Ombrina mare non si ferma. Sarà un arbitrato a decidere se è stato legittimo lo stop alle trivellazioni petrolifere nel mare Adriatico antistante Vasto e la Costa dei Trabocchi. Lo scrive Il Fatto Quotidiano in un articolo pubbblicato ieri a firma di Maria Maggiore.
La Rockhopper, infatti, ha avviato la battaglia a colpi di carta bollata contro l’Italia per aver bloccato “il progetto nel 2016 che prevede la costruzione di sei pozzi alti come un palazzo di dieci piani e una nave galleggiante per la trasformazione del greggio” e chiede, “con un arbitrato a Washington, un risarcimento di 275 milioni di dollari, di cui solo 29 spesi, il resto sarebbero mancati guadagni”, si legge sulle pagine economiche del giornale diretto da Marco Travaglio.
La vicenda sembrava conclusa nel 2016 quando, dopo anni di proteste dei movimenti No triv e con un referendum da votare, il governo Renzi aveva fermato il progetto della compagnia petrolifera britannica consentendo, al contempo, l’estrazione di idrocarburi, fino all’esaurimento dei giacimenti, dai pozzi già esistenti alla data del 31 dicembre 2015. A primavera la consultazione referendaria non aveva poi raggiunto il quorum.
La vicenda, però, non si deciderà davanti ai giudici ordinari, perché l’Ect, il trattato internazionale sulle licenze nel settore energetico, in vigore dal 1998, consente all’investitore straniero di far ricorso all’arbitrato che, nel caso di Ombrina, si farà a Washington. Nel caso in cui l’istanza di Rockhopper dovesse essere accolta, anche per altre compagnie si aprirebbe la strada di risarcimenti milionari.