Nell’ambito delle attività connesse allo studio, al controllo e alla prevenzione del Covid-19, l’Istituto Superiore di Sanità, attraverso il Dipartimento Ambiente e Salute, ha avviato uno studio sulle acque di scarico, ovvero sui liquami fognari, convogliati ai depuratori. Obiettivo dello studio è quello di “individuare nei liquami la presenza del coronavirus e delle sue differenti varianti, da mettere in relazione con i ceppi virali rinvenuti nei soggetti positivi presenti nel territorio servito dalle linee fognarie che veicolano le acque di scarico”.
L’Istituto Superiore di Sanità ha chiesto ai gestori del servizio idrico integrato di collaborare alla raccolta dei prelievi e al piano di campionamento. Collaborazione in cui è coinvolta anche la Sasi. “Abbiamo accettato di buon grado di prendere parte a un progetto che riteniamo di estrema importanza soprattutto in questo momento in cui le varianti, specie quella inglese individuata a Guardiagrele, fanno più paura – ha commentato il presidente della Sasi Gianfranco Basterebbe –. Mi preme sottolineare come non ci sia alcun rischio per la salute derivante dal consumo di acqua potabile, come ribadito dallo stesso Istituto di Sanità sin dall’inizio della pandemia”.
Il monitoraggio delle acque reflue rappresenta una matrice utile per uno screening precoce della presenza del virus in un determinato territorio. “Laddove in una comunità non ci fossero positivi, le acque di scarico potrebbero invece segnalare il contrario. Questa ricerca ha una indubbia rilevanza in termini preventivi – spiega Tommaso Pagliani della Sasi, coordinatore del progetto – e permette uno studio delle caratteristiche del virus e soprattutto l’eventuale rispondenza con la presenza sia in una comunità che nei liquami. Questo controllo serve a comprendere se il virus individuato nelle acque di scarico è lo stesso presente in persone positive, asintomatiche o meno, e non è detto che questa corrispondenza si verifichi sempre”.
Situazione di mancata rispondenza tra i positivi accertati e le tracce presenti nella rete fognaria, verificata ad esempio, grazie a questo studio, dalle analisi delle acque di scarico di Guardiagrele. Nei campioni analizzati, precisano dalla Sasi, “sono state rinvenute mutazioni tipiche della variante spagnola, mentre nei pazienti positivi dello stesso territorio era presente quella inglese”.
“La possibilità di tracciare queste differenze – sottolinea Pagliani – è un valore che permette di completare il quadro conoscitivo dei ceppi e le eventuali varianti che circolano in determinati territori. Noi continuiamo nel lavoro di ricerca individuando i depuratori ricettori delle acque di scarico che hanno una maggiore probabilità di contenere tracce del virus, così come ci è stato chiesto dall’Istituto Superiore di Sanità. A breve ci sarà una pubblicazione scientifica sui risultati di questi studi. Noi come Sasi stiamo collaborando nel miglior modo possibile per dare un contributo costruttivo e concreto”.