Di cosa parliamo – Nella Giornata internazionale della donna, Zonalocale ha rivolto quattro domande a cinque donne impegnate in politica: Dina Carinci, Anna Rita Carugno, Lina Marchesani, Alessandra Notaro, Angela Pennetta e Carla Zinni.
Ecco le risposte di Carla Zinni, esponente di Fratelli d’Italia e assessora comunale a Casalbordino.
La politica locale è un mondo maschilista?
“Prima di rispondere, premetto che il fatto stesso che si debba continuare a parlare di parità di genere, in politica come nel mondo del
lavoro e anche in famiglia, è sintomatico del fatto che un problema di genere esiste ed è innegabile; probabilmente gli strumenti messi in campo in tutti questi anni non sono stati sufficienti a colmare il gap che ancora oggi è presente tra i generi.
Nello specifico, non posso dire che in ambito politico locale, almeno stando ai numeri, il rapporto di genere possa ritenersi un’urgenza: in Giunta comunale sono presenti tre donne e il Consiglio comunale tra maggioranza ed opposizione, è composto per la metà da donne. E’ innegabile che questo sia anche il risultato della normativa sul voto di genere ma è anche vero che pure in passato le donne sono state impegnate in prima linea nella vita politica di Casalbordino fino alla elezione a sindaco di una donna nei primi anni 2000. Tuttavia non v’è dubbio che ancora oggi le donne che si occupano di politica, ma anche le donne che raggiungono posizioni di rilievo in altri settori, sono vittime spesso di attacchi personali, di body shaming come si dice oggi o comunque di valutazioni che per nulla attengono alle capacità o al merito ma tendono solo a minarne la credibilità e professionalità”.
Sono utili le quote rosa in politica?
“Le quote rose rappresentano uno strumento utile per cercare di colmare la distanza che ancora si avverte tra uomini e donne e per garantire la
parità di accesso alla vita politica e alle cariche elettive. Tuttavia, ritengo che sia sbagliato affrontare il problema di genere solo con strumenti normativi, è una questione di educazione e cultura prima che di regole, imposizioni e divieti. Credo che fin quando non si lavori seriamente sull’educazione, fin dall’età scolastica, sarà difficile ottenere risultati concreti. Ciò detto, una volta che davvero saranno garantite pari condizioni tra uomo e donna, nel mondo del lavoro così come in politica, il principio da applicare sempre, in ogni ambito, non può che essere quello del merito senza alcun privilegio nè facilitazione dovuta all’appartenenza ad un genere piuttosto che ad un altro”.
Nel suo ambiente lavorativo quanto è effettiva la parità?
“Nell’avvocatura la presenza femminile è massiccia, probabilmente superiore a quella degli uomini così come molti nomi di spicco dell’avvocatura sono donne, soprattutto in alcune branche del diritto come il diritto di famiglia. E anche dal punto di vista linguistico e formale si è voluto dare un segnale con l’abolizione del termine avvocatessa sostituito frequentemente da “avvocato”. Probabilmente più che nell’ambiente professionale strettamente inteso, una donna che sceglie l’avvocatura come libera professione incontra maggiori difficoltà di un uomo nella conciliazione del tempo famiglia/lavoro, ma questo dipende soprattutto da come sono concepiti i ruoli in famiglia e da una normativa che sul punto è ancora carente, sia per gli uomini che per le donne. Sebbene siano stati fatti enormi passi in avanti rispetto a qualche decennio fa, non v’è dubbio che alcuni strumenti dovrebbero essere implementati, penso ai congedi parentali, agli asili nido, alla flessibilità degli orari lavorativi”.
Cosa si impegnerà a fare, se sarà amministratrice comunale, per le pari opportunità?
“Non ho la delega per le Pari Opportunità ma credo che ogni donna che rivesta un ruolo istituzionale abbia il dovere di dare il proprio contributo nel promuovere la cultura della parità di genere anche con progetti ed iniziative concrete. Nell’ambito delle politiche sociali, per le quali ho la delega assessorile, ricordo che numerosi progetti portati avanti in sinergia con la Regione Abruzzo, come i “Piani di Conciliazione” oppure i “Family Friendly”, hanno dato un ausilio anche in termini economici alle donne lavoratrici per meglio conciliare famiglia e lavoro. Ricordo però che la promozione della parità di genere non dovrebbe essere solo una prerogativa delle donne: molto spesso si dimentica il ruolo che gli uomini potrebbero e dovrebbero avere. Se non si lavora anche su questo fronte, sulla educazione e sensibilizzazione degli uomini, la questione della parità di genere potrà essere percepita più come ‘lotta di genere’ che come una conquista di civiltà. Questo ad esempio potrebbe essere un impegno concreto qualora dovessi essere delegata alle Pari opportunità”.