comprerebbero, in vista degli aumenti.
Se però i prezzi aumentano troppo, allora si ha l’iperinflazione, e così non compriamo perché non ci bastano i soldi. Un esempio è quello che accadde nel 1923 in Germania: l’inflazione toccò il 21% al giorno, con raddoppiamento del prezzo ogni 3 giorni e 17 ore. Un chilo di pane passò da 250 marchi a 399 miliardi di marchi dopo solo un anno.
Quindi, quali sono le condizioni perché io possa felicemente comprare, perché le società possano felicemente investire e nello stesso tempo far crescere l’economia, sempre felicemente?
La risposta è: INFLAZIONE CONTROLLATA.
Il Regolatore del meccanismo è la Banca Centrale di ogni Paese, la quale deve fare in modo che i prezzi crescano nel tempo, ma in maniera controllata, cioè non troppo e non troppo poco, per favorire i consumi e nello stesso tempo la crescita sana dell’economia.
Certamente l’ottimo sarebbe che gli stipendi e i profitti delle aziende si allineassero con l’aumento dei prezzi.
Se i due fenomeni avvenissero congiuntamente, ciò sarebbe segno di un’economia robusta, dove la gente spende, le aziende incassano, investono, vendono, ricavano profitto, crescono, assumono personale, e il ciclo riparte.
L’obiettivo ideale d’inflazione per far crescere in modo sano l’economia, sia per la Banca Centrale Europea (BCE), sia per quella degli Stati Uniti (FED), è dell’1,8-2%.
Questo è l’obiettivo, invece quant’è realmente oggi, e perché tutti si preoccupano?
Nell’area Euro l’inflazione del periodo che va da marzo 2020 a marzo 2021 è stata dell’1,4%, in Italia dello 0,8%, rispetto all’anno precedente. Negli USA è stata del 2,6%.
Vediamo quando aumentano i prezzi:
1- Quando cresce la domanda rispetto all’offerta: se domani ognuno di noi compra 100 scatolette di tonno anziché una, l’azienda che le produce aumenta il prezzo di vendita perché sa che le persone sono disposte a comprare, ma anche perché potrebbe non farcela a produrre tutte quelle, allora alza il prezzo, così cresce il suo profitto, tanto le vende lo stesso.
2- Quando crescono i costi della produzione, ad esempio le materie prime: se produrre quella scatoletta costa di più all’azienda, allora questa, per continuare ad avere profitto, deve aumentare il prezzo di vendita.
3- Quando aumenta la moneta in circolazione, maggiore è la domanda dei beni, più i prezzi salgono, è regola.
Ora vediamo gli impatti di un eccesso di inflazione:
1- Penalizzazione dei redditi fissi. Se aumentano i prezzi ma il mio stipendio resta lo stesso, posso comprare meno cose.
2- Penalizzazione di chi concede prestiti e mutui. Se oggi la banca mi presta 100mila euro al tasso dell’1,5%, e l’inflazione va al 4% all’anno, l’operazione sarà molto svantaggiosa per l’istituto di credito, in quanto riprenderebbe i soldi prestati ad un valore inferiore rispetto a quello che avevano all’inizio, cioè perderebbe il 2,5%.
Su questa cosa alla fine del testo ricordatemi che vi devo dire una cosa importante.
3- Vantaggio dei debitori di prestiti e mutui. Beh, chi s’indebita con mutui o prestiti ad un tasso fisso, inferiore a quello inflattivo degli anni successivi, si avvantaggia perché restituisce i soldi ad un tasso più basso determinato oggi. Nella sostanza, quando tra dieci anni la banca recupererà da me tutti i soldi prestati compresi gli interessi, non riuscirà, volendo, a comprare con quei soldi la stessa casa che oggi ho comprato io, perché la stessa varrà molto di più di quella somma che ha recuperato da me.
Oggi si parla molto di inflazione, la si teme, pensano tutti che sarà troppo alta nel prossimo futuro.
Perché?
Perché, per far fronte alla crisi economica apparecchiata dal Covid, le Banche Centrali come la BCE e la FED, hanno dovuto fare certe operazioni, come ad esempio l’enorme immissione di moneta in circolo.
Poi, perché si presume ci possa essere a breve una forte domanda di consumi, vista la clausura nella quale siamo stati finora. Le persone ricominceranno a spendere per abbigliamento, viaggi, ristorazione, ecc..
Infine, perché sono aumentati i costi della produzione, come ad esempio il petrolio, il grano, ecc.
Tutto questo, come effetto collaterale, potrebbe determinare proprio un pericoloso eccesso d’inflazione.
Direi che l’argomento c’importa, in ballo ci sta l’occupazione, il potere d’acquisto dei soldi, i risparmi.
I risparmi?
Si, per quelli è bene rivedere come abbiamo investito il denaro.
Vi avevo detto che vi dicevo una cosa importante, eccola:
Abbiamo visto prima che se la banca, con il mutuo, ci presta 100mila euro a tasso fisso, viene penalizzata perché ci perde se l’inflazione è più alta del tasso.
Ecco, allora, facciamo il caso contrario, e cioè che i 100mila alla banca glieli presto io.
CI PERDO IO RAGAZZI!
Trattasi di OBBLIGAZIONI.
Alla luce di quanto detto, dobbiamo verificare come è composto il nostro portafoglio d’investimenti e se ci sta da aggiustare qualcosa.
Le opportunità non mancano, questo è sicuro, se volete ve le dico.
Ossequi.
Carmela Minelli, consulente finanziario
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