Infermiera da vent’anni, da quasi quattro in servizio nel blocco operatorio del San Pio da Pietrelcina di Vasto. Quando Valeria Mercuri parla del suo lavoro emerge tutta la passione che le fa affrontare quotidianamente tante situazioni, spesso anche difficili. Un lavoro quotidiano condiviso con tutto il personale del San Pio, in una dimensione collettiva a cui tiene molto. “Oggi sono io a parlare – mi dice prima della nostra chiacchierata – ma è come se qui ci fossero tutti gli infermieri, i medici, gli oss, il personale delle pulizie. Tutte le persone che lavorano in ospedale sono parte preziosa di una grande squadra”.
Un anno fa. “All’inizio non avevamo neanche tutti i presidi di protezione. Noi della sala operatoria eravamo abbastanza pronti, avendo sempre con noi le mascherine chirurgiche, forse questo ci ha un po’ protetto nella prima fase”. C’è voluta qualche settimana perché arrivassero gli equipaggiamenti necessari. Nell’attesa è arrivata un po’ di preoccupazione, erano tempi in cui servivano molti giorni per avere la risposta dei tamponi. “Abbiamo vissuto quelle fasi con un po’ di apprensione”. Poi, con l’arrivo di mascherine ffp2, visiere, tute, è andata un po’ meglio.
In famiglia. Per una moglie e madre impegnata quotidianamente in ospedale, in un reparto ad alto rischio, la preoccupazione è stata doppia e ha richiesto sacrifici. “Mio marito ha vissuto fuori casa fino a giugno. Ha un’attività e non potevamo rischiare. Con i miei due figli ci siamo divisi gli spazi, abbiamo usato bagni diversi, poi ognuno in camera sua, evitando di stare a contatto. Io continuavo a portare la mascherina anche dentro casa”. E, quando c’è da fare qualche turno in più, “loro hanno imparato ad organizzarsi anche senza di me”.
Il Covid. Il primo contatto è stato quando “abbiamo dovuto fare un trasferimento a Chieti e non posso negare che c’era un po’ di paura. Sono stati i miei colleghi ad aiutarmi nella vestizione, per cercare di prevenire ogni possibile rischio. La vestizione è una fase molto delicata e altrettanto lo è la svestizione”. Per questo diventa fondamentale il supporto tra colleghi. Il personale del blocco operatorio ha il compito di intervenire, sia in pronto soccorso che nei reparti, quando è necessario intubare pazienti. Momenti delicati in cui servono grande attenzione e quell’umanità da trasmettere al paziente che sta vivendo una fase critica della malattia.
Gli eroi moderni. È la definizione che accompagna il personale sanitario da un anno a questa parte. “Ma guarda, noi facciamo ogni giorno lo stesso lavoro di sempre, solo che siamo bardati. Certo, è un po’ più faticoso lavorare così. Portare la mascherina e questo equipaggiamento per un turno intero è pesante. Un po’ ti abitui. E quando puoi toglierla, hai la stessa sensazione di quando esci dall’acqua dopo una lunga apnea e torni a respirare”.
Dall’emergenza alla routine. “Adesso siamo più tranquilli. Quando c’è una particolare necessità legata al Covid ci organizziamo subito. C’è chi deve vestirsi, chi aiuta, chi resta fuori per dare eventuale supporto. Ognuno ha un ruolo importante nell’attività ospedaliera”. La componente umana assume un ruolo fondamentale. “Ci dispiace per la gente che vediamo stare male, per chi chieder aiuto quando non riesce a respirare. Cerchiamo di aiutarli in tutti modi”. Lo sforzo del personale sanitario verso i pazienti e l’intera comunità è stato ricambiato dall’attenzione che i cittadini hanno avuto per l’ospedale. “È stato bello vedere tanti segni di generosità e solidarietà nei nostri confronti”.
L’impegno costante. Valeria ha partecipato, come volontaria, anche alla campagna di screening di massa. “E ho dato la mia adesione anche per la somministrazione dei vaccini, così come hanno fatto tanti colleghi. Cerco di fare la mia parte, voglio fare tutto ciò che è nelle mie possibilità perché presto possiamo uscire da questa situazione”. Volontà e tenacia, accompagnate dal sorriso che la contraddistingue, sono “armi” da usare quotidianamente per dare il proprio contributo. “La cosa più brutta che ho vissuto è stata dover accompagnare un 38enne in terapia intensiva a Pescara. Non aveva nessuna patologia, stava bene, è stata dura. La gente spesso non crede a queste cose. Vedere tutti quei pazienti in terapia intensiva è stato un colpo allo stomaco, è stata una scena che fa male”.
Lo sguardo al futuro. “Ora che inizieremo le vaccinazioni di massa se tutti faranno la loro parte ne potremo uscire”. Le raccomandazioni “sono poche ma vanno rispettate”. Dopo un anno “praticamente tutti hanno avuto un familiare o un conoscente toccato dal Coronavirus. È assurdo continuare a non rispettare le regole”. La fiducia, quindi, si accompagna ad un necessario bisogno di responsabilità. Anche per non vanificare il lavoro e tutti gli sforzi che Valeria e tutti i suoi colleghi continuano a fare ogni giorno.