Il caso della mancata discussione dei regolamenti per il referendum consultivo comunale finisce in prefettura. Antonia Schiavarelli, presidente del comitato per il referendum San Salvo per un ambiente sostenibile, ha inviato stamattina una lettera al prefetto di Chieti, Armando Forgione, al sindaco Tiziana Magnacca e al presidente del consiglio comunale Eugenio Spadano.
Il nodo centrale è la decisione della maggioranza di centrodestra guidata dal primo cittadino di rinviare in commissione il punto per l’approvazione dei regolamenti necessari all’indizione di un referendum. La convocazione della commissione, però, era stata richiesta qualche settimana prima cinque membri dell’opposizione, ma non ottenne risposta positiva a causa del numero insufficiente dei consiglieri richiedenti.
Per Schiavarelli – che chiede al prefetto la convocazione del comitato per un colloquio – si tratta “di un vulnus democratico del regolamento del consiglio comunale che non permetterà mai alle minoranze di poter svolgere pienamente il proprio ruolo nel caso in cui, come a San Salvo, il sindaco eletto prenda oltre il 60% dei voti. Tale mancanza non è stata colmata neanche nel 2019, quando il consiglio comunale ha apposto alcune modifiche al regolamento del consiglio comunale, con i voti delle stesse minoranze. Tale mancanza ha interferito con le legittime richieste dei cittadini, rappresentate dai consiglieri di minoranza, di vedersi dotare dei regolamenti attuativi necessari per poter indire il referendum consultivo comunale, così come previsto dal nostro statuto, dilatando i tempi della loro approvazione. L’approvazione dei suddetti regolamenti attuativi è stata infatti portata in consiglio comunale in data 22 aprile, ma nuovamente rinviata per poterne discutere in sede di commissione Affari generali, discussione che poteva già avvenire due mesi fa. Questo procrastinare, sta ledendo i legittimi diritti dei cittadini di esprimere il loro parere su temi importanti per lo sviluppo della nostra città”.
Il comitato San Salvo per un ambiente sostenibile chiede da tempo l’indizione di un referendum per far esprimere la cittadinanza sul luogo dove far sorgere il tempio crematorio. Il sito individuato nel piano cimiteriale è a soli 200 metri dal nuovo polo scolastico e dal centro abitato. Il comitato sottolinea inoltre “l’assenza di una espressa previsione nella realizzazione del forno crematorio nel programma elettorale”.
“Riconosciamo l’esistenza di ruoli e funzioni, ma chiediamo che tali funzioni vengano svolte basandosi su un dialogo con i cittadini così come previsto dallo stesso statuto comunale, con lo strumento referendario (art.55). Decisioni come la costruzione di un forno crematorio, equiparato normativamente e limiti di emissioni ad un inceneritore di rifiuti urbani, dovrebbe essere una scelta il più possibile condivisa.
La legge negli anni passati, ha dislocato le attività che hanno una determinata incidenza ambientale nelle aree industriali e artigianali, proprio per salvaguardare il centro abitato, per questo il comitato ha più volte chiesto che l’amministrazione comunale individuasse un’altra area cimiteriale, lontana dal centro urbano, com’è nelle sue facoltà fare con una semplice variante al Piano Regolatore Generale. Non neghiamo l’importanza dello strumento della cremazione, ma chiediamo che le scelte di fine vita, non influiscano sulla qualità della vita degli altri”.
Infine, l’affondo: “Dato che l’approvazione definitiva del piano cimiteriale sarà possibile entro poche settimane, diffidiamo il sindaco di San Salvo e il presidente del consiglio a proseguire nelle procedure di approvazione del piano cimiteriale comunale, per dare i tempi ai cittadini sansalvesi di poter legittimamente esprimere il proprio parere sulla possibile realizzazione di un forno crematorio nel centro urbano. Inoltre chiediamo che i regolamenti consiliari vengano modificati, affinché in futuro, i diritti di tutti possano trovare applicazione e non debbano essere oggetto della scelta di un singolo”.
Nei giorni scorsi, in città sono comparsi diversi striscioni contro il collocamento nel centro abitato del forno; dopo la loro rimozione, sono riapparsi sulle abitazioni di chi ha deciso di sostenere la battaglia del comitato.