Di cosa parliamo – Nella Giornata internazionale della donna, Zonalocale ha rivolto quattro domande a cinque donne impegnate in politica: Dina Carinci, Anna Rita Carugno, Lina Marchesani, Alessandra Notaro, Angela Pennetta e Carla Zinni.
Ecco le risposte di Angela Pennetta, candidata a sindaco di Vasto del comitato civico L’Arcobaleno.
La politica locale è un mondo maschilista?
“Il problema della politica, non solo locale, consiste nel fatto che spesso le donne sono relegate al ruolo di gregarie. In Italia, a livello locale, la presenza femminile è decisamente consistente, soprattutto se confrontata con i dati relativi al Parlamento, cresce moderatamente il numero delle donne presenti nelle Regioni e nelle Province, mentre nei Comuni si registra una significativa partecipazione femminile. Questa è la situazione anche di Vasto”.
Sono utili le quote rosa in politica?
“A mio avviso, la legge sulle quote rosa in politica è frutto e al contempo spia della arretratezza culturale del nostro paese e sostenere che abbiamo avuto bisogno di una legge sulle quote rosa, proprio per via di questa arretratezza culturale, è argomento che non mi convince. Innanzitutto perché trovo allarmante qualunque ragionamento fondato su una idea di differenziazione tra esseri umani: uomini-donne, bianchi-neri, ricchi-poveri… Bisogna considerare la Persona in quanto tale. Non mi piace l’idea di chiedere al ‘maschio’ di avere un posto in lista. Il posto in lista si guadagna sul campo. Se poi deve essere parità, deve essere al 50% e non al ridicolo 40% e 60% che sancisce per legge la disparità tra i due sessi. Insomma, parlare di necessità delle quote rosa nella rappresentanza politica è un boomerang che invece di favorire la parità tra i sessi, ne rimarca la disparità. La donna vale in quanto donna o in quanto capace?”.
Nel suo ambiente lavorativo quanto è effettiva la parità?
“Notoriamente io sono avvocato oramai da trent’anni. Quando ho messo i piedi nel pianeta giustizia, le donne avvocato erano molto poche e, soprattutto, pochissime erano titolari di studi propri ed in genere si occupavano di diritto civile, che si concilia meglio con le altre incombenze della donna. Io, dopo sei mesi di pratica, ancora da praticante, ho aperto uno studio mio e mi sono inserita senza alcun problema in un campo, quello penale, decisamente maschilista. C’è da dire però che io non ho mai affrontato l’ambiente circostante come donna ma come persona e così mi sono fatta apprezzare”.
Cosa si impegnerà a fare, se sarà amministratrice comunale, per le pari opportunità?
“È importante cercare di facilitare le donne che sono, comunque, strette nei doveri di madri, mogli, lavoratrici. Farei di tutto per favorire i part-time, i nidi aziendali. La flessibilità intesa come orari di lavoro flessibili, il telelavoro. Cercherei di creare una rete sociale che accompagni le donne a poter esprimere la loro personalità anche in campi ulteriori e diversi da quelli della maternità del lavoro e della famiglia. In buona sostanza, cercherei di far capire alle donne che possono arrivare con le proprie forze, così come ho fatto io, con le mie forze, senza l’aiuto di nessuno, senza quote, a volte dileggiata per la mia ferma volontà di partecipazione alla vita sociale e alle battaglie civiche, accollandomi, a volte borbottando, il famoso doppio lavoro, quello di casa e quello di avvocato, cercando di svolgere appieno il ruolo di avvocato, madre, moglie. Difficile, ma avendone la consapevolezza, si può fare. Questo è il mio augurio a tutte le donne”.