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28 Febbraio 2021
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Giuseppe RituccibyGiuseppe Ritucci

Noi tutti siamo la storia

Una riflessione di Benedetta Argentieri

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Che mondo sarebbe se vivessimo senza storia? Certamente sarebbe difficile, in quanto ci sentiremmo privi di un punto di riferimento che caratterizza il più autentico e originale legame tra noi, semplici cittadini e lei, la testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita e annunciatrice dei tempi antichi, proprio come l’aveva definita Cicerone nel suo capolavoro.

Talvolta dimentichiamo le nostre radici, pensando che sia concepibile vivere senza porsi delle domande su ciò che ci ha preceduti e su tutti quegli avvenimenti che hanno permesso ad ognuno di noi di essere qui in una determinata e specifica società.

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Negli ultimi decenni è stato possibile riscontrare sguardi, opinioni e idee in continuo mutamento di un numero proficuo di persone, intraprendendo un’insolita piega: essere convinti del fatto che sia anche solo immaginabile cercare di capire o interpretare il mondo attraverso una misera e superficiale conoscenza e mostrando un interesse, di tanto in tanto, verso le attuali notizie.

Anche qui, però, la storia riveste un ruolo fondamentale: farci analizzare sapientemente il presente per scoprire quali sono i motivi che si celano dietro determinati eventi, ad esempio comprendere le ragioni per le quali ad Alghero, in Sardegna, si parla il catalano oppure anche perché in alcune parti del Molise è diffuso il croato oltre all’Italiano.

Sono tutte domande a cui è opportuno e doveroso rispondere solo attraverso la nostra storia, il più adatto strumento per tentare in tutti i modi di mantenere la memoria sempre viva in ognuno di noi; una preziosa, diligente e precisa compagna di vita.

Nonostante ciò, però, se gran parte della popolazione non mostra un particolare interesse nei confronti di ciò che ci ha preceduto, decide di portare avanti questa indifferenza e noncuranza anche verso il futuro.

Ci troviamo all’interno di una società, in cui, in modo specifico i giovani, vivono pensando di poter oziare e non contribuire a nessun miglioramento o progresso collettivo: i cosiddetti NEET, per i quali l’Italia riserva il primato all’interno dell’Unione Europea, con una percentuale di circa 10 punti superiore alla media del Continente che è del 12,5% e, oltretutto, decisamente più distante dai valori degli altri grandi Paesi europei. Con questo acronimo, che indica l’insieme dei giovani che non studiano, lavorano o seguono un corso di formazione, abbiamo iniziato a familiarizzare già dalla crisi del 2008.

Nel 2019, segnala l’Istituto di statistica, nel nostro Paese il 22,2% dei giovani tra 15 e 29 anni non lavora e non studia e si tratta di due milioni di ragazzi. L’incidenza dei Neet è del 23,4% tra i giovani con un titolo secondario superiore, leggermente più bassa, al 21,6% tra chi ha raggiunto al massimo un titolo secondario inferiore e scende ancora al 19,5% tra coloro che possiedono un titolo terziario. 

Nel momento storico in cui ci troviamo, ma in modo specifico in cui siamo stati catapultati da circa un anno, stiamo comprendendo veramente tante cose, tra tutte l’importanza attribuita alla cultura. Inoltre, stiamo vivendo un disagio quasi inspiegabile, in quanto è come se vivessimo una vita di prova, dove tutto è l’opposto di prima e pian piano sembra iniziare a prendere le sembianze di una forzata normalità. Sono situazioni davanti alla quali siamo impotenti e non adeguatamente ancora pronti a reagire, ma è proprio attraverso queste circostanze che si ripresenta l’importanza della conoscenza e l’estremo valore del sapere.

Viviamo in un’epoca in cui non dobbiamo aspettare che il cambiamento o, per meglio dire il miglioramento, si verifichino in un lasso temporale brevissimo, ma piuttosto dobbiamo crearci delle vie di fuga che ci aiutino ad affrontare l’attuale momento, rafforzando e consolidando ancor di più le nostre idee e visioni.

La tesi che conferma ciò è proprio quella relativa al fatto che la storia ci avvicina ad un mondo lontano, ma in qualche modo familiare, con il quale condividiamo l’eredità, di cui è necessario avere cura.

Basti pensare al filosofo Hegel, il quale afferma: “la storia del mondo non è altro che il progresso della consapevolezza della libertà”. È, quindi, fondamentale contribuire a tenere sembra e comunque viva la memoria, perché, come diceva un politico statunitense, la storia è la memoria di un popolo e senza la memoria l’uomo è ridotto al rango di animale inferiore.

Benedetta Argentieri

 

 

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Tags: benedetta argentieririflessionistoria
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Viviamo in un’epoca in cui non dobbiamo aspettare che il cambiamento o, per meglio dire il miglioramento, si verifichino in un lasso temporale brevissimo, ma piuttosto dobbiamo crearci delle vie di fuga che ci aiutino ad affrontare l’attuale momento, rafforzando e consolidando ancor di più le nostre idee e visioni.

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