Di cosa parliamo – Quando non si può festeggiare in compagnia, come in questa seconda Pasqua limitata dalla pandemia, è facile che il pensiero vada alle feste degli anni scorsi e anche a quelle che furono. Alle tradizioni. Ricordi in libertà, quelli che abbiamo raccolto dall’architetto Francescopaolo D’Adamo, cultore della storia vastese. Con il suo racconto, ci porta a oltre mezzo secolo fa. Qui raccontiamo le conviali del Lunedì dell’Angelo, giorno che a Vasto tradizionalmente non si chiama Pasquetta, ma Pasquone.
VASTO – Lo scoglio spaccato era un’attrattiva di Punta Penna. Molti vastesi non l’hanno visto perché “quando fu costruito il porto, lo scoglio venne distrutto con la dinamite”, racconta Francescopaolo D’Adamo. “Lì sgorgava una fonte di acqua freschissima”.
Era meta di scampagnate e della gita del lunedì di Pasqua, che a Vasto non si chiamava Pasquetta, ma Pasquone. Il motivo è semplice: “A Vasto la Pasquetta era l’Epifania, mentre il Lunedì dell’Angelo era il Pasquone”.
“Prima degli anni Sessanta – spiega D’Adamo – allo scoglio spaccato andavano le scolaresche e le famiglie benestanti, che potevano permettersi un mezzo di locomozione, ma anche chi di soldi non ne aveva e, per questo, a piedi arrivava fino a Punta Penna”.
Poi il Pasquone sul litorale divenne un’usanza di tutti. Negli anni Sessanta, “chi aveva la macchina andava al mare a trascorrere quella giornata. Lungo tutta la costa si trovavano gruppi di persone che facevano il picnic portandosi da casa pignate di pallotte cacio e uova, avanzi del giorno prima, fiadoni dolci e salati, ma anche i taralli lessi da bagnare nel vino. Sul posto si arrostivano carne e salsicce. Le uova di Pasqua erano potevano essere di cioccolato, ma anche di ostia”.
Ieri e oggi – Anche allora “nel periodo pasquale tornavano gli studenti e la città si vivacizzava. Ci si intratteneva nelle parrocchie, in discoteca (al Paradise o al Wast Daymone) e al cinema, mentre oggi tutto si svolge nei bar dove c’è la microdiffusione. Si è perso il senso delle festività, perché ai nostri giorni ogni occasione è buona per pranzi e cene, ma dove è sempre festa non è mai festa”.